Erano passati solo due giorni e tra i due le cose andavano piuttosto male. Entrambi si stavano uccidendo dentro, piangendo e disperandosi al posto di chiarire e fare pace.
Se c'era una cosa lì accomunava, quella era il loro essere irrecuperabili.
Era quasi struggente il come stavano bene solo se erano insieme.Non si erano sentiti nemmeno una volta. Lele sapeva che Tanc non se la stava passando bene perché alle volte sentiva sua mamma parlare con il papà del suo ragazzo, diceva che rispondeva a monasillabe quando il padre lo chiamava e dalla voce si poteva intuire che non stesse bene.
Lele lo stesso, Tanche chiedeva a suo papà come stesse la sua seconda madre e il suo fratellastro preferito.Il padre di Tancredi aveva capito tutto, senza l'aiuto dei ragazzi o semplicemente del figlio.
Lo avrebbe amato in tutti i modi, quindi non si scomodò a chiedere nulla, conoscendo il carattere del figlio.
Si limitava solo a rispondere alle domande che gli si facevano.Quel giornoperò aveva avuto una notizia, Tancredi sarebbe finalmente rientrato a casa.
Si sarebbero rivisti e non solo padre e figlio. Ma anche i due innamorati l'avrebbero fatto.___
Quella mattina sarebbe rientrato Tanc, ed io lo sapevo.
Ne avevamo parlato assieme e sapevo che sarebbe tornato. Insomma lì c'era sempre una parte della sua famiglia, suo papà. Era fottutamente giusto che passasse dei giorni con suo padre come io avevo fatto con mia madre.Ma di certo, non sapevo a che ora sarebbe arrivato. E svegliarmi sentendo la sua voce alle nove di mattina, non era previsto.
Per un attimo, avevo pensato di essere morto e di essere in bilico tra le porte dell'inferno e quella del paradiso. Ridicolo, ero ridicolo io e l'effetto che Tancredi aveva ancora su di me.
Decisi di farmi forza ed alzarmi, non potevo continuare a scappare per sempre.
Andai in bagno, mi lavai i denti, indossai una maglia e sciacquai la faccia. Poi persi un altro po' di tempo nella stanza e finalmente scesi giù.Lo vidi che stava abbracciando suo padre, basso come al solito e con le solite occhiaie che mi avevano fatto innamorare innamorare di lui.
Mi fermai sul ciglio della porta e lo guardai.
Non riuscivo a staccarli gli occhi da dosso, mi era mancato come l'aria.Mi notò sulle scale pochi secondi dopo, ma quando luì alzò lo sguardo verso il mio, non ce la feci a mantenere il contatto visivo. Fu per questo che abbassai lo sguardo e me ne andai, sapendo di star esagerando con lui che non c'entrava nulla.
Dovevo parlargli, ma dovevo prima trovarne il coraggio.Tornato in camera, mi sedetti su una sedia e mi passai le mani nei capelli.
Che fottuto casino che ho nella testa.
So di amarlo, ma al contempo non posso non pensarci a quei due insieme.
Però mi manca così tanto.Capì che fosse entrato nella camera soltanto quando sentì dei rumori dietro di me. Sapevo fosse lui senza nemmeno il bisogno di girarmi, d'altronde, lo avrei riconosciuto tra miliardi di persone.
Si mette al mio fianco e quando tentai di aprir bocca, mi tirò verso di lui abbracciandomi.
Di scatto, di riflesso o per mancanza, lo abbracciai forte anche io. Come se fosse l'ultima volta.
Non avrei mai voluto staccarmi, perchè in quelle braccia mi sentivo a casa."Mi sei mancato Le'."
"Mi sei mancato anche tu Tanche." lo ammisi a lui, ma anche a me stesso.
"Dobbiamo parlare." mi risvegliò dai miei pensieri
"Lo so Tanc, ma non credo che ora ne sia il momento. Trascorri un po' di tempo con tuo padre. Tanto io sono qui. Anche se dovessimo parlare stasera, non c'è problema."
La realtà?
Avevo una paura fottuta di ciò che poteva succedere. Non sapevo come sarebbero andate a finire le cose e l'ansia che mi attanagliava lo stomaco non mi aiutava per niente.
Lui annuì e scomparse, non lo vidi per tutta la mattina.
Immaginai davvero che magari stesse passando del tempo con il padre.
Ed io non potevo che esserne felice.
Mi preparai anche io psicologicamente sul dovergli dire che mamma sa tutto di noi.Venne l'ora di pranzo e lui non si presentò. Scomparso. Nel nulla.
Se non avessi saputo quanto fosse grande quella villa e che magari potrebbe trovarsi in una delle stanze, avrei seriamente tentato di chiamare chi l'ha visto.
Si presentò alle 21.00 quando avremmo dovuto cenare, con gli occhi pieni di sonno e la faccia stanca. Non avrà dormito in questi giorni.
Ed io ci stavo facendo caso solo ora.
Quando finimmo di cenare, aiutammo i nostri genitori a sistemare il tutto.
Poi fu afferrato da un mano, che sapevo a chi appartenere e venni trascinato in una camera.
Mi spinse sul letto e si mise avanti a me
"Ora è arrivato il momento di parlare."