Bacio di Giuda (II)

81 15 36
                                    


Stefano ha ragione: in questi anni non ho mai trovato un attimo in cui fermarmi, per guardarmi allo specchio, una lastra di vetro dove riflettere i miei sentimenti; sintonizzare cuore e pensieri; ragionare su Marco, Stefano, Celeste.

Sapevamo tutti che sarebbe successo, che prima o poi qualcuno si sarebbe infilato nel binomio. Credermi innamorata di Marco semplificava il processo. Saremmo stati comunque noi – come amanti e non come amici.

Adesso, invece, rischia di esserci Celeste. La piccola, dolce Celeste. La ragazzina che ho scoperto e introdotto nel gruppo, pur conoscendo la sua simpatia per Marco.

Fuori dal giardino di casa, sulla stradina che porta alla chiesetta del quartiere, cammino sulla linea bianca che delimita la carreggiata. Un passo dopo l'altro, in fila, in equilibrio. Mi dico che se oscillerò a destra, tacerò; se cadrò a sinistra, chiamerò Marco. Ma la linea è troppo larga e anche un bambino di cinque anni riuscirebbe a camminare dritto.

«Hai uno strano modo di passare le vacanze estive, Nina.»

E come da copione, lui ha sempre il brutto vizio di comparire al momento meno opportuno! Ormai è un'abitudine venire sorpresa da Nicola in situazioni stupide.

«Torni dalla spesa come al tuo solito?» gli chiedo di rimando.

Nicola oscilla la borsa di plastica per confermare.

«Almeno questa volta non ci incontriamo in chiesa» sottolinea con una sicurezza che non gli appartiene.

Giro sulle punte per guardarlo in faccia. È da una settimana che non lo vedo, sette giorni che hanno portato novità nel binomio, e forse Nicola ha notato qualcosa di strano in me. Ha in dono degli occhiali magici. Da sempre gli basta scrutarmi per leggere le emozioni che mi aggrovigliano i pensieri.

«E questa volta non sono ubriaca o piangente» rido.

Mi accorgo che l'ho fissato troppo a lungo senza dire niente. Quand'è che è diventato così alto? E quand'è che le spalle si sono fatte così ampie e il viso così maturo?

«Allora come intendi passare l'estate?» gli chiedo. «Viaggi? Corsi estivi? Libri? Videogames

«Non ho granché in programma» ammette.

«Nemmeno io» riconosco. Realizzo all'istante che Marco non ha progettato la mia estate punto per punto. E anche Nicola lo realizza.

«Lo zuccone è a corto di idee?» Non immagina quanto questo scherzo possa essere vicino alla realtà. E così mi trovo a pensare che forse Marco le idee le ha, ma che, per la prima volta nella storia del binomio, non riguardano me.

«È così difficile pensare a Nina senza Marco?» gli chiedo.

Non riesco mai a essere definita, se non in relazione al binomio. Non dai professori, non dagli amici, non dagli abitanti di Viacampo, forse nemmeno da me stessa. È come se Nina Adami, priva di Marco Zuccato, venisse condannata all'estinzione. E cosa c'è di peggiore che temere di non esistere all'età di diciotto anni?

«È molto difficile» riconosce Nicola. «Quasi impossibile, direi. Pensare a Marco e non associare a lui te. Il contrario invece è fattibile, anzi, preferibile. Lo zuccone, associato a te, è un colore che stona.»

Marco, un colore che stona. In molti dicono che rosso e giallo non attacchino, ma ho sempre pensato che io e lui fossimo il sole. Marco il caldo di un mezzogiorno di fuoco, io il tepore di un tramonto che si spegne, o di un'alba rosata che saluta un nuovo giorno.

«E il nero?» chiedo a Nicola. Lui sobbalza, paralizzato nelle spalle. «Credi che il nero si addica al giallo?»

Nero come la chioma di Celeste, come i capelli di Nicola.

Binomio - 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora