<<E’ stato stupendo…Peccato io ora sia malata>> la risata di Darcy mi arrivò dal telefono dove eravamo in chiamata.
<<L’importante è che non farai mai più cose simili Darcy, avresti potuto starci peggio>> mi aveva appena raccontato che Logan, ragazzo che avevo avuto l’onore di vedermi indicato una settimana prima e che sembrava tutto amore e coccole, l’aveva portata in moto fino a casa. A Marzo. Con la pioggia che continuava a scendere. Dunque ora Darcy era a casa con la febbre e la gola irritata.
<<Sai cos’è strano?>>
<<Cosa>>
<<Che papà ha insistito tanto per conoscerlo e credevo volesse rispettare le regole imposte da mamma…Oh Louis, sapessi come mi guarda ora>>
<<Logan?>>
<<No papà!>> tossì <<Insomma, è cambiato è più…appiccicoso forse? A me non spiace mica però. Mi mancava>>
<<Be’ for->>
<<Louis la pausa è di dieci minuti, memorizzale>> Eleanor mi trascinò fuori e salutai velocemente Darcy tornando al mio fantastico lavoro di cameriere che avevo intrapreso da poco per aiutare anche mamma- anche se lei non lo sapeva.
Forse avrei guadagnato di più facendo lo stripper come nei film. Peccato che non fossi il tipo. Il vero tipo adatto era Fyn, un ragazzo davvero imbarazzante che lavorava come me e El da “Coffee Drink” o qual era il nome- continuavo a scordarlo. Era biondo, due enormi occhioni caramello, labbra carnose, guance paffute, una risatina da donna, culo perennemente fuori- come lui diceva “sculettare rassoda”- e sorrisetto malizioso ogni due secondi. Se c’era una cosa che avevo imparato, oltre che fosse praticamente il migliore amico di Eleanor, era che allungava davvero spesso le mani.
<<Un caffè caldo, un tea freddo, tre pancake senza zucchero con acero e…Una fetta di torta al cioccolato>> mi elencò passandomi dietro posando la mano sulla mia schiena.
Lo guardai esasperato mentre tiravo il caffè <<Fyn, ti ho mai detto che sono quello che lo prende in culo?>> non era esattamente vero ma con lui era meglio mentire.
Il ragazzo rise, era più grande di me ma non così tanto, <<Tutti i giorni zuccherino>>
Lavoravo al bar da ormai due settimane e non era male, dovevo studiare la sera certo, ma almeno gli orari erano okay.
Eleanor posò sul vassoio i cibi e io le porsi le bevande tirandone altre per altri tavoli. Era un locale per studenti, sempre pieno, gremito e rumoroso. La musica che aleggiava era rilassante, di quelle di sottofondo e…be’, l’unica cosa scomoda- sorvolando Fyn- era la divisa. A Fyn non dispiaceva ovvio, ma il mio cazzo dentro quei pantaloni così stretti da stringermi il culo sarebbe morto prima o poi. Vedevo spesso Eleanor cercare di tirarseli giù per non che evidenziassero in modo imbarazzante la sua inimità e be’, aveva ragione cazzo! Un sacco di ragazzi le facevano le avance ma Zayn passava di lì ogni pomeriggio. Come quel giorno.
<<Ciao gente>> si sedette al bancone sullo sgabello sorridendo alla ragazza.
<<Hey>> Fyn fece occhi dolci. Risi di lui tirando più su le maniche di quella ridicola maglietta nera attillata con scollo a V.
<<Che ti porto?>> domandai e lui mormorò solo del cappuccino. Quando mi chinai appena sentì il corvino fischiare <<Uh, se ti vedesse Harry ti scoperebbe seduta stante scommetto>>
Fyn sobbalzò <<Tu sei fidanzato e non me l’hai detto?!>>
<<No>> scattai rosso in viso <<Non sono un bel niente anzi>>
Il biondo si voltò verso i due <<Dovete dirmi tutto>>
Eleanor rise <<Torna a lavorare tesoro>>
Fyn sbuffò puntandomi <<Scoprirò chi è il tuo adone uomo>>, boccheggiai avvampando a pensarlo così. Ma era vero, Harry era un fottuto adone…
Alla fine non ero mai andato a parlargli. Certo, lui continuava a scrivermi ma io mi limitavo a essere un po’ distaccato e scrivergli che avessi molto da studiare e che a casa dovevo fare più cose adesso.
Ciò non toglieva che primo, non ci credeva, secondo, mi scriveva ogni secondo, e terzo mi chiedeva di uscire per parlare da giorni.
Era così strano che io non volessi vederlo perché temevo di diventare gelato sciolto? La sua voce incantava, davvero. E io sembravo la fottuta principessa sul pisello… Mi riscossi porgendo la bevanda a Zayn ignorando la vibrazione del telefono che- be’ non era proprio mal vista, non con quei pantaloni che già mi premevano nel culo.
Mi morsi un labbro sentendomi leggermente eccitato all’idea delle sue dita che dai passanti li tiravano maggiormente per farli strusciare sulla mia entrata ma cercai di pensare ad altro. Era possibile che fossi perennemente frustrato come un adolescente?!
L’ora di chiusura fu alle sette e stirandomi lasciai la schiena scricchiolare. Eleanor iniziò a contare i soldi mettendoli al sicuro al loro posto e Fynn finì di pulire le credenze.
<<Dite, ma qua si vede mai il proprietario?>>
El rise <<Quello ha mille di questi per il mondo…Per ora la dirigente è Katia che ti ha assunto ma anche lei non passa di qui spesso. Ha visto che sono brava e mi ha un po’ mollato le cose…>>
Fyn scrollò le spalle <<Credo sia nel mezzo di un divorzio. Sembra che non veda un cazzo da secoli>> sibilò.
<<E tu da quanto non ne vedi uno?>> stuzzicai e mi fece il medio.
<<Andiamo, dimmi chi èèè!>> pregò mentre uscivamo ancor sempre vestiti scomodi. Non c’erano spogliatoi d’altronde al bar, perciò ti toccava girare per mezza città in quegli abiti imbarazzanti…
<<Nessuno, non- è tutto un tira e molla>>
<<Ma è carino?>> alzò le sopracciglia e El rise <<Altro che!>>
Fyn inspirò di botto <<Tu sai chi è?!>>
<<Sì>> ghignò.
<<E chi è?!>>
<<Nessuno>>
<<Il preside della scuola>>
<<Smettetela di prendermi in giro!>>
Spinsi Eleanor che aveva ormai detto la verità e Fyn boccheggiò <<No aspetta, è vero?>>
<<Certo che no!>> sbuffando ricordai di aver lasciato la macchina a casa per non dover pagare ottanta volte la benzina e nessuno mi avrebbe accompagnato, casa di Eleanor non era molto distante.
<<Bah! Come siete strani, ci vediamo domani>>
<<Ciao>>
La noiosa routine insomma.
Accompagnai Eleanor fino a casa sua stringendomi nella giacca di jeans che per fortuna aveva la lana dentro. Di sera faceva ancora fresco.
<<Come sta tua mamma?>> domandai e lei portò le braccia al petto, se Zayn non fosse rientrato prima della chiusura l’avrebbe sicuramente abbracciata.
<<Ferma in ospedale. Senza capelli, chemio…sai>> scrollò le spalle e si sforzò di tirare un sorriso.
<<Quando…quando lei se ne sarà andata tu non ci ricadrai vero?>> sussurrai e lei abbassò lo sguardo <<Spero davvero di no Louis. Ormai…non so, è già come se lei non ci fosse>> scosse il capo.
Rimasi zitto salutandola quando giungemmo alla sua porta e proseguì per la strada ancora un po’ lunga. Non abitavo proprio al centro… Qualche scorciatoia dopo andai a sbattere contro- contro Harry.
Poco ci volle che le buste della spesa gli cadessero in terra ma riuscì a tenere tutto in equilibrio osservandomi spiazzato. Il capotto solito gli arrivava a metà coscia, la quale era fasciata dai jeans mentre ai piedi indossava i soliti stivaletti. Quello che mi eccitò leggermente furono gli occhiali con il quale stavolta l’avevo beccato. Neri, leggermente tondeggianti sotto e cazzo, lui sembrava molto meglio di Superman, credetemi.
Mi mossi a disagio spostando lo sguardo ovunque. Andarsene sarebbe stato da stronzi e io non volevo esserlo più di quanto già lo fossi stato.
<<Ciao>> iniziò e mormorai a mia volta un saluto.
Il silenzio era imbarazzante e parve risvegliarsi solo quando un negozio abbassò la saracinesca <<Tieni>> mi porse una delle buste e corrugai la fronte <<Okay che abbiamo uno stipendio in meno ma…>> lui scosse il capo <<Dobbiamo parlare>> e iniziò a dirigersi verso i parcheggi.
<<Io dovrei tornare a casa a dire il vero…>>
<<Ti do uno strappo, non hai la macchina giusto?>> mi lanciò un'occhiata e corrugai la fronte.
<<Mi stai stalkerando?>>
<<No ma a giudicare dalle tue guance rosse per il freddo sembra tu abbia fatto parecchia strada, dunque non penso tu abbia la macchina>>
Era serio, il suo sguardo leggermente apatico e mi vennero i brividi. Rimasi zitto capendo che l’ironia non mi avrebbe aiutato questa volta e quando giungemmo davanti al suo Range Rover- che come sempre mi fece sentire un tappo- gli passai la seconda busta che posò sul fondo dei sedili posteriori.
Quando chiuse la portiera io me ne stavo con le mani in tasca a guardare tutto tranne che lui mentre mi radiografava confuso.
<<Dove stavi andando?>>
<<A casa>>
<<E da dove arrivi allora>> rigirò e scrollai le spalle <<Da lavoro>> non c’era niente di cui imbarazzarsi cristo santo, avevo vent’anni. Ma sotto quello sguardo mi sentì spoglio. Non poteva giudicarmi, lui stesso aveva lavorato duro per far mangiare Darcy.
Annuì passandosi la mano fra i capelli leggermente spettinati e spinse su gli occhiali con una nocca e un movimento veloce <<E…lavoreresti dove?>>
Sbuffai una risata <<Col cazzo che te lo dico>>
<<Louis>> mi trafisse con lo sguardo per il modo in cui gli avevo parlato e scossi il capo <<Non voglio semplicemente che ci vieni, punto>>
Assottigliò lo sguardo con aria diffidente <<Perché il tuo lavoro è qualcosa d’inappropriato?>>
Sgranai gli occhi <<Ho delle fottute mutande di paillettes che spuntano da questi cazzo di jeans di Harry? Non mi pare. Quindi levati dalla testa quello a cui stai pensando grazie>>
Quel leggero sbotto fece calare il silenzio e ora che l’iniziale rabbia era sparita sospirai sentendomi un po’ più leggero <<E’ solo un bar dove lavora anche Eleanor>> soffiai poi e lo notai rilassare le spalle.
<<Be’ che divisa di merda>> quel mormorio improvviso non mi lasciò il tempo di nascondere il mio sorriso divertito e quando alzai gli occhi lo trovai a provare di trattenerne uno come il mio.
Alla fine sfilò le mani dalle tasche e alzando gli occhi mi tirò a sé dalla vita. Seppellì il volto nel suo petto rilassandomi all’odore confortante e lui mi abbracciò stretto poggiando la guancia contro il mio capo <<Mi manchi>> sussurrò infilando le mani nelle tasche posteriori dei miei jeans. Rabbrividì sentendo la leggere eccitazione di prima farsi persistente <<Dimmi che ho fatto>>
Scossi il capo <<Niente, sono solo…paranoie>>
<<Louis, perché non ti apri mai con me?>>
<<Non voglio parlarne>>
<<D’accordo ma non allontanarti da me così a caso>> alzai il volto osservando i suoi occhi tristi e sbuffando leggermente puntai lo sguardo al cielo che si stava rabbuiando.
<<E’ solo che…Non lo so ci sono state delle cose che mi hanno fatto pensare a…a me, a quello che provi tu, a quello che provo io e- ho paura>> ammisi cercando di non piangere <<Ho solo tanta paura>> quando ripuntai lo sguardo nel suo ci trovai le stesse incertezze e annuendo mi pressò maggiormente contro il suo corpo obbligandomi a posare le mani contro il suo petto per respirare.
<<Anche io. E ho pure una figlia in mezzo>> scherzò riuscendo a strapparmi un leggero sorriso.
Si chinò su di me, che me ne stavo ancora con la testa contro il suo petto, posandomi le labbra sulla fronte <<Però ti amo, okay?>> soffiò e chiusi gli occhi beandomi di quelle parole che allo stesso tempo dilaniarono la crepa dentro di me.
Mi morsi il labbro, forse per zittirmi o forse cercando di calmare il cuore, e quando alzai di poco il viso incontrai le sue labbra con le mie. Lo tirai giù dalla nuca e sentì la plastica fredda della montatura degli occhiali contro le guance mentre la sua lingua andava a riabbracciare la mia.
<<So come ti senti>> soffiò poi <<Quindi non scappare da me, perché non funzionerà>>
Mi fissò intensamente e mi specchiai nei suoi occhiali annuendo velocemente solo per ribaciarlo. A tentoni aprì la portiera anteriore e le sue mani scesero fino alle mie cosce rassodate dai jeans che strinse alzandomi da terra solo per sedersi sul sedile portandomi con sé. Quando chiuse la portiera il rumore del traffico sparì rimpiazzato dai lenti schiocchi dei nostri baci e gli accarezzai i capelli scendendo contro al suo petto più volte. Le sue dita rimasero ferme a strofinarsi contro le mie cosce.
<<Dovresti girare con una taglia più piccola ogni giorno>> mormorò contro il mio collo e sorrisi abbracciandogli la nuca <<Solo se tu non ti togli più gli occhiali>>
Grugnì <<Sono fastidiosi>>
<<Lo so>>
Corrugò la fronte tornando dritto <<Tu porti gli occhiali?>>
<<Una volta. Ma era solo una cosa momentanea, tipo un calo della vista a caso. Due anni dopo si era già stabilizzata di nuovo>> scrollai le spalle abbassandomi per accarezzargli le guance fissando intensamente quella bocca rossa e fottutamente attraente.
<<Tu?>> soffiai tornando a baciarlo non lasciandolo parlare.
Mi accarezzò la schiena da sotto la giacca soffiando dal naso per poi staccarsi <<Io ne ho solo bisogno per leggere. E quando sono stanchi gli occhi>> spiegò.
Annuì giocherellando con le sue ciocche ricce lasciandolo riavvicinare per l’ennesimo bacio che divenne un po’ più passionale e focoso. Con lenti movimenti iniziai a strusciarmi contro di lui ignorando la vibrazione del telefono e andava tutto bene finchè…
Un bussare al finestrino mi fece sobbalzare. Harry si voltò confuso e quando entrambi notammo un uomo dall’aria divertita ma vestito con la divisa della polizia ci staccammo velocemente. Mi gettai dall’altro lato dell’auto e Harry si allungò per accendere la macchina e abbassare il finestrino.
<<Si?>> domandò schiarendosi la voce ed ero convinto avesse le guance rosse come le mie, solo che io fissavo il finestrino a disagio.
<<Mi spiace disturbare signori, ma se continuate così mi ritroverò costretto a multarvi. Certe cose sarebbe meglio farle in casa, non so se mi spiego>> notò e Harry annuì subito.
<<Certo, ci- ci scusi>> nel momento in cui quello si allontanò Harry prese la strada fuori dal parcheggio e si aprì la giacca accaldato <<Porca miseria>> mormorò e mi coprì il viso con una mano lasciandomi andare ad un sorriso imbarazzato che divenne poi una risata accompagnata dalla sua.
<<Te la sei letteralmente fatta sotto Louis>> rise e io avvampai spingendolo leggermente.
<<Portami a casa e basta>>
A qualche isolato da casa mia ci stavamo di nuovo divorando le labbra, giusto perché avevamo ben capito l’avviso del poliziotto… <<Quando ci vediamo?>> sussurrò mordendomi il labbro cozzando i denti contro i miei.
Lo tirai leggermente più vicino dal colletto della giacca bramoso <<Darcy è malata…>>
<<Non pensavo sai?>> mi staccai sbuffando anche se con il sorriso. Lui ridacchiò riaggiustandosi i capelli, <<A scuola no?>> proposi.
Fece una smorfia <<Sì ma…L’ufficio con te dentro sembra claustrofobico. Una sorta di prigione>> annuì perché me n’ero accorto anche io.
<<Be’ non so che dirti. Lavoro tutti i pomeriggi, la mattina accompagno le gemelle a scuola e la sera studio>>
<<Lavori nel weekend?>>
<<Un sabato sì e uno no>>
<<E questo com’è?>> i suoi occhi sembravano disperati.
Sorrisi <<Questo è sabato no>> mormorai riavvicinandomi e scontrai la bocca con la sua dolcemente e famelico al tempo stesso.
<<Allora- allora vieni con me in hotel>> sussurrò scendendo a mordermi il collo e rabbrividì trattenendo un gemito.
<<Harry…>> non mi piaceva l’idea che lui pagasse, anche se avevo scoperto non se la passasse per niente male, che avrebbe insospettito Darcy o che l’isola felice sarebbe diventata uno squallido hotel…
<<Per favore. Non ti poterò in quello dove portavo Camille. Vieni con me…>>
<<E cosa dici a Darcy?>>
<<Che- non lo so. Ci penserò e giuro non sarà qualcosa di stupido ma dimmi di sì>> mi osservò tenendomi intrappolato contro al finestrino.
Sorrisi aprendo la portiera facendolo quasi cadere <<Ci penserò. E ora>> lo baciai a stampo veloce <<Ciao>> agitando la mano mi diressi verso casa osservando il telefono.
Erano le sette e un quarto. In ritardo di praticamente quasi un ora… Quando entrai mamma mi osservò confusa, erano ancora tutti a tavola quindi mi sedetti prendendomene per me.
<<Louis, dov’eri finito?>>
<<Mi sono fermato di più a lavoro>>
Alzò gli occhi <<Non devi lavorare>>
<<Mamma, te l’ho detto. Devo abituarmi al prossimo anno no? E poi non mi pesa…>> così come non mi pesava infilare nel suo portafoglio qualche banconota.
<<D’accordo. Sabato che ne dite se andiamo a trovare papà?>> mi bloccai sconfortato <<E’ il tuo sabato libero no?>>
<<Sì…>> e ora come facevo? Sorrisi a quella domanda. Era ridicolo, mi era bastato baciare Harry perché la mia mente e tutte le mie confusioni precedenti svanissero sembrando solo scetticismo. Ridicolo come solo il modo per superare le mie ansie fosse lui, che le causava obbligandomi a scoprirmi ogni giorno di più.
<<Ma papà sta bene ora?>> domandò Phoebe <<Non voglio rompa i miei giochi…>>
Jay le sorrise <<E tu non portarteli dietro>> le diede un buffetto sul naso e Daisy alzò gli occhi beccandosi un rimprovero per questo.
Ma era di famiglia, avrebbe continuato a farlo come me, e anche se io non ero di famiglia era bello prendere delle abitudini dalla mia “matrigna”. Così come non credo mi sarebbe particolarmente spiaciuto passare i “sabati no” in un hotel a rimpiazzo dell’isola felice, se solo lui me l’avesse chiesto con quell’espressione a cui non si poteva dire di no.Non sono carinissimi😍? E perfetti soprattutto!
Quindi Louis ha iniziato a lavorare e sembrerebbe aver risolto con Harry...voi che dite? Dovrebbe accettare l'hotel?
Commentate, schiacciate la stellina e a più tardi😉!
STAI LEGGENDO
Il Fidanzato Di Mia Figlia
FanfictionLouis, un ragazzo semplice frequentante l'ultimo anno di liceo, vive per ora una vita normale nonostante i numerosi problemi familiari. Si porta un passato difficile alle spalle ma se c'è una cosa di cui è certo è che mai, mai più proverà amore per...