Nella vecchia fattoria (II)

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Quando mi sveglio, non ricordo nemmeno di essermi addormentata. Sono sul covone di fieno e sarei sola, se non ci fossero dieci conigli albini accovacciati attorno a me. Mi alzo sui gomiti e vedo che le loro gabbiette sono aperte. Un ubriaco – sicuramente un hippy, pacifista e animalista – deve essersi divertito a liberarli mentre dormivo, oppure mentre io e Ivan...

«Ivan?»

Sussurro il suo nome, ma non ottengo risposta. Se ne è andato e ne sono contenta. Non vederlo rende tutto più semplice.

Se non fosse per il sapore del Montenegro in bocca, giurerei che i baci di qualche ora prima siano frutto della mia immaginazione. Invece le papille gustative assaporano l'amaro, mescolato al gusto nauseante della vodka.

«Lo sai, Nina, che appartarsi con un tizio di quattro anni più grande è un modo perfetto per perdere la verginità?»

Per lo spavento non ho il tempo di arrossire.

«Stefano!»

Se ne sta seduto per terra, immerso nel buio e davanti alla gabbia del caprone, cercando di ottenere un ultimo tiro dal mozzicone mezzo spento di una canna. Alla fine si rassegna e lo butta in una zolla di terra morbida.

«Io... io...»

Balbetto, mentre avanza verso di me e batte le mani per spaventare i conigli. Ne afferra uno per le orecchie e lo chiude nella gabbietta.

«Andiamo, Nina» dice Stefano con un sospiro stanco. «Premettendo che non me ne frega proprio niente, Ivan ha voluto sottolineare circa mille volte di essersi fermato prima.»

«Lo so» dico subito.

So di essere ancora vergine, intendo. Per quanto fossi ubriaca, non avrei permesso che succedesse qui, su una palla di fieno e sotto lo sguardo di un caprone con due genitali che mi stupisco Yuri non abbia ancora commentato...

«Yuri!»

Mi sono completamente dimenticata di lui! Anzi, in realtà è stato lui a dimenticarsi completamente di me. E forse ora se ne è andato a casa, senza ricordarsi che non so la strada e non ho nemmeno Pink.

Stefano sospira, devastato dai fiumi di birra artigianale.

«Yuri non si è accorto di niente» mi rassicura, mentre si passa una mano sul viso per svegliarsi. «Sta provando la macchina della birra. Se potessi portartelo via... sono le tre passate e devo sgomberare, liberarmi di un po' di scocciature.»

Sta forse dicendo che io e Yuri siamo una scocciatura? Nessuno gli ha chiesto di spiarmi mentre dormivo, né di cacciare i conigli. Avrei potuto benissimo farlo da sola.

L'intelligente Stefano deve fiutare il mio sdegno. Mi porge una mano in segno di pace e mi aiuta ad alzarmi, a ritrovare Yuri e a staccarlo dalla macchinetta della birra che tanto l'attrae.

Torno a casa che sono le tre e mezza e per una volta il grande Dio sembra avere calato un asso in mio favore. Mamma e papà dormono come due sassi e non si accorgono di nulla.

Che nottata! Domani dovrò telefonare a Valentina e raccontarle che è successo con Ivan. E poi dovrò dirle anche di Marco. Marco. Il solo nome fa ribollire la bile, scurisce la faccia di un verde rabbia immotivato: mi aspettavo forse qualcosa dopo il saluto con la Brooklyn?

Assolutamente no.

«Mi aspettavo che fosse sincero.»

È questo che mi infastidisce. Io, unico altro membro del binomio, ho dovuto saperlo da Yuri, che appena lo conosce. Se l'ha potuto dire a lui, perché non a me? Certo, non gli ho parlato della mia cotta per Ivan.

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