42.Personal

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42.

I scream at your ghost
When I miss you the most
I'll lace up my armour and fight for us both
Finish what you started and crown your stone
Maybe I could let go, let go, let go
(Against The Current-Personal)

Rachel doveva fare pipì. Si alzò dal letto e si appoggiò alle stampelle, recandosi in bagno. Era l'unico posto in cui andava, oltre alla camera. Si lavò le mani. Lo specchio sopra il lavandino rifletteva il suo volto scavato e devastato. Se avesse potuto, lo avrebbe fatto a pezzi. Fece per tornare in camera, ma la stampella le cadde, sbattendo per terra. Tempestivamente, Eliza entrò per aiutarla. Dietro di lei, Lindsey osservava la scena, con timidezza.
«Vuoi venire in soggiorno con noi?» domandò l'australiana. Rachel non rispose e si rimise sul letto. Eliza sospirò. Aveva paura. Quella ragazza stava cominciando a diventare ingestibile.
«Va tutto bene?» le chiese Lindsey, preoccupata. Eliza annuì e ritornò con l'amica in soggiorno, sperando in un miracolo. Sapeva quanto Alycia tenesse a Rachel, ma se non fosse migliorata nel giro di poco avrebbero dovuto portarla da qualcuno, ne era consapevole. La ragazza stava diventando un bel grattacapo. Dal canto suo, Rachel non aveva più forze. Si sentiva completamente svuotata, non aveva nemmeno voglia di rispondere agli stimoli. Più volte aveva pensato di scappare da quella casa, ma non era riuscita ad alzarsi dal letto. Di notte non riusciva a dormire. Non appena chiudeva gli occhi, il suo sonno diventava teatro di incubi terribili, tutti dallo stesso epilogo, Duke morto e lei con le mani grondanti di sangue. Alycia le aveva detto di non addossarsi quella colpa, ma non era possibile. Scoppiò a piangere, il più silenziosamente possibile. L'ultima cosa che avrebbe voluto vedere era lo sguardo carico di comprensione di Eliza. Non era nemmeno riuscita ad andare al funerale. Aveva provato a firmare il foglio di dimissioni per poter partecipare alla cerimonia, ma Alycia l'aveva scoperta e fermata. Per un paio di giorni, Rachel l'aveva odiata per questo, ma poi si era resa conto che non aveva più nessun altro se non lei. Duke non c'era più e lei era rimasta sola. Soffocò un urlo e strinse le lenzuola fra le mani. Senza volerlo, fece cadere il cuscino per terra. Si sporse per raccoglierlo, ma si ritrovò sul pavimento. Soffocò un urlo e provò a rimettersi in piedi. Poi, la vide. Di fronte a lei, nascosta in un cantuccio tra gli armadi, c'era la chitarra di Eliza, la stessa che aveva suonato lei a Vancouver. Si avvicinò allo strumento. Lo prese in mano e lo osservò. Era un bel legno. Duke ne aveva una simile. Già, lui suonava la chitarra. Lui suonava quello strumento che ora lei teneva tra le proprie braccia. Si sentì come bruciare. Gettò la chitarra per terra, forte, spaccandola a metà. Cominciò a colpirla con una stampella, cercando di sbriciolarla il più possibile. Duke non c'era più e lei avrebbe eliminato qualsiasi cosa che gliel'avesse ricordato. La sua vista era appannata dalle lacrime e ormai non sapeva più se stava martellando lo strumento o il pavimento. No, non sarebbe mai riuscita a seppellirlo nell'oblio. Sentì due mani cingerle i fianchi e toglierle la stampella dalle mani. Realizzò ciò che aveva combinato e urlò. Non aveva il coraggio di voltarsi.
«Va tutto bene, calmati.» le sussurrò Eliza, cercando di calmarla. Rachel non aveva la minima intenzione di ascoltarla. Si tirò su, incurante del dolore. Zoppicando sulle stampelle, si diede ad una lenta fuga.
«Lindsey, ti prego, lasciaci sole.»
«Eli, sei impazzita? Ha appena sbriciolato la tua chitarra, io non ti mollo qui con lei.» ribatté la statunitense.
«Ti prego.» supplicò l'australiana. A malincuore, Lindsey acconsentì e se ne andò, ignorando una lentissima Rachel che era riuscita a malapena a portarsi alla porta. Eliza si fece forza e le andò incontro.
«Che hai intenzione di fare?» chiese, esasperata.
«Me ne vado. Ho già creato abbastanza problemi.» rispose Rachel, arrancando. Eliza la osservava proseguire, senza intervenire. Fu un attimo. La stampella si infilò in una buca nel terreno e la ragazza perse l'equilibrio. Eliza la prese al volo. Si assicurò che stesse bene. "Per quanto possa stare bene." rifletté. La trascinò dentro casa. Rachel non si oppose. Si sedette sul divano, scoppiando in un pianto disperato. Eliza aveva un nodo in gola. Si sentiva così inutile. Non poteva nemmeno telefonare ad Alycia. Provò a stringerla a sé, ma la ragazza si scostò. Eliza si alzò dal divano e si recò in cucina. Si versò un bicchiere di bourbon e lo bevve tutto in un sorso. Si picchiettò la testa con le dita. Non aveva idee. Quando tornò in soggiornò, trovò Rachel distesa sul divano. Forse era riuscita ad addormentarsi. Eliza tirò un sospiro di sollievo e si recò in camera sua per prendere un libro. Il suo sguardo scivolò sulla foto che Alycia aveva appoggiato sul comodino. La prese in mano. Ritraeva lei, Duke e Rachel, quest'ultima tutta bagnata. Erano in spiaggia e la ragazza doveva essere appena uscita dall'acqua. Delle urla la riportarono alla realtà. Corse in soggiorno. Rachel si stava contorcendo sul divano, in preda agli incubi. Eliza la strinse a sé.
«Va tutto bene, sono qui.» sussurrò, svegliandola. Rachel le si avvinghiò inaspettatamente al collo. Eliza le carezzò i capelli. Le si strinse il cuore. La ragazza si era appoggiata al suo petto e singhiozzava disperatamente. Tremava. L'attrice non si era mai sentiva così impotente. Un'idea folle le balenò nel cervello. Decise di provare. Si scostò da quell'abbraccio e corse in cucina. Rachel la sentì armeggiare con il frigorifero, ma non poteva capire cosa stesse succedendo. Quando Eliza riapparve, aveva con sé due scarpe in mano.
«Vestiti.» ordinò.
«La visita in ospedale è tra una settimana.» protestò flebilmente Rachel.
«Non andiamo in ospedale. Dai, ti aiuto.» rispose vaga l'attrice. L'aiutò ad alzarsi e a rivestirsi, poi la portò in macchina. Rachel non usciva di casa da due settimane e mezzo e la luce del sole, pur se al tramonto, la infastidì. Eliza accese l'auto e cominciò a guidare, silenziosa. Rachel non capiva. Per un attimo, ebbe il terrore che la stesse conducendo a Long Beach, ma quando tirarono dritto si sentì sollevata. Eliza si voltò verso di lei e le sorrise, come per tranquillizzarla. Imboccarono una strada piuttosto dissestata e la percorsero tutta, fino ad arrivare a una piccola caletta sabbiosa. Eliza parcheggiò e aiutò Rachel a scendere. Stese due stuoie e la fece sedere, per poi andare a prendere in macchina quello che sembrava un cesto da picnic. Rachel trattenne il respiro. Non andava al mare da tantissimo tempo.
«Dove siamo?» chiese.
«È un posto che ho scoperto qualche anno fa. Odio andare a Long Beach, mi riconoscono tutti. Qua è tranquillo e mi piace venire ad osservare l'oceano. In fin dei conti, vengo pur sempre da Melbourne.» spiegò l'attrice. Rachel inspirò profondamente. Si alzò e, aiutandosi con le stampelle, si portò sulla battigia. Chiuse gli occhi, cercando di sincronizzare il respiro con lo scrosciare delle onde. Da quanto tempo non lo faceva. Sorrise al ricordo del secondo incontro con Alycia. Era in riva al mare, esattamente come in quel momento. Riaprì gli occhi. Eliza era accanto a lei, silenziosa. La guardava con quei suoi intensi occhi blu. Rachel deglutì. Chinò il capo.
«Mi dispiace per la chitarra.» si scusò. Eliza la cinse in un abbraccio.
«Mi dispiace per tutto. Mi dispiace per Christian, mi dispiace per averti mentito, mi dispiace per averti tradita, mi dispiace per queste ultime settimane.»
«Non importa. Io vorrei solo che tu potessi provare ad andare avanti. Non dico ricominciare da zero, lo so che è difficile. Parlo semplicemente di ripartire.». Rachel si morse il labbro. Affondò una mano nella sabbia, nervosa.
«Mi manca.» confessò.
«Lascialo andare. Liberati di questo peso che porti dentro di te. Non hai colpe, Rachel. So che per te è difficile da accettare, ma a volte le cose accadono e basta. Possiamo solo scegliere se farci frenare dagli eventi o andare avanti. Non sei sola in tutto questo, te lo prometto.» sussurrò l'attrice. Rachel ripensò a ciò che le aveva detto Alycia anni prima. Forse era vero, Duke era semplicemente ritornato ad essere parte della terra. Si alzò, sorretta dalla stampella. Si avvicinò sempre più all'acqua sotto lo sguardo vigile di Eliza. Il contatto dell'oceano con la pelle la fece rabbrividire. Chiuse nuovamente gli occhi. La brezza marina le carezzò il volto e lei l'accolse come un'amica che non si vede da tempo. Mollò le stampelle e, senza pensarci troppo, si lasciò cadere in acqua. Eliza sussultò, ma si tranquillizzò quando la vide muovere le braccia per tenersi a galla e non allontanarsi da riva. Rachel lasciò che l'oceano la risvegliasse da quel torpore in cui era caduta negli ultimi tempi. Duke non avrebbe mai voluto vederla così. Doveva onorare la vita, solo così l'avrebbe ricordato nel modo giusto. Immerse il capo per qualche secondo. Le lacrime divennero un tutt'uno con l'acqua dell'oceano. Non avrebbe mai più rivisto Duke. Non l'avrebbe mai più avuto al suo fianco. Non sarebbero mai più andati sullo skateboard assieme. Tutti i momenti passati insieme, gli esili, le fughe, i concerti, tutto era stato vano. O no? Ripensò al giorno dell'aggressione. Quella mattina, Duke le aveva fatto il regalo più grande: l'aveva convinta a non scappare. Lei era lì perché lui l'aveva convinta a restare. E no, forse non era rimasta sola. In fin dei conti, Duke aveva cercato fin da subito di spingerla verso Alycia. Sorrise amaramente. Si voltò verso Eliza. L'australiana si era avvicinata ulteriormente all'acqua, immergendo i piedi nel mare.
«Grazie.» mormorò improvvisamente Rachel. Eliza assunse un'aria curiosa.
«Ti sei presa cura di Chris per tutti questi anni e ora ti prendi cura di me. Non capisco perché, in fondo è colpa mia se te l'hanno portato via. I primi giorni pensavo lo facessi per poi ferirmi in qualche modo e vendicarti, poi ho cominciato a credere che fosse solo senso del dovere. Dopo oggi non ne sono più convinta. Non so perché mi tratti così, ma sappi che tu e Alycia siete la cosa più simile a una famiglia che io abbia incontrato negli ultimi tre anni.». Eliza non rispose. L'aiutò ad uscire dall'acqua e l'accolse in un abbraccio. L'asciugò e le porse qualcosa da mangiare. Per la prima volta in due settimane e mezzo, Rachel non rifiutò il cibo. Finito di cenare, restarono lì ancora un'ora, senza dirsi nulla. Poi, salite in auto, tornarono a casa. Eliza aiutò la ragazza a prepararsi per la notte e, infine, andò a letto. Quando Alycia rincasò, la trovò ancora sveglia.
«Ehi. È andata bene?» chiese la bionda, notando il volto sconvolto della più giovane. Alycia annuì.
«È stato solo pesante. Tu? Mi dispiace avervi lasciate sole.». Eliza la baciò teneramente.
«Siamo andate al mare. Non so se supererà mai tutto quello che ha vissuto, ma non è da sola e lo sa.» disse. «Lo sa.» ripeté, come a voler rimarcare quel concetto. Alycia sentì lacrime di commozione fare capolino. Catturò le labbra di Eliza e si stese accanto a lei.
«Ce lo riprenderemo, te lo prometto.». Eliza non rispose. La baciò nuovamente, stringendosi a lei. Dall'altra parte della casa, Rachel pensò alla giornata appena trascorsa. E, per la prima volta dopo anni, si sentì parte di una famiglia.


Angolo del disagio
Questo è un capitolo a cui tengo moltissimo. Nasce dall'elaborazione di una dolorosa esperienza personale che sto cominciando ad accettare solo ora.
Mi fermo qua, non aggiungo altro. Alla prossima!

Crying Over YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora