Capitolo 19

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Ero ancora steso sul letto con accanto Emanuele che dormiva quando accesi l'ennesima sigaretta della giornata.
Avevo il bisogno di scrollarmi da dosso tutto il nervoso che la storia di Lele, in particolare il ruolo di Thomas, mi aveva lasciato.

Dopodiché, avevamo fatto sesso e a dirla tutta, mi era mancato più dell'aria stessa. L'avevo sentito entrarmi nelle viscere e nonostante lo avessi visto relativamente normale in quei giorni, la mia voglia di lui non andava a defluire mai.

Feci l'ultimo tiro e buttai il restante mozzicone nel portacenere quando lui si mosse. Mi girai sul fianco e lo guardai. Era un bambinone assurdo, ma ti accorgevi della tenerezza che emanava anche per i gesti più stupidi. Come quello quello stropicciarsi gli occhi.

Che tenero.

"Tanc, che ore sono?" aveva gli occhioni ancora lucidi per il sonno e sorrisi quando mi guardò.

"Cinque e venticinque." parlai

"È presto." constatò

"Già, perciò torna a dormire." non mi andava di fargli perdere il sonno a causa mia, probabilmente si era svegliato solo per l'odore acre della sigaretta.

"Tutto bene?" osservò attentamente il mio viso, probabilmente, in cerca di qualche particolare.

"Si,certo." annuì, continuò a guardarmi con lo sguardo di chi la sapeva lunga.

"Che c'è?" chiesi poi.

"Uhm.. ecco.. non ti sei pentito vero?" mormorò

"Quando mai mi  sono pentito di una notte con te, Le'?" perchè aveva quelle incertezze?

Ero arrabbiato sicuro, ma Lele era Lele.
Non potevo rimanere senza di lui a lungo.

"Sono arrabbiato certo, non ti nascondo che se avessi quel coglione avanti lo prenderei a sprangate sui denti. Ma tu sei tu, non potrei stare senza te." ammisi, più che a lui, a me stesso.

Era sempre stato difficile per me esternare i miei sentimenti. Non ne avevo mai mai il bisogno e quelle sensazioni cosi forti non per avevo mai provate prima di all'ora.
Ed avevo paura.

"Lo stesso è per me Tanche. Lo sai che senza te sono nulla, ve?" annuì e gli sorrisi  abbassandomi su di lui e baciandogli quello splendido sorriso che gli contorava le labbra.

"Vieni qui dai, dormi un altro po'. " lo tirai verso di me facendogli cenno di poggiare il viso sul mio pettorale destro.
Mi regalò un bacio all'altezza del cuore e pochi minuti dopo si addormentò.
Dopo pochissimo lo seguì anche io in un sonno meritato.

____

Era abbastanza tardi quando decisi di svegliarmi. Mi alzai motivato anche dal fatto che accanto a me il posto fosse vuoto.

Prima di arrivare in salotto, feci una piccola sosta al bagno; avevo bisogno di espellere i miei bisogni.

Quando poi finalmente arrivai in salotto, mi chiesi se quello fosse davvero parte di casa mia o se fossi finito in una sottospecie di asilo adulto. Tutti in quella stanza sembravano star facendo qualcosa; potetti per fino vedere Diego e Gian giocare con delle macchinine che da dove fossero uscite, proprio non lo sapevo.

Raggiunsi Emanuele che era girato di spalle vicino a Cecilia e quando finalmente si girò, mi sorrise prima di baciarmi una guancia.

"Buongiorno Tanc." sorrise leggermente
Ricambiai il sorriso, baciandogli amorevolmente il capo.

Mi allontanai per mangiare qualcosa e non appena mi sedetti, notai che Emanuele mi avesse seguito e che era pronto a sedersi sulle mie gambe.
Cosa che, ovviamente, gli feci fare.
E chi ce lo aveva il coraggio di dirgli di no?

"Ed eccoli i miei piccioncini preferiti." Diego si avvicinò al tavolo ed io dovetti ringraziare di avere Emanuele sulle coscie, perché in alternativa, non avrebbe evitato il latte rovesciato sulla sua testa.

"Oggi stai sul cazzo, Diego." risposi infilando una forchettata nella mia colazione.

"Quando mai io non ti sto sulle palle?" chiese retorico e si avvicinò a Lele.

Non che avesse tutti i torti, comunque.

"Ciao bestiolina, ha chiamato tua madre. Chiede di entrambi." okay, io lo sapevo che non dovevo essere geloso e che quello era il suo migliore amico, ma non potetti non guardarlo male quando gli diede un bacio sulla guancia.

Perchè nessuno capisce che è il MIO fidanzato?  Cioè, non avete paura di me?

"Dopo la chiamo Diè." gli sorrise, io, ovviamente infastidito, non rinunciai a pizzicargli i fianchi.

"Ma sei scemo?" gemette dolorosamente e si girò guardandomi male.

"No, sono Tancredi." gli mostrai il mio sorriso più bello e di risposta, si girò borbottandomi contro.

"Alzati dai, fammi posare questo piatto." gli battei leggermente la mano sulla gamba per farlo alzare.

Si alzò e mentre io posai il piatto nel lavabo, lui si avvicinò a Cecilia che era seduta sul divano.

"Cecia ti lascio il bambino, il tempo di andarmi a lavare e lo vengo a prendere." ci misi tutto me stesso per evitare di scoppiare a ridere per la faccia di Emanuele, al mio contrario invece, la ragazza  scoppiò a ridere, mentre Emanuele mi mandò un'occhiataccia insultandomi poi dopo.
Posai un bacio sulla sua testa per farmi perdonare e andai nella nostra stanza a lavarmi.

Sospirai quando capì una cosa:
quel coglione mi avrebbe fatto uscire fuori di testa.

Fratellastri- Tankele Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora