Vespe truccate (III)

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Presentarsi a casa alle due di notte con il vomito nei capelli e la puzza di fumo sulla pelle mi fa guadagnare una proverbiale strigliata di orecchie. È la prima volta in cui vedo mio padre uscire di matto, una sfuriata con i controfiocchi che peggiora nettamente la situazione.

Marco non mi parla e nel weekend si rifiuta di rispondere ai messaggi.

E Valentina, scoperto il mio tradimento, gioca la carta del silenzio, mi toglie perfino il saluto.

Con lei è una crisi passeggera. Già in passato abbiamo litigato e so che il segreto è lasciarle il tempo di sbollire. Con Marco, invece...

Stesa sul letto, soffoco il viso nel cuscino e mi obbligo a pensare a Ivan, per non crollare nel baratro della tristezza.

Alla festa in Val d'Ora si è comportato come un supereroe, il protagonista perfetto di un romanzo ottocentesco, lui con quella bellezza elegante che su una scala da 1 a 10 lo porterebbe al punteggio pieno, con tanto di lode.

Per tutta la domenica mi costringo a seguire la scia di pensieri frivoli, ma è inutile, la mente galoppa da Marco, scalpita del bisogno di incontrare un suo sorriso, il "facciamo la pace" di due bambini troppo cresciuti.

Fosse così semplice!

Lunedì, ginnastica, corro sugli spalti, il professor Gala che tra un colpo di fischietto e l'altro ci strilla di sbrigarci:

«Forza, pigroni! Entusiasmo che sono già le otto di mattina.»

Mentalmente sostituisco un già con un solo e arranco qualche passo in modalità bradipo. Vorrei raggiungere Marco, lui che sfreccia come un campione di atletica, ma non ne ho le forze.

Lo stomaco vuoto, il terrore di rovinare ancora di più quel suolo sottile su cui ci muoviamo.

Mi evita e io non ho gambe abbastanza allenate per raggiungerlo, per elemosinare il suo perdono.

Negli esercizi a coppia, a pallavolo, ripiego su Biagio, mentre Marco opta per Stefano che per l'occasione sfoggia una maglietta con la stampa di Che Guevara.

«Passaggi! Venti passaggi, poi trenta bagher» ordina il professor Gala. «Animo, ragazzi!»

Inutile, ci provo, ma non riesco. La palla mi scivola dalle mani come se avessi dita di burro, i tiri sono fiacchi, gli occhi troppo presi a intercettare quelli di Marco per il silenzio di una scusa.

«C'è qualche problema, Adami?» mi chiede il professore.

Sotto la barba nera, nasconde un pizzico di premura, la perplessità di vedermi distante e smorta, io che in genere sono l'argento della vita.

«No, professor...»

«È solo una sporca traditrice. Ecco qual è il problema!»

Cala il gelo, un silenzio di piombo.

Le parole riecheggiano in testa, ne ho le orecchie così piene da sentirle scoppiare. Non può averlo detto. Non lui. Non davanti a tutti. Il pallone mi scivola di mano, quando trovo gli occhi di Marco su di me. Sono fuoco e ghiaccio, una furia cieca.

«Perché quella faccia, Nanà?» Rincara la dose. «Lo vogliamo dire a tutti che basta offrirti una birra per rimorchiarti, che... ma cavolo!»

Nicola Ulivieri ha ancora le braccia alzate. Il pallone è volato contro la testa di Marco, uno sbang nel momento dell'impatto. E quel colpo, per quanto indolore, rompe la sfera del binomio, l'illusione cui mi stavo aggrappando di poter rimediare a uno sbaglio.

«Che hai fatto, Ulivieri» gli chiede il professore.

Lui si spolvera le mani sulla maglia nera, come per pulirle dal delitto perfetto.

Binomio - 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora