Jolie - Pitt (II)

54 16 38
                                    

Ci sono occorrenze che non si possono scordare e sono sicura che quella di oggi, 9 luglio 2016, mondiali di calcio, passerà alla storia. In radio non si sente canzone che non siano Love Generation o Hips Don't Lie, per le strade sventolano le bandiere della nazionale, è la finale: Italia contro Francia.

Io, Marco, Biagio, Stefano e Yuri siamo seduti a un tavolino nella gelateria più famosa del paese e, per una volta, davanti a noi non c'è un vassoio colmo di birre, ma un set di coppe piene di palline gusti crema.

In situazioni normali, Yuri avrebbe corretto la sua con un goccio di rum, ma in questo istante gli occhi di tutti noi sono fissi sul maxischermo appeso alla parete. Un gruppo che tifa Francia impreca sottovoce, tira insulti a Fabio Grosso perché sbagli l'ultimo rigore.

«È goal!» Marco scatta in piedi e la sedia cade a terra. «Goal! Goal! Goal!» urla, menando i pugni in aria.

«Goal!» grida Biagio.

Tutti si abbracciano e sventolano le mani al vento. Molti ordinano da bere per festeggiare. I ragazzi francesi hanno la decenza di fuggire prima di essere investiti dal traffico dei tifosi.

In strada gli autisti suonano i clacson, alcuni bimbi scoppiano i petardi e alla fine, quando in tv danno il replay dell'ultima azione, la proprietaria della gelateria mette Love Generation a tutto volume. Saltiamo abbracciandoci e ridendo, ubriachi pur non avendo bevuto, ma vinti da un'ebbrezza naturale che è la gioia di avere vinto.

«Campioni del mondo!» grida Biagio.

Ho il fiatone, il cuore che batte a mille per i troppi salti, i capelli appiccicati alla faccia un po' per il caldo, un po' per l'ansia.

«Campioni del mondo!» fa eco Yuri.

«Festeggiamo!» Marco sale in piedi su un tavolo. «È la nostra nottata. Ci vuole una cazzata!»

Yuri e Biagio gli saltano addosso, arrampicandosi sulle sedie in una piramide umana. Gli tirano pacche sulla schiena, lo disarcionano dal trono e, sollevandolo alla maniera di un cantante famoso, spintonano la gente per uscire dalla gelateria.

Io e Stefano restiamo a guardarci con il sopracciglio alzato.

«Sono impazziti» proclamo.

«Vogliono una cazzata?» chiede lui, una strana luce negli occhi, lo stesso scintillio di quando in classe litiga con Anatolia. «E noi gliene confezioniamo una con i fiocchi, Nina.»

Non arrivo a chiedergli che ha in mente, che un suono di clacson giunge dalla strada. Mio cugino, Donatello e l'immancabile Tiziano sono alla guida di un trattore la cui carrozzeria è stata abilmente verniciata di verde, rosso e bianco. Tiziano tiene il volante, mentre gli altri due sono avvinghiati al cofano per non cadere. Cantano l'inno d'Italia a tutta voce e procedono ai venti all'ora.

«Cugina!»

Simone mi chiama ridendo, salta giù dal cofano e mi abbraccia, o meglio... mi stritola in una presa da cobra, le ossa che scricchiolano, i polmoni che esplodono contro la cassa toracica.

«Lasciala o l'ammazzerai.»

L'inconfondibile voce di Ivan mi toglie il respiro più delle spire di Simone. Incrocio il suo sguardo, chiedendomi come abbia fatto a non notarlo prima. È seduto assieme a Cristoforo Colombi Faccia-Verde, nel carrello a rimorchio attaccato al gancio del trattore.

«Buonasera, Nina» mi saluta.

Mesi e mesi di lontananza lo hanno convinto a tornare alle formalità da sconosciuti. Accenno un saluto con il capo, un lieve imbarazzo perché è la prima volta in cui lo rivedo dopo quella notte al casale, dopo la foto nel libro di Wittgenstein e soprattutto... dopo che ho rifiutato suo fratello.

Binomio - 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora