Double Decker (II)

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Appena mi ritrovo a Viacampo, fronteggio un terribile mostro con il quale non credevo di dovere fare i conti: la solitudine. Prima di Marco ero già stata sola, ma conoscerlo mi ha sradicata dallo stato di pace nel quale dondolavo, mi ha fatto incontrare il lato oscuro della vita, il disordine, il trambusto, l'eccitazione, il rischio. Un viaggio di sola andata per un nuovo mondo, del quale non posso più fare a meno.

Senza di lui, la tranquillità diventa noia, la solitudine un male dell'anima che mi toglie il sonno. Odio il silenzio. Smanio di sentire una voce amichevole che non sia quella dei miei genitori.

Così quando il telefono squilla e Yuri mi saluta, sento le ginocchia cedere e il pianto punzecchiare la gola.

«Viene fuori che la mia band fa schifo» si lamenta nell'altoparlante. «Non io, sia chiaro, ma questo tu lo sai già. Così faccio dei provini per cercare un batterista e uno che spacchi con il basso. Allo Yeti. Perché non fai un salto oggi pomeriggio?»

Marco è partito da tre giorni e da quella fatidica data, 21 giugno 2005, non ho più sentito anima viva. E così la telefonata di Yuri è il classico salvagente che ti mantiene a galla quando stai per affondare.

Quando arrivo allo Yeti, i provini devono ancora iniziare e nel locale, oltre ad Alex, il cameriere con i pantaloni troppo bassi e le mutande troppo in vista, ci saranno sì e no dieci persone. Yuri è seduto al solito tavolo, chitarra sulle gambe, foglio con i nomi dei candidati sopra le targhette pro-alcol.

«Credevo non saresti più tornata da queste parti» mi dice. «Ieri Biagio ha addirittura pensato che ti fossi nascosta nella valigia di Marco e fossi fuggita con lui.»

Alzo le spalle e mi accomodo al suo stesso tavolo. Senza rispondergli, scorro i nomi dei candidati sulla lista.

«Sono tanti. Di questo passo, ne avrai da fare per giorni interi.»

Yuri piega le labbra in una smorfia di soddisfazione e orgoglio.

«Chi non bramerebbe di far parte della band del grande Yuri Conte?» Pizzica le corde in un paio di accordi, ferma le dita quando gli passa per la testa un pensiero presumibilmente importante. «A proposito!» Appoggia la sua amata chitarra sul pavimento di piastrelle e fa cenno ad Alex di portarci due birre. «Qui bisogna festeggiare. Non sai cosa combina quel cane del vostro amico.»

Non sento Biagio dalla notte prima della partenza di Marco. Per quanto Biagio Iachemet abbia un talento naturale a cacciarsi nei guai, soprattutto se di sesso femminile, dubito possa avere combinato un danno così eclatante.

«Biagio Iachemet non è più sul mercato» dice Yuri.

Non degna il vassoio di birre di un solo sguardo e studia invece ogni espressione del mio viso, gustando le smorfie di smarrimento che sto esibendo:

Biagio Iachemet non si impegna;

Biagio Iachemet ha addirittura imparato la parola poligamia solo per non ritrovarsi con un'unica ragazza;

Biagio Iachemet è come dice Marco un cazzone e un cazzone non entra in una relazione stabile. Almeno che io non abbia equivocato le parole di Yuri.

«Niente incomprensioni, Adami» sghignazza lui. «È stato preso, catturato con tanto di rete dell'accalappiacani e museruola. Andato. Già con un piede nella fossa. Temo sia tardi per salvarlo.»

Scuoto velocemente la testa per cacciare l'immagine di Biagio all'altare con una tipa di cui non riesco a vedere il viso, perché nascosto dal velo da sposa.

«Ma con chi?» gli chiedo.

Biagio non ha mai detto di avere una simpatia particolare per una ragazza, né di essere innamorato.

Binomio - 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora