44.
And maybe I don't have a choice
And maybe that is all I have
And maybe this is a cry for help
I do not want this
(Nine Inch Nails-I Do Not Want This)Rachel si rigirò fra le lenzuola. Controllò l'ora. Erano già le dieci. Sbuffò. Aveva promesso ad Alycia ed Eliza di provare ad alzarsi dal letto. Avevano stabilito alcune regole. Se avesse voluto mangiare, avrebbe dovuto partecipare ai pasti. Rachel aveva capito che le due attrici stavano solo cercando di aiutarla a reagire al dolore che la attanagliava dalla morte di Duke. Era anche consapevole che Alycia stava soffrendo esattamente come lei e che stava semplicemente cercando di non darlo a vedere per farle forza. Sospirò. Si stiracchiò e, pur con fatica, si mise a sedere. Appoggiò sul pavimento prima un piede e poi un altro, rabbrividendo al contatto con il parquet freddo. Afferrò le stampelle accanto al letto e si tirò su. Andò in bagno e poi saltellò verso il soggiorno. Con sommo stupore, però, non trovò né Eliza, né Alycia. Seduti sul divano, infatti, Bob e Lindsey stavano imprecando contro un povero ed innocente computer portatile. Rachel non sapeva se farsi notare o tornare in camera. Sapeva di non stare più molto simpatica a Lindsey e si sentiva a disagio con lei intorno.
«Buongiorno.» la salutò Bob, anticipando qualsiasi sua mossa. Rachel accennò un finto sorriso e si addossò alla
parete. Lindsey le fece un cenno con la mano, ma la ragazza non rispose. Si stava agitando.
«Ehm... Vado a fare colazione.» dichiarò. Era divorata dall'ansia. Entrata in cucina, chiuse la porta alle sue spalle. Si accasciò sul pavimento, il fiato corto e la testa fra le mani. Senza che se ne accorgesse, qualcuno si sedette accanto a lei. Si voltò. Lindsey le sorrideva, pur se con uno sguardo carico di preoccupazione.
«Io...» esordì Rachel, ma le parole morirono sul nascere.
«Ti chiedo scusa. Ho detto delle cose orribili su di te, ma non le penso. Certo, non ti vedo più come la timida ragazzina indifesa di Vancouver, ma anche così non sei male.». Rachel non se l'aspettava minimamente. Tirò un sospiro di sollievo. Lindsey l'aiutò ad alzarsi e la fece sedere. Le riscaldò una tazza di latte e le preparò un panino con la marmellata. Si sedette di fronte alla ragazza, osservandola mentre mangiava di gusto la sua colazione. Bob le raggiunse poco dopo.
«Allora, dove sono Alycia ed Eliza?» chiese Rachel, con la bocca piena.
«Alla CW con i rispettivi agenti. A quanto pare, il cazzotto che Alycia ha tirato allo stomaco di Jason non è stato molto gradito dai piani alti.» rispose Bob. Rachel si incupì.
«Rischiano di perdere il lavoro?» domandò, triste. Lindsey ne fu intenerita, sembrava quasi una bambina.
«Nah. Jason è riuscito a produrre un'ottava stagione con cui ha cercato di riappacificarsi con i fan dopo una serie di scelte discutibili e ne ha in cantiere altre due. Inoltre, ha fatto sì che nella serie tornassero personaggi amatissimi come Lexa. Non le può licenziare.» spiegò Bob. Stava armeggiando con il portatile e Rachel si sporse con fare curioso, cercando di capire cosa stesse facendo.
«A cosa stai lavorando?» domandò. Bob abbassò di scatto lo schermo. La ragazza si insospettì.
«Dai, posso vedere? Non ne parlo con nessuno!» insistette.
«È una ehm... Sceneggiatura.» mentì l'attore. Rivolse un'occhiata supplichevole a Lindsey, cercando un aiuto che, però, lei non fu in grado di dargli.
«Per essere un attore, dici le bugie da schifo.» ribatté Rachel. Bob si picchiettò la testa con le dita. Lindsey decise di intervenire e sparecchiò la tavola, proponendo a Rachel di uscire in giardino. La ragazza scosse il capo. Era decisa a scoprire la verità. Scattò in avanti con il bacino e strappò improvvisamente il computer dalle mani di Bob. Sollevò lo schermo e sobbalzò.
«Ma questo è... Voi siete pazzi!» esclamò, le mani nei capelli.
«Ti prego, Alycia ed Eliza non devono saperlo.» supplicò Lindsey.
«Tra l'altro, non riusciamo nemmeno ad accedere ai dati, sono criptati. Servirebbe una password, ma le abbiamo provate tutte.» aggiunse Bob, mostrandole un quaderno con una quantità innumerevole di successioni numeriche e parole.
«Avete rubato anche questo? Poi sono io la criminale.» commentò Rachel, divertita. Si mise ad osservare lo schermo, pensierosa. Poteva trattarsi di una qualsiasi parola o sequenza di cifre. Provò a riflettere. Aveva già avuto a che fare con materiale del genere. Franklin le aveva sempre permesso una certa libertà di movimento, tutto sommato. Non per pietà, questo era sicuro. Una libertà limitata e, quindi, falsa è più dolorosa di uno stato di prigionia permanente. Se nell'ultimo caso è possibile trovare la speranza di una vita diversa, di una fuga, nel primo l'illusione di un miglioramento lascia spazio, lentamente, alla disperazione più totale.
«Hai delle idee?» domandò Lindsey, riportando la ragazza alla realtà. Aveva notato il suo fare pensieroso. Rachel si grattò il collo. A dire il vero no, non ne aveva. Ricordava alcune successioni numeriche, ma dubitava potessero fare al caso suo.
«Max mi ha parlato di una visione. Non è la prima volta che sento qualcuno parlare in questi termini.» suggerì. Bob digitò, ma la parola non corrispondeva. Sarebbe stato troppo semplice. Rachel si toccò il naso con il dito. Sospirò. Provò a pensare a chi fossero realmente Franklin e Jason. Sicuramente, la password non era farina del sacco del secondo. Si alzò di colpo e, sotto lo sguardo sconvolto di Bob e Lindsey, saltellò in soggiorno. Tornò poco dopo con una penna e un foglio. I due attori la osservavano armeggiare con il cellulare e scrivere sulla carta. Dopo svariati minuti, Rachel porse il foglio a Bob.
«Che significa?»
«Tu prova.» rispose la ragazza. Bob copiò la presunta password, pur se con riserve. Premette invio e trattenne il respiro.
«Ci siamo!» esclamò, entusiasta.
«Come hai fatto?» domandò Lindsey, fissando il foglietto. C'era scritto "Sum Vis".
«Franklin adora i giochi di parole ed è un amante dei classici latini. Visione in latino si può tradurre Visum. Ho scomposto la parola, è stato facile.» spiegò Rachel. Lindsey e Bob la guardarono ammirati. La ragazza si morse il labbro, imbarazzata. Odiava dover riconoscere di aver imparato a capire Franklin così bene. La cosa la terrorizzava. Chiuse gli occhi. Un nugolo di immagini le affollarono la mente. Lei non era come voleva lui. Non era solo un oggetto. Non era sua. Forse si sbagliava. Forse lei non era altro che un oggetto. Forse lei era davvero sua. Si ritrovò per terra, tremante. Non poteva evitarlo. L'attacco di panico la raggiunse, crudele. Chiuse di nuovo gli occhi, come a voler ricacciare tutte quelle brutte sensazioni che la sovrastavano. Non sapeva più a cosa doveva credere. A Franklin o a chi le aveva instillato il dubbio che perfino lei meritava una vita piena di felicità? Chi era lei? Per cosa era nata? Perché non riusciva a togliersi dalla testa il modo in cui Alycia ed Eliza la guardavano, così carico di comprensione e bene? Sì, loro le volevano bene. Come Duke, anche lui le aveva voluto bene. Si era fidato di lui, forse poteva fare lo stesso con loro. Forse.
«Aly...» mormorò, infine. «Voglio Aly.». Lindsey la strinse a sé, mentre Bob corse a telefonare all'amica. Rachel non
smetteva di tremare, sperando che Alycia arrivasse presto. Forse di lei si sarebbe potuta fidare definitivamente. Non aveva altra scelta. Non aveva nessun altro.
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Crying Over You
Fanfic«Ehi, no!» esclamò Eliza, ma non poté fare nulla. La vide gettarsi giù. «Eli, la polizia è qui. Ma che succede? Dov'è?» chiese Alycia, entrando improvvisamente. Quando intuì cosa era successo, si portò le mani davanti alla bocca, inorridita. Eliza s...