Rimuginare troppo su un concetto rischia di portarti alla pazzia, se hai la coscienza sporca di vergogna. Acciambellata sotto il lenzuolo a coccinelle, ripeto all'infinito la sequenza di gesti che si sono susseguiti nel bagno dello Yeti: Ivan che mi insegue, io che mi siedo sulle sue ginocchia, le nostre bocche che si sfiorano.
Sono ricordi al cardiopalma, condannano il cuore ad attacchi di tachicardia così intensi che le guance diventano fiamme e un sudore di febbre mi serpeggia a filo epidermide. Non è influenza, ma una malattia di imbarazzo che mi impedisce di andare allo Yeti per incontrare il mio demone personale: Ivan.
Mi servono tre giorni per indossare un'armatura di coraggio e marciare oltre il mostro delle nevi, giù per i gradini a "L" e dentro, tra i tavolini ricoperti da sottobicchieri inumiditi di birra.
Ivan è di parola: mi aspetta alla stessa ora e allo stesso tavolo. Il leggero sussulto del suo mento mi fa capire che non ha mai mancato un appuntamento e che il timore di una mia fuga aveva iniziato a diffondersi tra gli ingranaggi del cervello.
Quando gli arrivo di fronte, esito a sedermi davanti a lui, sul solito sgabello imbottito di grigio, ma il suo sorriso è talmente gentile da emanare raggi che sciolgono ogni preoccupazione: non è cambiato niente, non devo avere paura, ci sono moltissimi argomenti che possiamo scandagliare, senza il rischio di ferirci.
Libri, filosofia, felicità.
«Iniziavo a temere non saresti più venuta» ammette.
«Scusa, non sono stata tanto bene.» Una mezza verità. «Deve essere stato un colpo di sole.»
Devi essere stato tu.
Decide di non smascherare la bugia e mantiene il tono pacato per tutta la conversazione, le parole di entrambi usate con cautela per non rompere il filo di tensione sul quale ci destreggiamo.
«Ti chiedo ancora scusa per non aver saputo gestire la situazione» mi dice, quando da folle suicida gli chiedo di ricostruire la dinamica di quel 7 luglio. «Ho pensato che il tuo Marco era a Londra, alla metropolitana, e d'istinto ho chiesto a Nicola di informarsi.»
«Non si sopportano molto, loro due» confesso. In più di un'occasione, Marco lo ha preso in giro. Chiamo sempre Nicola Sapientino, ma lo faccio con affetto e anche con un pizzico di stima per la media stellare dei suoi voti.
Marco invece...
Osservo un quadro con le miniature di alcune birre e immagino il suo volto materializzarsi sulla carta, storcere la bocca in un ghigno disgustato: lascia stare quel figo alternativo di Nicola Ulivieri, Nanà!
È la voce di Ivan a cancellare la sua smorfia dispettosa da sotto il vetro della cornice.
«Infatti non era molto propenso a cercare il numero di casa sulle Pagine Bianche e a contattare suo padre» mi dice. Accosta il boccale di birra alla bocca e spegne quell'immagine, per lui divertente, con un goccio di bollicine e luppolo. «Ma quando ha avuto le informazioni e ha saputo che eri qui, ha insistito per venire di persona.»
Questa volta sono io a rubargli la birra e a prenderne un sorso. Lo faccio per la necessità di spegnere una scintilla di imbarazzo. Sapere che Nicola ha mosso mari e monti solo per me mi mette a disagio.
«Non lo conosci, Nina» dice Ivan. Deve smetterla di usare le sue doti da filosofo magico per rubarmi i pensieri! «Nicola è lento ad aprirsi, ma quando intravede un collegamento con una persona, fa di tutto per renderla felice.»
Con questa affermazione, chiude il discorso e mi lascia con un capitolo di domande irrisolte. Mi chiedo se sono io la persona con cui Nicola ha sentito questo collegamento, se sia nato un legame per l'amore in comune per la lettura, o per una scintilla che, troppo distratta dal binomio, non sono riuscita a scorgere.
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Binomio - 1
Teen Fiction[Teen fiction / Slice of life] Quando Nina varca la soglia del suo liceo, non sa ancora che finirà in banco con Marco Zuccato e che tra di loro nascerà una sintonia istantanea. Vittime della matematica e di un professore dispotico, si auto-definir...