Capitolo 36

1.9K 102 55
                                    

"Ancora tu?" innervosito, mi girai verso la persona che aveva parlato.

"Già ancora io e tu stai ancora con quello?"

"Cosa cazzo vuoi Thomas? Te ne devi andare. Io non ti voglio. Sto con Tancredi vuoi capirlo o no?" e giuro, che cercai di mantenere la calma, ma la sua faccia, la sua stupida faccia, mi fece andare in bestia.

"No che non lo capisco, tu sei mio."

"Tu sei solo un coglione, vattene a fanculo e  non farti più vedere." intervenne Diego dietro di me

"Non finisce qui." lo lasciai lì e me ne andai

"Dov'è, Die?" chiesi

"È con Gian, vieni." mi portò fuori dalla discoteca e lo sentì urlare.

Ebbi l'istinto di correre verso di lui, poi però appena lo vidi, mi fermai.

Era li.
Con il labbro spaccato e l'occhio viola.

Sembrava un pazzo, urlava, andava avanti ed indietro.
Quando si accorse di me, una lacrima stava scivolando sulla mia guancia.

Perchè ti sei ridotto così amore?

"Che hai fatto?" mi avvicinai a lui e presi la sua testa nelle mani.

In quel momento nemmeno notai che gli altri si fossero allontanati, per me, c'eravamo solo io e lui.

"Niente Le'."

"Che ti ha detto? Perchè è quasi morto là terra mentre tu hai la faccia sfigurata?" volevo sapere, dovevo, sapere.

"Ha toccato il mio punto debole Lè, parlava di te. E di come ti ha scopato, di come ti ha toccato. Ed io sono scoppiato. Non devono toccarti. Non te." strinse i pugni e iniziò ad innervosirsi di nuovo

Gli accarezzai i capelli, cercando di calmarlo e ci riuscì

"Ma non è vero amore, lo sai che sei stato il primo."

"Lo so, ma mi dava fastidio che parlava così di te." gli sorrisi e gli diedi un bacio dimenticandomi totalmente della sua faccia ammaccata.

"Andiamo a casa dai, ti curo le ferite." andammo insieme da Gian e Diego e mi feci lasciare la loro copia delle chiavi.

La mia non sapevo dove fosse.

"Gian, Diego, noi andiamo a casa. Mi date una delle vostre chiavi?" gli chiesi e Gian me le passò sorridendo

"Prenditi cura di lui" mi sussurrò abbracciandomi

Lo guardai e annuì.

Eravamo venuti con il taxi, quindi le possibilità erano due:

O aspettavamo un taxi quindi equivale ad un'altra mezz'ora ad aspettare o semplicemente, andavamo a piedi.
Scegliemmo la seconda ed il viaggio a dirla tutta, fu abbastanza silenzioso.

Di quel silenzio che ti fa bene però, eravamo vicini, come due semplici ragazzi che erano usciti a fare un giro di sera.

Però noi non eravamo questo, eravamo Tancredi ed Emanuele. E la cosa avvolte pesava.

Non potevamo essere ciò che volevamo, non potevamo urlare al mondo quanto ci amassimo per il semplice motivo che eravamo personaggi pubblici.
Ho sempre pensato a come sarebbe andata se quel contratto non l'avessimo firmato.
A come sarebbe la nostra storia se non fossimo famosi.

Ma poi risvegliandomi sapevo che c'erano troppe domande senza risposta.
E non poteva esserci risposta adatta a tutto questo.

Sapevo che pesasse ad entrambi, ma in quel momento andava bene così.

Lo volevo a tutti i costi.

"Oh ma che cazzo, vuoi aprire o no?" non mi resi conto che eravamo arrivati al portoncino del palazzo fin quando Tanc me lo fece notare.

"Si, scusami." aprì in fretta ed entrammo

Salimmo le scale per poi arrivare alla nostra porta
L'aprì ed il profumo di Diego si sentiva per tutta la casa.

Lui e quello stupido profumo.
Uccideva sempre tutti.

"Siediti lì, ora arrivo." ordinai a Tancredi di sedersi sulla sedia della cucina e andai in bagno a prendere disinfettante, ovatta e cerotti.

Chiusi la porta del bagno e andai di nuovo in cucina.
Mi tolsi le scarpe nel corridoio e poi andai da Tanche.

"Pensavo che ti fossi perso." mi prese in giro ed io, da vent'enne finito qual'ero, gli feci la linguaccia.

"Apri le gambe." fece come richiesto e mi misi in mezzo.

Poggiai le robe che avevo preso sulla tavola e aprì il disinfettante, versandone un po' sull ovatta bianca come il latte.
L'appoggiai sul suo labbro e il cotone nella mia mano si bagnò di rosso.

"Fa piano Le', per favore." mi chiese gemendo dal dolore

Mi abbassai e gli lasciai un bacio sul naso

"Ora passa." sussurrai

Finì di curare il suo labbro e poi passai all'occhio, lo pulì passandogli dell'ovatta con un po' di acqua anchs lì e poi posai il tutto.

Buttai il cotone sporco e dal congelatore recuperai un pacco di surgelati che gli feci poggiare sull'occhio, ormai, gonfio.

"Andiamo a letto?" gli chiesi e lui annuì

Arrivammo in camera  e lui si buttò sul letto

Era ancora vestito, decisi di spogliarlo e di fargli indossare il pigiama.
Una volta indossato, mi svestì anche io ed indossai un bermuda ed una sua maglia.

Mi stesi al suo fianco e feci poggiare la sua guancia sul mio petto.

"Mi dispiace Le'." mi sussurrò sentendosi in colpa

"Non è successo niente amore, dormi è tardi." gli diedi un bacio tra i capelli e si addormentò

Aveva ancora la busta di ghiaccio sull'occhio che poi gli tolsi e lo coprì con le coperte.
Aveva sempre freddo quanto dormiva.

Il mio piccolo,grande, tenero amore.

Fratellastri- Tankele Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora