28.You Found Me

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28.

Lost and insecure
You found me, you found me
Lying on the floor
Surrounded, surrounded
Why'd you have to wait?
Where were you, where were you?
Just a little late
You found me, you found me
(The Fray-You Found Me)

Un bicchiere. Due bicchieri. Tre bicchieri. Una pasticca sul tavolo. Una bocca, pronta ad accogliere un palmo carico di silenzio solido. Eliza osservava un mondo a lei sconosciuto da lontano, un mondo che doveva ancora finire di formarsi, ma che all'alba sarebbe bruciato, per poi rinascere dalle proprie ceneri la notte dopo. Rachel non l'aveva seguita. Non ce l'aveva fatta. Eliza si chiese se il problema fosse solo la paura. Si rispose che non poteva essere così. O meglio, Rachel aveva paura, era indubbio. Paura di Franklin, paura dei suoi uomini. Ma non era solo quello. Rachel era terrorizzata dall'idea di riprendere in mano la propria vita. Era diventata un tutt'uno con l'inferno in cui viveva e ora non sapeva più farne a meno. Eliza conosceva bene quel sentimento. Era la stessa cosa che aveva provato anche lei per tanto, troppo tempo. Controllava Rachel da lontano. La ragazza era seduta ad un tavolo e, con fare provocatorio, intratteneva un gruppo di quattro ragazzi poco più grandi di lei. L'attrice era disgustata. Non le piacevano quei quattro, così come non le piaceva quel locale. Era così diverso dal Fences, così sporco, così impuro. Rachel si alzò, diretta in bagno. Due dei quattro la seguirono, lo sguardo carico di una lussuria che Eliza trovò animalesca. Sentì lo stomaco contorcersi. Non riusciva più ad assistere a quella scena. Le faceva troppo male. Bevve il drink che aveva ordinato, tutto d'un fiato. Si avviò verso il bagno. Era enorme, con sei porte. Le bastò seguire i gemiti. Non c'era nulla di sensuale in quelle voci, solo bestialità e dolore. Tanto dolore. Terza porta a sinistra. Eliza provò ad aprirla, ma era chiusa. "Ovviamente." rifletté. Bussò. Un gemito strozzato come risposta. Colpì nuovamente il legno, questa volta con maggiore forza. Un sospiro. La porta si aprì. Uno dei due ragazzi la guardava, sornione. Eliza pensò che le sarebbe piaciuto spaccargli la faccia.
«Vuoi unirti a noi?». Eliza lo ignorò.
«No. Voglio lei.» rispose. Rachel era seduta sulla tazza del water, i pantaloni e l'intimo abbassati. Aveva gli occhi colmi di lacrime. Eliza le si avvicinò, piano. Le accarezzò la guancia e l'aiutò a rialzarsi. Uscirono da quella latrina. Eliza la condusse fuori dal locale, all'aria aperta. L'aiutò a sedersi sul marciapiede. L'accolse sulla sua spalla. Le ricordò tremendamente Alycia e, di colpo, comprese perché le due avevano legato così profondamente. Erano entrambe così forti e fragili al tempo stesso, così presenti e così sfuggenti, così coraggiose e così codarde di fronte alla vita. Eliza era consapevole che non l'avrebbe mai convinta a seguirla a casa se non le avesse proposto qualcosa in cambio. Le carezzò i capelli, con dolcezza.
«Vieni con me.» le sussurrò.
«Non posso.» obiettò la ragazza. Eliza si morse la lingua. Non sarebbe mai voluta arrivare a tanto.
«Quanto costi per una notte?» chiese. Rachel si voltò verso di lei, sbigottita. Sgranò gli occhi. Era incredula, pensava di aver sentito male.
«Pago questa notte. Pagherò le prossime. Tu devi venire a casa con me.»
«No!» urlò Rachel. Eliza la fece accoccolare al suo petto e cominciò a cullarla. Rachel chiuse gli occhi, un tentativo disperato di fermare le lacrime. Inutile. Nessuno l'aveva mai trattata con così tanta cura, a parte Alycia. Ne fu quasi spaventata. Riaprì gli occhi. Alla sua sinistra, la vita di sempre, il solito e noto incubo. Alla sua destra, una novità che prometteva salvezza. Che sapeva di famiglia. Non sapeva cosa fare. Avrebbe dovuto scegliere, ma solo gli stolti possono credere che decidere di abbandonare tutto per una salvezza appena promessa sia scontato.
«Possiamo restare qui tutta la notte, se ti va.» la voce di Eliza era così calda, così materna. Rachel guardava fisso davanti a sé. Era terrorizzata. Era caduta nell'abisso e non aveva ricordo del paradiso. Solo qualche sbiadito sentore.
