50. Nun so bono a inventamme i discorsiLe parole di Niccolò mi avevano ferita, non mi sarei mai aspettata che classificasse ciò che era successo il giorno precedente come semplice e puro sesso. L'unica frase che rimbombava nella mia testa era siamo andati a letto insieme, ma io non ero andata a letto con lui, io in tutto ciò che avevo fatto la sera precedente ci avevo messo il cuore, non credevo che lui riuscisse a svendere una cosa del genere in dieci secondi con solo cinque parole. Mi ero sentita usata, solo per soddisfare le sue voglie, mi sentivo una persona sfruttata, al contrario di ciò che lui mi aveva detto. Mi costava ammetterlo, per davvero, non avrei mai creduto di poter dire una cosa del genere, ma io con Niccolò ci avevo fatto l'amore. Forse sì, la seconda volta che avevamo unito i nostri corpi, non era stata un'unione canonica, ma a me poco importava, avevo sempre fatto l'amore con lui.
"Gioia!" Mi sentii chiamare da Niccolò per la quarta volta da quando avevo lasciato il locale, ero a pezzi, non volevo nemmeno parlare con lui, feci finta di non sentire e decisi di accelerare il passo. Nonostante avessi la consapevolezza che non stavamo insieme credevo che almeno per lui ciò che avevamo vissuto avesse significato qualcosa. "Gioia ti prego fermati." Non avevo nemmeno preso la macchina, sapevo che se mi fossi fermata per accendere il motore mi avrebbe raggiunto, sarebbe salito in macchina e sarebbe riuscito a bloccarmi. Cercai di accelerare ancor di più il passo, ma non essendo una persona molto atletica non riuscivo a fare grandi sforzi. "Mamma e quanto corri regazzì." La mia corsa fu fermata proprio da Niccolò che, nonostante fosse molto indietro era riuscito a raggiungermi, cercai in tutti i modi di divincolarmi dalla sua presa, non volevo assolutamente parlare con lui, ma allo stesso tempo non volevo che la gente pensasse che mi stesse facendo del male fisico, Niccolò non ne sarebbe stato capace ed io, anche in quel momento, ne ero certa. Nonostante ciò, di male me ne ne aveva fatto eccome, era un male più doloroso di quello fisico, un male interiore che sarebbe stato più difficile dimenticare, ma prima o poi ci sarei riuscita.
"Niccolò non voglio parlare con te, per favore lasciami." Mi aveva abbracciato per non lasciarmi andare, si vedeva che voleva parlarmi con tutto se stesso, ma prima di ascoltarlo avevo bisogno di sbollire. Le sue braccia le sentivo comunque come un porto sicuro nel quale attraccare, il suo abbraccio era forte, ma allo stesso tempo dolce, come se mi stesse implorando di ascoltarlo perché lo meritava. Da una parte sentivo anche io il bisogno di sentire ciò che aveva da dirmi, volevo scoprire cosa lo avesse spinto a rincorrermi tutto quel tempo, da un'altra volevo restare sola ed analizzare tutto in maniera più lucida.
"No che non ti lascio, altrimenti inizi di nuovo a correre, sono quindici minuti che ti inseguo e non ce la faccio più, fra poco siamo arrivati a casa per quanto hai corso." Mi conosceva bene, se mi avesse lascito libera sarei sicuramente andata via, non avrei esitato nemmeno un secondo un più. Se il moro non mi avesse fatti notare dove fossimo, non mi sarei nemmeno accorta di dove i miei passi mi avevano portato, ma era tanta la rabbia che avevo iniziato quasi a correre e, dato che casa nostra era abbastanza vicina al locale, l'ero riuscita a raggiungere in pochi minuti.
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𝑆𝑎𝑟𝑒𝑠𝑡𝑖 𝑙𝑎 𝑟𝑖𝑠𝑜𝑟𝑠𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑠𝑜𝑟𝑟𝑖𝑠𝑜 /𝑈𝑙𝑡𝑖𝑚𝑜/
Fanfiction[COMPLETA] Una ragazza campana si trasferisce a Roma per frequentare la Sapienza, cerca disperatamente un coinquilino per far sì che possa sostenere le spese. Dopo una lunga ricerca riesce a trovare un nuovo inquilino. Chi busserà alla sua porta? Tu...