Il ballo degli scarafaggi (I)

65 17 46
                                    


Io e Nicola siamo l'ultimo gruppo della classe a esporre la ricerca che Sinistri ci ha appioppato sull'efficacia governativa delle donne. A termine discussione ripariamo ai nostri posti nella fila al centro, banco davanti e dietro, i fiati trattenuti, mentre l'insegnante riflette sui voti da affibbiarci, a quale coppia concedere la palma del premio più alto: il nove.

Accanto a me, Marco batte la Bic sul banco per convincermi a fare in fretta: ha appena iniziato una gara a tris e, finché non disegnerò un tondo, la partita sarà bloccata. Non gli importa seguire il resto della lezione, perché lui e Anatolia sono fuori dai giochi.

Sinistri ha da sempre il malsano vizio di riferirci i voti dal più basso al più alto e la coppia formata dai cugini Zuccato è appena uscita di scena con un soddisfacente sette. Anatolia, il viso cupo per quel numero che le abbassa la media, divora con morsi da roditore il gommino della matita, saetta Stefano con l'intenzione di trasformarlo in un barbecue umano.

Le ultime coppie in competizione sono proprio la sua e la mia.

«D'accordo» bofonchia Sinistri, scrive i voti sul registro e lo chiude con uno scatto. «So che c'è molta ansia e mi spiace avervi tenuti con il fiato in sospeso.»

Stefano, un maestro di arte zen, si stiracchia sul banco, ne tasta la superficie per assicurarsi che sia un cuscino comodo:

«Prof, a me basta il sei!»

«A me anche il sei meno!» gli dà manforte Biagio, suo compagno di team.

Per me e Nicola perfino un pareggio avrebbe il retrogusto amaro della sconfitta. Fatichiamo ad ammorbidire le espressioni terrorizzate, rivoli di sudore che costeggiano guance e mento per colpa dell'angoscia e del riscaldamento sparato a mille. Nessuno dei nostri compagni ha investito tante energie in questo progetto, nessuno lo ha cullato con amore, accarezzato come una piccola creatura appena venuta al mondo. Il gruppo di Rocco dal maglioncino fluo ha addirittura scarabocchiato quattro righe copiate dalla Treccani su una carta unticcia del formaggio.

Io e Nicola, invece, abbiamo scandagliato ogni dettaglio, impreziosito l'elaborato di aneddoti e perle di saggezze, lo abbiamo decorato con una perfetta impostazione grafica e una rilegatura da professionisti. Ci siamo messi in gioco sputando sangue e sudore e abbiamo scoperto che la somma delle nostre menti è un razzo carico di carburante, talmente potente da bucare i confini dell'universo.

«Prof, Nanà sta morendo!» esclama Marco con la delicatezza di un elefante in una cristalleria di vetro. «Le dia un voto alto così nel weekend festeggiamo!»

La classe ride che è il solito scemo.

«Sono io a scegliere i voti, Marco» lo rimprovera Sinistri, tutta l'aria di chi vorrebbe mandarci al diavolo per fumarsi una sigaretta. «E non dispenso nove solo perché me lo dice un ragazzino che non sa controllare gli ormon...» Anatolia copre la lettera finale con un colpo di tosse. «Va beh, se do un nove a Nina e Nicola, è perché se lo sono meritati, hanno fatto il lavoro migliore della classe.»

Ha sganciato la bomba quando meno ce lo aspettavamo. L'ordigno esplode in un cielo di arcobaleni, unicorni ubriachi e caramelle a stella cadente. Sorrido come una scema, l'istinto di saltare in piedi e strillare fino a svuotare i polmoni, se non fosse per le stampelle. Nicola mi stringe la mano per congratularsi, mentre Marco sbraita che è tutto merito mio, e Stefano constata che il banco non è un cuscino comodo.

«Che paranoie si fa, prof?» sbadiglia, quando si ritrova con un otto e mezzo. «A me bastava un sei.»

Per il resto della mattinata Marco esulta per il mio nove, come se fosse stato lui a ottenerlo, un sentimento che non mi sorprende, visto che in quanto binomio siamo abituati a gioire per un successo dell'altro, ancora più di un nostro.

«E poi, Nanà! Finalmente abbiamo chiuso con Nicola Ulivieri» borbotta, in fila per un tè freddo alle macchinette. «Ma sai quanti pomeriggi e serate ci siamo rovinati per colpa sua?»

Gli verrà il naso da Pinocchio a furia di mentire: nonostante Nicola, non abbiamo mai rinunciato al divertimento!

Quando ripariamo in classe per l'ora di greco, Marco inizia a tessere una bellissima orazione nella quale elenca i progetti del binomio.

«È un idiota» sentenzia Nicola sottovoce.

Marco, alla lavagna, scambia l'infinito del verbo essere per un plurale di prima declinazione.

«Non è un idiota» lo difendo. Lo guardo imitare una scimmia, mentre la Lorenzi minaccia di linciarlo con i tomi di greco. «Va bene, solo un poco.»

Nicola resta girato con un gomito sul banco. Non si preoccupa né della Lorenzi, né dei nostri compagni che in silenzio religioso sgranocchiano qualche snack e assistono alle pagliacciate di Marco alla lavagna.

«Alla fine ce l'abbiamo fatta a prendere il voto più alto» mi dice.

Il solo ricordo mi allunga un sorriso da orecchio a orecchio. È sufficiente che Nicola rovisti nello zaino per spegnerlo in una smorfia di curiosità.

«Per te» esclama. Ha in mano una Moleskine rossa, un quadernetto tascabile ancora avvolto nel cellophane e attorniato da un intenso profumo di cartoleria.

Quando resto a bocca aperta, Nicola appoggia la Moleskine sull'eserciziario di greco e io sono un lampo a nasconderla sottobanco, perché questo piccolo regalo potrebbe sembrare cordiale, ma il grillo frulla l'idea che sia sbagliato:

Che bambina cattiva, Nanà! Hai atteso che Marco si allontanasse e adesso sei qui a sussurrare con Nicola, come se steste recitando Romeo e Giulietta, invischiati in troppi intrighi di corte.

Mordicchio il labbro per reprimere una scintilla di colpa e mi dico che Nicola è stato solo carino e che del resto anch'io ho pensato di concludere la tesina con un gesto di gentilezza. Rovisto tra i quaderni spiegazzati e con le labbra che tremano di paura gli allungo la Moleskine.

Blu, avvolta nel nylon, comprata ieri pomeriggio, subito dopo avere lasciato casa Ulivieri.

«Te ne ho presa una anch'io» rivelo. Il suo viso è un fulmine di stupore. Sotto il maglione grigio e la Polo della Lacoste, ha il respiro paralizzato; io, nelle viscere, un incendio indomabile di vergogna. «Mi sembrava il minimo dopo avere rovistato nei tuoi pensieri. Sono stata una vera maleducata.»

Gli occhi di Nicola sono così dilatati che potrebbero schizzare fuori dalle orbite e ridurre in frantumi lenti e montatura. Accetta la Moleskine con una smorfia di imbarazzo scolpita in viso, il flash di un'emozione felice, spento dalle strilla della Lorenzi.

«Tre! Questa volta, Zuccato, è decisamente un tre!»

Il dizionario battuto sulla cattedra a ritmo di tamburo testimonia che: a) la Lorenzi sarebbe stata una perfetta frontwoman in una rock band; b) al caro Massimo non basterà prenotare un colloquio per risollevare la media di greco del figlio.

Marco si inchina, fiero di avere allietato la classe con uno spettacolo da buffone, zero interesse per quel tre che imbratta il registro, nessuna preoccupazione perché è bastato il mio nove ad alzare la media del binomio.

«Alla prossima ricerca?» mi chiede Nicola, prima che il diavoletto di classe si fiondi come un uragano a marcare il terreno.

Mentre si gira, la Moleskine blu mimetizzata tra i libri, devo ammettere che questa esperienza, nata con troppi pregiudizi sul più piccolo degli Ulivieri, mi ha riempita di soddisfazioni.

«Alla prossima ricerca» gli sussurro.

Se il destino lo vorrà e se Marco lo saprà accettare.

Binomio - 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora