Mastice, pezza, gesso (II)

71 18 83
                                    




Presente la famosissima battuta di Igor in Frankenstein Junior? Quella che recita mentre scava di notte in un cimitero per recuperare una bara? "Potrebbe essere peggio!" E come? "Potrebbe piovere". Nel mio caso, nevica.

Il giorno del rientro a scuola, mi risveglio circondata da fiocchi giganteschi e da un metro scarso di neve che riveste i marciapiedi e già so che al primo passo scivolerò su una patina di ghiaccio come Bambi nell'omonimo cartone della Disney, quando tenta di pattinare e si ritrova sedere all'aria.

Mia mamma mi dà uno strappo fino alla rotonda, ma poi, colpa del gatto delle nevi mal funzionante, è costretta a farmi arrancare per duecento metri verso il cancello dell'Istituto.

Neve a febbraio, ve ne rendete conto? Metteteci mia madre che canta La nevicata del '56 di Mia Martini, il naso che sta congelando e la gamba che pesa più del sacco della Befana, vi chiederete... che ho fatto di male nella mia vita?

«Tesoro, non fare la melodrammatica. Sono pochi metri!» Ma lo zaino è ingombrante! «Appena sarai nel cortile della scuola, troverai qualcuno che ti aiuta!» Marco, dove sei? «Non farmi gli occhioni da cucciolo. Te l'ho detto che a forza di andare con il motorino ti saresti fatta male!»

«Vespa, mamma, Pink è una vespa!» Lei, Panda buttata sul marciapiede con le quattro frecce attivate, si lascia cadere sul clacson colta dalla disperazione. «E comunque, mamma, la gamba me la sono rotta cadendo dalla trave, non sul motorino

Incapace di sedare l'ultima protesta, alza il finestrino opacizzato dalla condensa e con un acuto cantato, abbandona la povera figliola a bordo strada. Nel momento in cui preme l'acceleratore, alza un manto di neve che mi ricopre da testa a piedi, trasformandomi in un pupazzo umano.

Rassegnata al mio dovere, scuoto la criniera nella mossa del cane bagnato, i capelli umidicci scuriti per colpa di quei grandi fiocchi che scendono dal cielo.

«Ti prenderai un malanno ancora prima di tornare a scuola» dice una voce alle mie spalle.

Mi giro per attribuirle un nome, ma come da previsione, la stampella scivola sul sostrato di ghiaccio, il gesso mi sbilancia di lato e devo sfruttare il lampione per non schiantarmi a terra. Il lampione e Nicola, fonte della misteriosa voce, colui che con compostezza mi ha agguantata da sotto le ascelle e mi sta rimettendo dritta.

«Ci mancherebbe solo l'ombrello a incasinarmi la vita.»

Nicola, intabarrato in un giaccone nero che lo fa sembrare l'omino della Michelin versione scura, abbozza un sorriso, evento più unico che raro, nonché motivo dell'inattesa tormenta di neve.

«Ti aiuto, dammi lo zaino.»

È sorprendentemente gentile, in maniera esplicita rispetto al suo solito muso da secchione tormentato. Mi copre con l'ombrello e si butta l'Eastpak in spalla, allunga una mano per prendermi se la stampella mi dovesse tradire.

«C'è una cosa che non ti ho detto» sussurra. Esita, in leggero imbarazzo, quasi le sue labbra stessero trattenendo un segreto di stato, uno che potrebbe causare un terzo conflitto mondiale. «Mi spiace per l'incidente alla gamba.»

Improvvisamente realizzo che è stato uno dei pochi a non scrivermi un messaggio di "condoglianze". Leggere nelle sue palpebre abbassate un pizzico di colpa per non averlo fatto cancella il gelo di questo freddo febbraio.

«Non fa niente!» sdrammatizzo. E adesso, nonostante la stampella di mezzo, sono io a prenderlo sottobraccio, in cerca di un modo per velocizzare i passi e non mancare la prima ora. «Sul serio, non serviva. Mi hai già aiutata troppo trattando male Marco e non ti ho nemmeno detto grazie.»

Binomio - 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora