Capitolo 25

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Oggi sembra quasi primavera, il cielo è di un limpido azzurro e i raggi del sole illuminano timidamente la mia camera da letto attraverso le tende, che tengo ormai chiuse da diversi giorni.

La settimana scorsa ho saltato per ben due volte il progetto pomeridiano con Ermal, rifilando a lui e alla preside scuse come una visita medica e un improvviso contrattempo che, guardacaso, sarebbe terminato proprio mezzora dopo la fine della lezione.

Ma non posso continuare a scappare dai miei problemi, dovrò parlare con Ermal, dovrò sentire cos'ha da dirmi perché ho bisogno di capire se esiste, dentro di me, la possibilità che io ci metta una pietra sopra e vada avanti insieme a lui.

Lo so, forse sono un'ingenua, ma mi è quasi impossibile ignorare i miei sentimenti e ho passato anche fin troppo tempo a reprimerli rendendomi conto che non ne sono assolutamente capace. Ormai ci sono dentro, ormai ci sono cascata, è inutile fare finta di niente e tornare a vivere come quando l'unico ricordo che avevo di lui era quello di un ragazzino di tredici anni.

Negli ultimi giorni mi ha mandato un messaggio dicendomi che voleva parlarmi. Mi ha anche telefonato una volta, mi ha chiesto di vederci ed io ho risposto che non potevo, ma gli ho assicurato che avremmo parlato. Così è venuto a casa mia ma, al citofono, gli ho detto che ero stanca e non avevo voglia di vedere nessuno.

Un giorno l'ho anche incontrato sotto casa, mentre era intento a entrare nella sua macchina. Mi ha sorriso ed io ho debolmente ricambiato, ma quando mi sono resa conto che stava per fare un passo verso di me, mi sono affrettata a entrare nella mia auto, costringendolo a fermarsi e lasciar perdere.

Oggi sono in macchina, ho indossato la mia nuova gonna beige sagomata che mi arriva fin sopra il ginocchio e una semplice camicetta bianca un po' sbottonata. Devo vedere Ermal, ho bisogno di capire se, quando ha detto di amarmi, era sincero.

Quando entro nell'istituto, mi accorgo immediatamente della sua presenza. È in piedi al centro del corridoio, impegnato a chiacchierare con uno dei miei colleghi, ma il rumore dei miei tacchi lo distrae, infatti si gira verso me, poi torna a guardare il collega, per poi voltarsi nuovamente verso me, questo accada più o meno entro una frazione di secondo. Gli sorrido lievemente, lui fa scivolare rapidamente il suo sguardo lungo il mio corpo, per poi congedarsi dalla persona con cui sta parlando e raggiungermi qualche secondo dopo.

- Professoressa, bentornata! - dice materializzandosi a fianco a me.

- Ciao Ermal. - sorrido appena fermandomi.

- Giulia, posso parlarti un attimo?

- Abbiamo lezione. - gli ricordo.

- Fra cinque minuti. - mi corregge guardando l'orologio al suo polso.

Prendo un respiro profondo mentre il mio sguardo si posa sull'accenno di barba che appare sul suo viso.

- Va bene. - acconsento.

Mi conduce in una delle classi vuote controllando che nessuno ci veda e chiude la porta alle sue spalle.

- Come stai? - mi chiede. - Sono giorni che cerco di parlarti...

- Lo so. - rispondo

- Giulia! - mi prende le mani. - Perdonami, sono stato stupido a non dirtelo, ma sono pronto a spiegarti ogni cosa. - dice accecandomi con la luce abbagliante dei suoi bellissimi occhi.

- Mi manchi così tanto... - confesso abbassando lo sguardo, ma lasciandogli le mani.

- Anche tu. - dice avvicinandosi a me e sfiorandomi il viso con la scusa di spostare i miei capelli dietro le spalle. - Tutto quello che ti ho detto l'altra sera è vero, i miei sentimenti sono reali...

Voce del verbo SbagliareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora