CAPITOLO-34

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I suoi lamenti si diffusero per il mio orecchio mentre entravo a scuola, come anche Harry stava facendo poco più in là nonostante fossimo al telefono. 
<<Cazzo Lou, io volevo passare una giornata con te…Domenica? Dico a Darcy che devo andare giù da mia madre e poi rientro la sera tardi>> 
<<Forse devo ripassare per luned->>
<<Lo farai mentre ti fotterò amore>> e si voltò veloce per lanciarmi un occhiolino prima di posare con un <<Vengo a prenderti alle otto>>
<<Di mattina?!>> 
<<Si babe>> 
Posò e io mi riempì di brividi. Cazzo lo volevo sentire dentro così tanto… Eleanor mi affiancò sgomitando <<Allora avete ripreso la vostra love story?>> 
<<Uhm l’ho- l’ho incontrato mentre tornavo a casa ieri>> scrollai le spalle e lei annuì sedendosi a fianco a me per l’inizio delle lezioni. 
<<Louis…>> iniziò poi <<Che università farai?>> 
Scrollai le spalle <<So che vado a Londra>> 
<<E…tornerai?>> 
<<Perché?>> sussurrai a mia volta scrivendo veloce gli appunti di letteratura inglese. 
<<Non so…Fa un po’ schifo lasciare tutto se ci pensi>> abbassò lo sguardo e non capì di che parlasse. 
<<Sì, ma devo farlo anche per mantenere la mia famiglia El>> lei annuì zittendosi per il resto della giornata, poi, dato che quel giorno facevo il pomeriggio e Darcy era ancor sempre a casa, mi appartai sul retro della scuola sperando non venisse nessuno. Tirando fuori il telefono scrissi velocemente a Harry- che non vedevo da due giorni e parecchie ore- di raggiungermi lì. Esattamente cinque minuti dopo il mio sguardo dovette distogliersi dal telefono perché mi ritrovai sollevato da terra e con le labbra occupate da un paio familiari e veloci. 
Gli tirai i capelli ficcandogli la lingua in gola e lo sentì stringermi il sedere maggiormente prima di rimettermi a terra poggiandosi lui contro al muro riuscendo ad abbassarsi meglio. Le nostre bocche si muovevano rapide, affamate, veloci e incaute mentre con il cuore in gola entrambi speravamo non arrivasse nessuno.
Scesi a succhiargli il collo sentendolo ansimare in cerca d’aria <<Ti pare?>> soffiò <<Mi fai sempre fare queste cose nella mia scuola>> rise leggermente e gli morsi il pomo d’Adamo alzando poi il viso <<E ti dispiace?>> sorrisi con probabile sguardo malizioso. 
Lui mi afferrò per il mento tirandomi maggiormente verso di sé mordendomi il labbro fortemente <<Certo che sì>>
Sorrisi <<Ma…>> premetti divertito contro i suoi capezzoli e Harry rilasciò un gemito sterzando e finendo con il mordermi la guancia. 
<<Fottuto nano malefico>> scoppiai a ridere e l’aria si fece meno eccitante. 
<<Questa è nuova? Nano a chi?!>> sbottai e sorrise abbracciandomi a sé <<Scusa amore, ma sai, sei davvero nano>> 
Grugnì non riuscendo a perdere il sorriso <<Tanto quanto tu sei lungo>> 
<<Ma io sono lungo>> mi pizzicò un fianco e sobbalzai colpendolo <<Pertanto non sono un nano>> mi osservò divertito prima che le nostre labbra s’incontrassero di nuovo ma molto più dolcemente e lentamente di prima. 
Alla fine mi staccai quando la sveglia del mio telefono suonò <<Devo andare>> 
Basito sfarfallò le ciglia e mi fissò con quelle iridi lucide e le labbra gonfie, rossastre sul contorno <<Hai- hai messo una sveglia per stare con me?>> 
<<Ovvio, che vuoi che arrivo tardi anche agli intervalli?>> gli battei sulla testa divertito <<Qua dentro manca del sale>> 
<<Oh, c’è tutto il sale che vuoi>> mi sorrise baciandomi nuovamente dopo essersi sporto e ridendo ricambiai malamente prima di rientrare. 
Con Harry era sempre tutta una fretta, correvamo i rischi di un'espulsione e un licenziamento, con l’aggiunta poi della perdita di custodia di sua figlia. Ma forse se una cosa così piccola come noi era allo stesso così grande per rischiare tutto questo, ne valeva la pena…
Fu così che sabato giunse tra occhiate, messaggi e chiamate leggermente pornografiche e mi ritrovai nervoso di andare a vedere papà. Le gemelle decisero di portarsi dietro solo il vecchio peluche comprato loro da Mark così che non gliel’avrebbe rotto ricordando che il regalo era stato per loro e sospirai a vedere mamma rattristarsi ai loro discorsi in auto. 
<<Sono piccole ma’…lascia stare>>
<<Lo so, lo so ma non è bello sapere che lo ricorderanno come un malato d’Alzheimer schizzato>> sbuffò sfregando il viso guidando verso il centro apposito. 
<<Lui condivide una stanza?>> 
<<Sì ma…sinceramente penso non sia un bene, so che è una struttura apposita e tutto ma l’altro signore è molto più vecchio e infantile. Mark è…è ancora confuso per quanto riguarda la fase di restrizione giovanile nella scala della memoria, capisci?>> le annuì stringendole la mano e mi sorrise ignorando le ragazze che dietro parlottavano sulla scuola. 
<<Non mi sono scordata di te Boobear. Ho solo tanto lavoro ma ti conosco e ricordo bene il nostro discorso>> iniziò e prestai attenzione alla strada deglutendo <<Massì…non era niente mamma>> feci un gesto di mano sfilandola dalla sua e lei mi adocchiò seria. 
<<Louis, smettila di fare così. Non nascondere i tuoi sentimenti o i tuoi segreti perché ci stai male tu e lo rimpiangerai. E io non voglio che accada>> 
Sorrisi alle sue parole ma rimasi silenzioso lo stesso. Quel giorno di qualche settimana prima poco c’era mancato che le rivelassi di amare Harry…Insomma, era un parolone. E anche se iniziavo a riconoscere quel sentimento che ogni giorno si faceva più forte, una gran parte di me la riteneva ancora ridicola come cosa.
Quando arrivammo mamma andò dentro per prima mormorando il cognome all’infermiere che sorrise a tutti noi facendoci strada per l’ascensore. Fuori dal vetro potevo vedere degli anziani fare sempre gli stessi passi, tornare indietro e rifarli, presso quei giardini chiusi a cerchio fatti apposta per gente come loro ma che li avrebbero spediti prima all’esaurimento forse. Pensare a papà così era davvero…
Cercando di rilassarmi un po’e  tenni per mano Daisy mentre Phoebe stava in braccio a mamma anche se forse fin troppo grande. Un infermiere ci accolse <<Da questa parte>> giunse davanti ad una porta e lì si bloccò <<Mark stamattina non è stato nelle sue migliori condizioni ma sono sicuro che una visita gli possa star bene. Vi dispiace se resto con voi nel caso succeda qualcosa?>> 
Jay accettò sorridendogli grata e mi rilassai notevolmente. Lì dentro non si faceva a botte. 
La stanza era illuminata, spoglia e bianca. I letti erano da una piazza e mezza forse ma ne intravidi uno vuoto. L’altro aveva sopra papà che, seduto, fissava pensieroso la parete di fronte a sé. 
<<Mark?>> l’uomo si avvicinò cauto chiamandolo e papà schioccò la lingua sul palato. Aveva un'aria stanca, più magra e i suoi abiti erano una tuta. 
<<Leroy non trovi che dovreste davvero mettere un po’ più di colore? Mi piacerebbe poter appendere delle foto della mia famiglia…>> sospirò un leggero sorriso e quando “Leroy” si scansò i suoi occhi s’illuminarono. Non appena allungò le braccia con un <<Ragazze!>> mettendosi a sedere più dritto le gemelle gli corsero incontro sollevate abbracciandolo stretto.
Jay gli strinse la mano baciandogli la fronte e trattenendo le lacrime mi sedetti sul letto posando la mano contro la sua coscia <<Hey pa’, ancora vivo?>> scherzai e lui sorrise nascondendo l’emozione <<Te l’ho detto che ci vuole ben altro per spezzare un Tomlinson>> quando le gemelle si scostarono rimanendo al suo fianco mi tirò a sé battendomi leggermente sulla schiena <<Come va a casa? Date una mano alla mamma?>> Daisy annuì raccontandogli quanto gli piacesse fare il bucato, poi fu la volta di Phoebe che parlò lui della scuola e io mi limitai a dire che andava tutto bene non accennando al lavoro. 
Mamma rimase ad accarezzargli le spalle a lungo e quando le ragazze chiesero se potevamo scendere tutti a giocare papà si mordicchiò il labbro <<Vedete… Il giardino non è solo nostro. Per ora stiamo qui eh?>> 
Leroy al fondo ci sorrise sistemando dei medicinali e capì che anche papà temeva i malati messi peggio di lui. 
La visita non fu così male come avrei detto, né troppo imbarazzante o malinconica. Promettendo di ritornare fra due sabati tornammo a casa verso le sette e sospirando aiutai mamma a cucinare. 
<<Mamma…Quanto tempo avrebbe tecnicamente?>>
<<Non lo so. I medici dicono che non c’è ancora stato il crollo di perdita totale ma…Che è meglio tenerlo lì perché violento alle volte>> si scostò i capelli dal volto <<Se ci pensi Louis, sono un po’ di anni che lotta contro la malattia. Anche se non vorrei dirlo secondo me è molto vicino a perdere tutto. Ma,>> sorrise tirata <<Come sappiamo resterà ancora per lungo prima di tutto okay? Non preoccuparti, tu pensa a studiare ed essere felice. Sono convinto che i tuoi amici escano e facciano tante cose che anche tu facevi prima>> 
In effetti aveva ragione. I ragazzi uscivano ancora ma ormai non mi chiedevano più perché sapevano che A, non avrei fatto sveltine, B avevo il mio da fare e C, festeggiavo già nei weekend con il mio adone, come avrebbe detto Fyn. Ero…non so, sembravo maturato forse. Più grande, come se i vent’anni avessero portato a chissà quale realizzazione. 
<<Mi piacerebbe ma’ ma non mi sento in vena e…non mi piace l’idea che se ne vada quando io sarò lontano a Londra>> 
<<Londra?>> i suoi occhi s’illuminarono <<Dunque hai deciso. Ohw, sono felicissima Lou>> mi abbracciò a sé e ricambiai con il cuore in gola <<Mi mancherete…>>
<<Suvvia, mancano tanti altri mesi e poi, tornerai per le vacanze>> mi lasciò un pizzicotto sulla guancia e le sorrisi. 
Sì, peccato che cinque mesi sarebbero volati di quel passo…

Il Fidanzato Di Mia FigliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora