Capitolo 22

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La mattina dopo avevamo la partenza.

Fortunatamente, ci eravamo entrambi svegliati presto. Non ci era risultato molto faticoso salutare i due che sarebbero rimasti a casa e correre in stazione.
Avremmo dovuto aspettare un'ora, perchè si, l'ansia di perdere il treno per Emanuele era talmente alta che aveva scelto di svegliarmi alle cinque di mattina. Nonostante, la partenza, prevista per le otto.

"Vado a prendere un caffè vuoi qualcosa?" era più di mezz'ora che necessitavo un urgente bisogno di caffeina. Avrei potuto seriamente addormentarmi su quella sedia, nonostante fosse talmente scomoda da provocarmi dolori alla schiena.

Mi allontanai quando ricevetti una risposta negativa da parte di Lele, che a quanto pare quella mattina era veramente di pessimo umore.

Nonostante quello però, ultimamente le cose sembravano andare leggermente bene. L'agenzia non si faceva sentire da un po' e sinceramente, non sapevo se giudicarlo un buono o un cattivo segno.

"Ecco a lei." quando il ragazzo dietro al bancone mi offrì l'ordine, gli sorrisi cordialmente prima di pagare ed uscire con il bicchierino marrone.

Non appena tornai alle sedie, notai Emanuele parlare con qualcuno al telefono. Non ci feci caso più di tanto, fondamentalmente poteva essere chiunque.

" Il treno è appena arrivato, andiamo." annuì e lo seguì, salendo sul vagone ed arrivando ai nostri posti.
Ovviamente, dovette sedersi lui nel posto accanto al finestrino. Ed ovviamente, io, da bravo fidanzato, glielo avevo lasciato fare.

"Tanche?" mi chiamò ed io mi voltai verso di lui.

"Sai vero che durante questa settimana, fin quando non gli diciamo di noi, non possiamo stare assieme?" cavolo, avevo dimenticato questo particolare.

"Lo troverò un modo Lè, non posso starti una settimana completalente lontano, non di nuovo." ero serio, non l'avrei sopportato ancora. Nonostante il mio essere serio, non era per niente mia intenzione farlo rimanere male. Per questo gli baciai una mano quando lo vidi incassare il colpo e diventare improvvisamente triste.

"Sono stato una merda Tanc, non ti ho mai chiesto scusa abbastanza." volevo dirgli che avrebbe potuto lasciare stare, ma il mio telefono squillò all avviso di un nuovo messaggio.

Peia.

"Hei, come stai?"

"Che vuole questa?" mi ricordai che Lele fosse al mio fianco solo quando lo sentì parlare.

"Che fai ora leggi anche i messaggi che mi arrivano?" lo presi in giro

"Si, se si tratta di lei."

"Che c'è sei geloso? Comunque è solo una buona amica, mi è stata accanto come nessun'altro in quella settimana. Mi fa piacere stare con lei." okay, non era proprio tutto vero, ma lui mi aveva fatto ingelosire con qualsiasi essere vivente, perché io non avrei dovuto farlo?

"Se lo dici tu." disse prima di infilarsi le cuffie nelle orecchie e girarsi verso il finestrino.

Sbuffai, che coglione.

Dopo un po' mi addormentai, poggiai la testa sulla sua spalla non potendone più.

Quando un'ora dopo mi svegliai, non eravamo ancora arrivati e di Lele non c'era traccia.
Probabilmente sarà in bagno.

Poi, lo vidi arrivare da lontano, bello come il sole mentre si passava una mano tra i capelli; mi spostai leggermente quando mi si avvicinò.

"Eri in bagno?" chiesi guardando i suoi movimenti

"Si." rispose secco e alzai gli occhi al cielo, quando ci si metteva era proprio un
rompipalle.

Dovevo trovare un modo per farlo reagire e quale modo più subdolo di rispondere il motivo del suo malessere sotto ai suoi occhi?
Mi venne lo sbocco solo a scriverlo quel 'tesoro' ma se volevo che il mio fidanzato mi parlasse di nuovo, quello era il prezzo da pagare.

Lo guardai sottecchi e vidi che alternava lo sguardo dal telefono al mio viso. Ovviamente, non parlava.

Decisi di continuare il gioco e non appena Martina mi rispose, continuai.

"Si tutto bene, tu che fai?"

"Sono in viaggio con Emanuele, stiamo andando a Roma."

"Emanuele? Sei serio?" Bingo.

"Non ti chiami così scusa?" alzai un sopracciglio e mi voltai verso di lui

"Si e tu da quando mi chiami così?"il fatto che lo chiamassi così in certe situazioni, era una cosa privata.

"Da ora, quindi preparati." ghignai

"Vaffanculo Tancredi." si girò dalla parte opposta e non mi rivolse più la parola per tutto il viaggio

Mi dispiacque un botto, ma questo ero io. Uno stronzo patentato.

"Le, alzati siamo arrivati." dopo un po' lo scossi e quando vidi che si fosse addormentato, feci un sorriso e mi abbassai sulle sue labbra per dargli un bacio quando non poteva vedermi.

Mugugnò un pochino e poi aprì gli occhi

"Siamo arrivati?" Mi chiese con la voce impastata dal sonno mentre si stropicciava gli occhi

Io annuì e mi alzai, lasciai alzare anche lui e poi scendemmo dal treno. Non avrei mai pensato di incontrare quella persona quando uscimmo dalla stazione.

"E tu che ci fai qui?"

Fratellastri- Tankele Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora