CAPITOLO 38

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"Of course I loved him" she said "you don't give people you don't love the power to destroy you"

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Silvia's POV

Apro gli occhi quando sento la sveglia suonare, ma quando compio l'azione, un mal di testa atroce mi colpisce, facendomi richiudere di scatto gli occhi.

Mi giro verso il comodino arrancando ad occhi chiusi verso la sveglia per staccarla. Quando ci riesco, mi ributto sul letto con le braccia aperte. Devo aver pianto troppo.

Decido di aprirli lentamente e quando mi abituo alla luce della camera, mi alzo dal letto e mi dirigo verso il bagno. Dopo una ventina di minuti sono pronta per andare a lavoro. Ripasso il rossetto che ho steso sulle labbra e dopo aver preso la borsa, con dentro tutto il materiale che mi serve, mi dirigo verso la metropolitana.

Quando arrivo a lavoro Mr Bennet mi da il benvenuto nella casa editrice, e dopo un breve tour dell'edificio, mi mostra l'ufficio nel quale lavorerò e che condivido con un collega, Daniel.

Saluto il mio datore di lavoro e mi siedo sulla mia comoda poltrona, dietro la mia scrivania e prima di cominciare a leggere la pila di fogli che mi hanno precedentemente riposto sul tavolo, sistemo la mia roba e mi presento al mio collega.

"Ciao, io sono Silvia" dico entusiasta.

"Piacere di conoscerti io sono Daniel" dice rivelando un sorriso ammaliante.

È una ragazzo alto, con delle spalle larghe, fasciato in un completo elegante. Ha i capelli gellati all'indietro che lasciano respirare la sua fronte e un anellino nella narice destra. Ha gli occhi vispi e un aspetto gentile. Sembra un ragazzo simpatico.

"Piacere mio! È da tanto tempo che lavori qui?" chiedo per rompere il ghiaccio.

"Un paio di settimane, da dove vieni?" mi chiede incuriosito.

"Sono italiana e tu?" rigiro la domanda.

"Australia" risponde sorridendo ancora.

Passiamo la mattinata a chiacchierare serenamente riguardo diverse cose, lavoro, gossip, attrazioni londinesi.

E senza rendermene conto è già ora di pranzo.

"Hai qualche impegno per la pausa?" chiede gentilmente.

"Dovrei raggiungere un'amica per mangiare fuori, ma se ti va potresti unirti a noi" lo invito.

"È gentile da parte tua, grazie" dice accettando l'invito.

Prendiamo i nostri averi e dopo avermi aiutata con il cappotto, ci dirigiamo all'esterno dell'edificio, dove credo di trovare Nicole ad aspettarmi per il pranzo.

Ma, quando raggiungiamo il lato opposto della strada, davanti a me, ritrovo l'unica persona che non mi aspettavo di trovarmi davanti.

Harry's POV

Non so nemmeno se ho fatto la scelta giusta. Ripercorro la strada avanti e indietro da ormai 10 minuti e l'ansia mi sta completamente distruggendo. Voglio solo vederla e so che starò subito meglio.

Voglio parlarle, ho deciso che voglio spiegarle tutto, dirle quanto la ami e quanto sono stato stupido a lasciarla andare.

E se dovesse mandarmi al diavolo?
Ne avrebbe sicuramente tutte le buone ragioni.

Continuo a salire e scendere tirando leggermente la radice dei miei capelli con la mano destra, mentre nella sinistra stringo il mio iPhone indeciso sul chiamarla o meno. Ma so che quello che devo fare è aspettare.

Infatti dopo altri 10 minuti di agonizzante attesa, la vedo uscire, bella come sempre, con il suo meraviglioso sorriso sulle labbra, con accanto un altro ragazzo.

Ha i capelli raccolti in una coda, indossa una longuette a vita alta di pelle bordeaux con una top corto abbinato alla gonna e ha il suo cappotto. Porta dei libri in mano e sorride a quello che, presumo, sia un suo collega. Sento la gelosia salirmi al cervello, ma mi rendo conto che non posso pretendere nulla, perché se lei non è mia, è solo colpa del sottoscritto.

Mi soffermo ad osservarla e a mangiarla con gli occhi e proprio in quel momento, si volta nella mia direzione e vedo il suo sorriso spegnersi improvvisamente.

Passa i suoi occhi da me al suo collega indecisa sul da farsi, ma poi la vedo scusarsi un attimo con il tipo e si avvicina a me.

"Harry?" chiede come se avesse paura potessi essere una riproduzione della sua mente.

"Sis" dico dolcemente, sorridendo appena.

"Cosa, cosa ci fai tu qui?" chiede stringendo gli occhi come se stesse riflettendo. E vorrei baciarle la fronte per distendere quella ruga tra le sopracciglia perfette.

"Devo parlarti, per favore" dico alzando una mano per afferrare la sua. E lascia che io gliela prenda.

La vedo incerta sulla decisione da prendere, ma dopo un attimo si volta verso il suo collega e si scusa per il cambio di programma inaspettato. Vedo il ragazzo, che mi pare di aver capito si chiami Daniel, allontanarsi e lasciarci finalmente soli. Quando si volta di nuovo verso di me, la voglia di prenderla tra le mie braccia, stringerla e baciarla, è immensa.

"Sis" ridico.

"Andiamo a mangiare?" propone.

"Si certo" rispondo, affiancandomi a lei mentre cammina.

Entriamo in un ristorante e ci sediamo ad un tavolo appartato, lontano da occhi indiscreti. Prendiamo i menù in mano e dopo aver ordinato e cominciato a sorseggiare del vino, appoggia i suoi gomiti sul tavolo.

"Di cosa mi vuoi parlare?" mi chiede.

"Di noi" dico senza pensare e dimenticando il discorso che mi ero preparato.

"Non avevi detto che non c'era altro da dire?" mi sfida.

"Ho sbagliato tutto, Sis. Ogni cosa. Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto passare da dicembre a ora e il fatto che tu sia qua, disposta ad ascoltarmi, mi riempie di gioia" dico afferrandole una mano poggiata sul tavolo e non posso fare a meno di notare che indossa ancora il bracciale che le regalai per il suo compleanno.

"Io non ti capisco Harry, prima dici di amarmi, il giorno dopo dici il contrario. Un giorno sembra che saresti disposto a scalare l'Everest per me, quello dopo non ti interessa nulla. Ti chiedo di parlare, di risolvere quello che è successo, e mi dici che non abbiamo nulla da dirci. E adesso sei qua che vuoi parlarmi. Qual è il problema?" chiede avvilita e sbuffando.

"Vorrei che tu mi perdonassi Sis. Sono stato un tale coglione, ho avuto paura, di questo sentimento che provo più grande di me e di qualsiasi cosa. Ho avuto paura e da codardo ho preferito mollare e allontanarti. Ma senza te niente ha senso, ed ho capito che avevo paura inutilmente. Perché ti amo e tu mi ami. Di cosa avrei dovuto avere paura?" le dico stringendole sempre più la mano.

La vedo irrigidirsi.

"Cosa significa Harry? Cosa stai cercando di dirmi?" chiede cominciando ad arrabbiarsi.

"La litigata è stato...un pretesto. Ho avuto paura e non sapevo come altro sparire, scusami. Hai creduto ad una bugia per tutto questo tempo e me ne vergogno.." non ho il tempo di finire il discorso che la vedo scattare in piedi, prendendo la sua roba e cominciando a correre verso l'uscita.

Lascio un paio di banconote sul tavolo e mi alzo per seguirla all'esterno.

"Sis, fermati!" urlo correndole dietro.

E capisco che si è fermata, quando la sua mano collide direttamente con la mia guancia.

Half A HeartDove le storie prendono vita. Scoprilo ora