Marco non c'è. Ha basket. Sono arrivata di corsa a casa sua, su Pink, scordando addirittura il casco, dimenticanza che a mio padre e ai vigili di Viacampo non piacerebbe.Piove e ho i capelli che grondano acqua. Goccioloni scivolano tra le ciocche lisce e cadono sul pavimento della cucina, creando delle piccole pozze sulle piastrelle.
Rita arriva da me con un asciugamano e mi studia. Cerca di capire quale motivo mi abbia spinta a precipitarmi a casa Zuccato sotto il temporale. Si stupisce che mi sia scordata dell'allenamento di basket. Conosco gli orari di suo figlio a memoria, però oggi ho rimosso la lezione di Marco con Valter e la squadra.
«Aspettalo qui» mi dice Rita.
Mi guarda con dolcezza, come una madre guarda una figlia. Capisce che è arrivato l'attimo, l'istante in cui il cuore di una ragazza batte a mille al pensiero di un lui. Capisce anche che quel vortice di sentimenti è per Marco.
«Glielo dici poi, va bene?»
Annuisco, mentre mi mordo il labbro e sento un fiume di parole battere contro le labbra. Vorrei spifferarle tutto, dirle come stanno le cose, chiederle quali frasi usare, domandarle se andrà bene, se secondo lei Marco ne sarà felice.
«Stai tranquilla, Nina» mi dice. «Va' nella sua stanza e non ti preoccupare, che Marco ti vuole bene davvero.»
Quando arrivo in camera da letto, i movimenti cigolanti di un robot, studio la parete sopra la scrivania, un paio di foto attaccate al muro con puntine da disegno, tra i poster degli AC/DC.
Rita ha ragione: Marco mi vuole bene e io non posso più tirarmi indietro. Ma quando sento il cancello aprirsi, mi rimangio i buoni propositi, cerco una scusa, un film o il dizionario di greco da prendere in prestito.
«Ehi, mamma ha detto che mi volevi parlare!»
Marco entra nella stanza e butta il borsone sul letto, si siede e si toglie le All Star. Grazie, Rita, hai appena distrutto il piano del film e del dizionario di greco, sbarrato ogni via di fuga e di ripensamento.
Annuisco, trattenendo il respiro, i battiti del cuore che assumono velocità, un rullo di tamburi sempre più serrato che mi farà morire di infarto.
«Stavo pensando» dico ad alta voce. Perché non mi sono preparata un discorso scritto? «Potremmo uscire dopodomani, no?»
Marco alza le spalle e mugugna un "sì", ben lontano dal capire le mie intenzioni. Lo stomaco borbotta per l'agitazione.
«In un altro modo» provo a spiegargli. Lui non mi guarda, attento a togliersi le scarpe, a buttarle sotto al letto e a svuotare la borsa di basket, una procedura che svolge dopo ogni allenamento. «Potremmo andare a bere qualcosa e poi uscire per cena. Noi due.»
Da soli, aggiungo nella mia mente. Ho il sospetto che non mi stia ascoltando, che una parte di lui abbia capito lo scopo del discorso e che si stia rifiutando di darmi retta, perché non gli piaccio in quel senso.
«Ma certo. Si può fare.»
Lo dice come se gli avessi proposto di accendere la televisione e di guardare Dragonball o di andare in cucina da Rita e farci un tè. Prendo un grande respiro:
«Però, potremmo andare in un posto nuovo. Non il solito Yeti. Fare qualcosa di speciale. Noi due».
Ripeto quel "noi due" e sento che ora potrei dire anche "da soli", senza rischiare di morire sul tappeto a righe, davanti a letto. Ma le parole vengono bloccate: i nostri cellulari suonano all'unisono e mi basta leggere il mittente per capire che i messaggi provengono dalla stessa persona: Celeste.
STAI LEGGENDO
Binomio - 1
أدب المراهقين[Teen fiction / Slice of life] Quando Nina varca la soglia del suo liceo, non sa ancora che finirà in banco con Marco Zuccato e che tra di loro nascerà una sintonia istantanea. Vittime della matematica e di un professore dispotico, si auto-definir...