Bacio di Giuda (I)

59 15 32
                                    


Quando torniamo a Viacampo, dopo qualche sorso di birra e una sgommata in vespa, siamo talmente euforici che ci sembra di avere fatto venti giri sulle montagne russe.

Nei giorni successivi ci illudiamo di vivere in un cielo senza nuvole. Appena un problema fa capolino all'orizzonte, nascondiamo la testa sotto la sabbia, come gli struzzi; fingiamo che nulla possa più ferirci. È come se le disgrazie avessero una gigantesca ruota indistruttibile. Prima o poi tutti ne finiscono travolti, ma io e Marco no, non in questi giorni.

Insieme riusciamo a scappare, a correre su un marciapiede troppo alto per essere investiti. E così guardiamo Yuri e Valentina disperarsi, la maturità a pochi giorni di distanza, e ci godiamo la nostra libertà spensierata.

Finché mia madre non decide di intervenire. Un cazzotto secco alla ruota delle disgrazie, ed è proprio la sottoscritta, Nina Adami, a trovarsi al tappeto, k.o.

«Nina? Non penserai che ti lasci bighellonare per tutta l'estate su quel motorino? Non credere che le casse di casa finiscano in rosso per colpa dei tuoi capricci. C'è bisogno di responsabilità!»

"Responsabilità, signorina" le fa eco il grillo, prendendomi in giro.

Il maledetto lepidottero passa i turni di lavoro a deridermi. Già, sono stata inchiodata dietro il banco di una gelateria, davanti a un miliardo di vaschette alla crema, senza poterne assaggiare nemmeno un cucchiaino.

Mia madre lo chiama "lavoro". Io la chiamo "tragedia".

Il primo giorno è una catastrofe: deve esistere una complicata legge di fisica per cui, nel momento in cui apponi la seconda pallina sul cono, la prima cade rovinosamente a terra. Sono impedita, al punto da supplicare gli adulti di prendere le coppette.

"Imbranata, sei un'imbranata, Nina!" continua a impicciarsi il grillo, saltellando da un cono a una crosta rivestita di cioccolato.

È proprio in quel momento che Marco si presenta alla cassa, cinque minuti prima che finisca il turno, un sorriso da Stregatto dispettoso scolpito in faccia:

«Ma come ti sta bene quel cappellino bianco, Nanà! Allora, io voglio un cono quattro gusti. Stracciatella, nocciola, cioccolato e bacio.»

Senza controbattere, prendo una coppetta da due gusti e la riempio di nocciola e cioccolato.

«Ma Nanà!» protesta, quando gli passo la coppetta con tanto di paletta rosa. «Non è quello che ti ho chiesto!»

«Lo faccio per il tuo bene» mento, mentre lancio il cappellino alla collega e mi preparo ad andarmene. «La stracciatella alza il colesterolo e il bacio ti farà ingrassare. E poi non te l'ha detto tua madre che non si mangia il cono prima di cena? Rovina l'appetito!»

Marco non placa le lamentele. Camminiamo verso il centro di Viacampo e non fa che borbottare: nei libri di anatomia non c'è scritto che la stracciatella fa male al colesterolo. Poi si blocca. È come se un attacco di amnesia avesse cancellato il dibattito culinario, come se non fosse mai esistito.

Siamo arrivati al lago. Uno specchio d'acqua cristallino ci fissa, ormai complice di tutte le bravate che il binomio ha condiviso, tra i ciottoli rotondi e le fronde dei salici che il vento della sera scosta in una tenda di liane verdi.

«Giro in pedalò?» propone Marco, le pupille inchiodate a un filo di spuma bianca a ridosso degli scogli.

Un brivido cancella l'euforia di poco prima. E per un attimo ho l'impressione che la ruota delle disgrazie mi abbia puntata, che in mezzo alla sua traiettoria ci sia ancora per una volta, l'ennesima, io.

Binomio - 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora