Capitolo 5

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Era passato un mese da quella volta al parco.

Dopo quell'episodio, io e Tancredi sembravamo andare leggermente d'accordo. Certo, non mancavano le sfuriate da parte di entrambi che sembravano sfinire entrambi, ma poi, finivano sempre in pace, con qualcuno che abbassava i toni e chiedeva scusa.

Nemmeno c'era il bisogno di dire chi alla fine si sottometteva, perchè a discapito della mia dignità, quello ero proprio io.

In oltre, era trascorso un mese esatto da quando mi accorsi della mia cotta per Tancredi.
Il momento esatto in cui me ne resi conto Me? Quella volta al palco, quando scappai letteralmente da lui.

Il tempo che passa da solo lo trascorsi pensando al suo viso, al fatto che fosse terribilmente bello e a quanto fosse strano il mio comportamento verso di lui. Fino ad all'ora non ci ero mai rimasto cosi male per delle risposte del genere. E potevo assicurare che di risposte così ne avevo avute, e non poche.

La cosa positiva di tutta quella storia, era che stavamo preparando le ultima cose per trasferirci nella casa a Milano che avevano già preso Tancredi e Gianmarco.
All'inizio era stato difficile convincere mia mamma, ma con l'aiuto del padre di Tancredi, che si era rivelato immensamente utile per questo genere di cose, aveva accettato.
Facendomi promettere che una volta al mese, saremmo scesi per andarli a trovare.

Era l'ultima valigia che chiudevo quando entrò Tancredi nella mia camera.

"Lè ma sai dove sta la mia maglia rossa? Non la trovo da nessuna parte." sbuffò

Mi ritrovai a fare la faccia confusionaria, nonostante sapessi che la maglia fosse piegata e profumata nella mia valigia.

"Non l'ho vista." mentì

"Che palle. Sei pronto?"

"Si. Prendo queste e scendo." lui annuì guardandomi un ultima volta prima di uscire dalla mia stanza.

Dall'armadio presi uno zainetto dove ci infilai le mie airpods, il cellulare, la powerbank e la mia adorata switch.
Dovevo pur passare il tempo in macchina in qualche modo.

Trascinai le mie valigie fuori dalla volta prima di volgere un'ultima occhiata alla stanza e chiudere la porta dietro di me.

In silenzio portai le valigie nel salotto, dove potevo già sentire mia madre piangere.
Sospirai sconsolato prima di lasciare i bagagli ed andare ad abbracciarla.

"Mi mancherai mamma." gli sussurrai stringendola a me.

"Anche tu amore,anche tu. Mi raccomando Lele qualsiasi cosa chiamami. Nonostante sia più tranquilla a sapere che c'è Diego con te, tu chiamami comunque. Okay?" mi guardò con i suoi occhioni, ed io non potetti che sorriderle.

"Va bene mamma." gli lasciai un bacio sulla nuca, salutai poi il padre di Tancredi e aspettai che anche lui li salutasse.

Appena uscimmo dal porticato, la sua domanda in merito al discorso di mia madre non mancò.

"Che voleva dire tua mamma prima?"

Mi irrigidì.

"Lo scoprirai Tanc, ma non ora." chiusi l'argomento, ed in silenzio, aspettammo che arrivassero quei due.

Nel mentre lui fumava ed io lo guardavo, passò qualche minuto.
Appena arrivarono salimmo in macchina e da persona gentile, baciai la guancia a tutti e due.

"Ciao anche a te amore mio." con Gian avevo legato tantissimo, il nostro rapporto era a pari livelli quasi come quelli con Diego.

Non che Tanc non lo fosse. Ma insomma a me Tancredi piaceva.

"Madonna che accollo ma come fate a darvi soprannomi e ad avere tutto questo contatto fisico." borbottò chiudendo lo sportello.

"Se vuoi lo do anche a te un bacino Tanche." lo presi in giro, cercando di avvicinarmi.

"Scordatelo, allontanati." mi allontanò con la mano.

"Non ti parlerò  per tutto il viaggio." dissi fintamente offeso, non mi avrebbe resistito e lo sapevo. Faceva sempre così, non resisteva mai.

"Meglio." era incredibile come le sue parole fossero completamente contraddittorie con i suoi gesti.
Non ci mise, infatti, molto tempo prima di tirarmi con la testa sulle sue gambe.
Arrossì leggermente nell'alzare il viso e incontrare i suoi occhi che, per qualche motivo, erano già fissi nei miei.

"E questo?" sussurrai sorridendo

Se speravo in qualcosa era che i ragazzi davanti non potessero sentirci. Non mi piaceva condividere i bei momenti.
E quello era in assoluto un bel momento. E soprattutto età nostro.

Nostro e basta.

"Ma tu non dovevi dormire Lele?" cambiò discorso, volgendo lo sguardo, sicuramente imbarazzato, fuori dall'auto.

Mi morsi il labbro sorridendo e presi il telefono, accesi la telecamera e scattai una foto che riprendeva poco del mio ciuffo, ma soprattutto ritraeva il suo volto di profilo che guardava fuori. La pubblicai come stories insta e lo poggiai sulla mia pancia.

Avevamo deciso di andare in macchina, per rendere il tutto un'esperienza ancora più bella. Non mettendo in conto tutto il tempo che ci avremmo impiegato.

"Quanto tempo ci vuole per arrivare?" chiesi, rimanendo sempre con la testa poggiata sulle gambe del nano che aveva preso ad accarezzarmi i capelli.

"È passata solo un'ora Lè, ci mancano ancora altre cinque ore." mi informò Diego.

Sbuffai e per la noia, iniziai a giocare con il lembo della maglia di Tancredi mentre lui continuava ad avere le mani nei miei capelli.

Non mi ricordo nemmeno in quale momento mi addormentiai, sapevo solo che ero troppo rilassato.
____

Quando Lele si addormentò su di me, ogni mio pensiero portava sempre ad una sola affermazione: quanto è bello.

Era un mese che non mi si toglieva dalla testa, che impazzivo anche solo se qualcuno lo guardava un po' troppo.
Solo da una settimana avevo capito cosa fosse davvero il centro di quella gelosia. Era proprio lui, Emanuele.

Mi piaceva e non capivo come fosse possibile una cosa del genere.

Non mi era mai piaciuto il genere maschile. Insomma, fino a pochi mesi fa andavo con le ragazze, come cazzo era possibile che mi piaceva qualcuno che aveva il mio stesso organo riproduttivo tra le gambe?

Che sia bisex? Pansessuale? Un fungo?

Non sembrava esserci risposta.

Talmente perso ad osservare ogni singola parte del suo viso, non mi accorsi che Diego mi stava chiamando, da quelli che credo fossero già cinque minuti.

"Dimmi Diè."

"Approfittando che Lele sta dormendo, vorrei chiederti una cosa." lo guardai confuso e gli feci segno di andare avanti.

"Ti piace Lele vero?"

Sbiancai. Come faceva a saperlo?

"E tu come lo sai?" balbettai

"Non è difficile capirlo Tanc, lo marchi a vista d'occhi e ti innervosisci se solo si prende qualche confidenza in più con noi o con qualche suo amico. O se specialmente se le prendono con lui le confidenze." si intromise quell'altro che di darmi una mano, proprio non ne conosceva il significato.

Era vero, ero un possessivo assurdo.
Ma era mio, mio e basta.

"Non fate parola ragazzi, non voglio dirglielo per il momento." non mi presi nemmeno il disturbo di negare. Non sarebbe servito a niente.

"Non aspettare troppo." non capì bene le parole di Diego, ma proprio quando aprì bocca, alzò il volume dello stereo.

Mi resi conto che il nostro discorso era finito, lì capì che non voleva più parlare.

Fratellastri- Tankele Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora