Vespe truccate (I)

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Un anno dopo

Al fianco di Marco il tempo vola come se fossimo saliti su una navicella spaziale e avessimo pigiato il tasto turbo. Protagonisti di troppi disastri, ma sempre uniti, superiamo le difficoltà del primo anno di liceo, l'approccio con il greco, il costante bisticciare con Battisti. E quando la navicella si ferma, il serbatoio di carburante vuoto, atterriamo sul pianeta della quinta ginnasio.

Grazie a un destino che all'anagrafe continua a chiamarsi Nicola Ulivieri, nessuno ha ancora spezzato il binomio. Per la disperazione di studenti e professori, io e Marco siamo di nuovo compagni di banco.

Per tutta l'estate ci siamo rintanati in tenda, in riva al lago o nel campo di grano dietro casa, per vedere le stelle con il telescopio. In quelle notti, sotto un cielo bucherellato da pepite d'oro, dal cartone del latte abbiamo bevuto sambuca o vodka alla pesca: il rischio di essere scoperti, la consapevolezza di custodire un segreto estraneo al resto del mondo.

Eternamente insieme.

Eternamente complici.

Da poche settimane, ci sono state due aggiunte al binomio: Pink e Floyd. Pink è una vespa, un cinquantino. Nonostante si chiami Pink, è nera.

«Un terribile controsenso» mi ripete Valentina ogni giorno.

Un terribile controsenso sarebbe stato chiamarla "Black"! Non è colpa mia, se il gruppo musicale che io e Marco ci spariamo ogni pomeriggio non si chiami "Black Floyd".

Floyd è un vespino azzurro e, per quanto sembri brutto dire che un motorino assomigli a un umano, veicolo e padrone hanno molte cose in comune: Marco è sempre senza soldi, Floyd sempre a secco.

«Ehi, binomio!»

Biagio Iachemet sventola la mano in un saluto e si catapulta sopra il nostro banco. Il mese scorso è morto il suo cane e sembra che il povero Husky, oltre a un pezzetto di cuore, si sia portato via anche il tanfo che il suo padroncino emanava.

«Si può sapere che hai da sbraitare?» gli chiedo, infastidita dalla foga con cui chiude il libro e mi impedisce di ripassare latino.

Lo stomaco di Marco si dispera con un brontolio. Nel giro di un anno si è alzato di dieci centimetri, ma la sua ignoranza resta immutata.

«A cuccia, Iachemet» bofonchia con uno sbadiglio ancora appiccicato alle labbra. «Non posso iniziare anche quest'anno con il piede sbagliato. Sarò uno studente modello, promessa di figlio a padre. Quindi come si fa una perifrastica, Nanà?»

Mi si stringe il cuore a dirgli che di perifrastiche in realtà non ce n'è solo una e che non troverà la salvezza sfogliando all'ultimo i miei vecchi appunti.

Per fortuna, Biagio veste oggi i panni del supereroe e alleggerisce il clima con un'ondata di entusiasmo travolgente:

«Lascia stare le perifrastiche! Avete sentito della festa in Val d'Ora?»

«Festa in Val d'Ora?» Marco lancia i miei appunti in aria. Gli è bastato sentire la parola "festa" per chiudere le perifrastiche nel cassetto della dimenticanza. «Vuoi dirmi che c'è una festa? Nanà, dobbiamo andarci. È lassativo

«Tassativo, Marco, si dice tassativo

Davanti a noi Nicola Ulivieri si lascia sfuggire un colpo di tosse per camuffare una risata.

«Che importanza fa, Nanà? Tassativo, lassativo. Dobbiamo assolutamente andarci!»

Apre il diario per scrivere luogo e ora, pronto ad appuntare il geniale piano che ci permetterà di approdare a una festa alla quale non siamo stati invitati.

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