«Ho conosciuto Alycia cinque anni fa. Ci ha presentate Maia, una sua cara amica. Ci siamo piaciute subito, io non avevo nemmeno diciotto anni, ma non importava. Mi ha sempre trattata come una sua pari. Non lo sono mai stata. Nessuno lo è.» esordì. Eliza la invitò a continuare, con lo sguardo.
«Mio padre era poliziotto. Indagava su Franklin, sui suoi traffici. Chi l'avrebbe mai detto che, un giorno, io sarei stata uno di quelli?». C'era una punta di amarezza in quell'osservazione. Eliza la strinse forte a sé.
«Io suonavo con la mia band. Concerti, festival e un obiettivo: denunciare ciò che non ci piaceva della società. Volevamo sentirci liberi da qualsiasi vincolo, ma la libertà ha un prezzo ed è bello alto. Io e Alycia eravamo sotto il palazzo di Franklin, mi aveva convinta ad accettare un invito ad un festival che si rivelò essere una trappola. Mio padre e mia madre stavano venendo a prendermi, quando... quando....». Eliza le baciò il capo.
«Non devi continuare se non te la senti.» la rassicurò. Rachel strinse i pugni. Ormai era troppo tardi per fermare quel flusso di parole incontrollato.
«La polizia disse che fu un incidente. Non ci ho mai creduto. Un danno al motore, ma chi ha mai anche solo pensato che fosse vero? La macchina è sbandata, quando mi hanno accompagnata lì era solo un cartoccio di lamiera. Non ci ho capito più niente. Mio fratello era nato da pochi mesi e io avevo questa responsabilità addosso. Era soffocante. Poi, non so bene dire come, Franklin si è intrufolato nella mia vita. In due mesi avevo più debiti di chiunque altro. Non mi interessava. Al terzo mese tutti i miei amici mi hanno abbandonata. Tutti, ma non Alycia. Mi accompagnava ad ogni festa. Alcool, ossicodone, MDMA, coca, girava di tutto lì in mezzo. Volevo solo non sentire più niente. Volevo smettere di provare dolore. Fu all'inizio del quinto mese. Non ricordo di chi fosse la festa. Ricordo solo la musica altissima. Mi ero calata di tutto. Poi, Alycia mi ha passato una bottiglia piena di crack. Mi hanno raccontato che sono stramazzata al suolo, finendo addosso all'impianto audio. Credo di dovere parecchie centinaia di dollari al suo proprietario, ma non ho idea di che faccia abbia.». Eliza aveva il fiato sospeso e un nodo in gola. Iniziava a vedere, a capire.
«Franklin venne a trovarmi in ospedale. Voleva riscuotere. La quantità di soldi che gli dovevo era e rimane imbarazzante. Fece un'offerta: mio fratello e mi avrebbe rimosso parte dei debiti. Non avrei mai potuto farlo, nemmeno con tutta la droga del mondo in corpo. Scappai dall'ospedale quella sera stessa. Prelevai mio fratello e cominciai a vagare per la città. Alycia mi aveva parlato di una festa in una villa, pensai che avrei potuto rubare qualcosa e filarmela. Volevo scappare in Messico.»
«La villa di cui parli era quella in cui ti ho vista la prima volta, giusto?». Rachel annuì.
«Non potevo fare altrimenti. Scappare ancora sarebbe stato stupido. Ho preferito consegnarmi a Franklin e nascondere Christian. Lui sarebbe stato al sicuro e io avrei espiato le mie colpe una volta per tutte. Ma non è andata così.». Calò un silenzio quasi irreale, interrotto solo dai singhiozzi della ragazza. Eliza la cullò dolcemente. Non le disse nulla, non c'era niente da dire. Quell'abbraccio in cui la stringeva parlava molto più di quanto avessero potuto fare le parole. Le sussurrava frasi di conforto e le prometteva una seconda possibilità, un'occasione di salvezza. Rachel inspirò ed espirò a pieni polmoni. Si nascose tra le sue ginocchia. Eliza continuava a carezzarle il capo. La ragazza si morse il labbro. La salvezza era lì e aveva un volto preciso.
«Trecento dollari. Costo trecento dollari.» sospirò. Eliza annuì, stringendola ancora di più. Le prese la mano e la fece alzare.
«Andiamo a casa.».

Angolo del disagio

Questo capitolo significa molto per me. Penso sia uno dei più personali che abbia scritto. Quante volte affondiamo nel fango e non siamo più in grado di concepirci al di fuori di esso? Quante volte rifiutiamo l'aiuto di chi ci vuole bene perché ci sentiamo inadeguati, inadatti a ricevere un po' di luce?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere con un commento, mi farebbe piacere leggere la vostra opinione ed esperienza.
Alla prossima!

Crying Over YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora