CAPITOLO-56

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Se vi dicessi che non ricordo l’ansia del giorno del mio esame di maturità sarebbe una balla bella e buona. Ero stato talmente nervoso da digiunare davvero e per la prima volta in vita mia mi ero ritrovato con la gola secca a parlare e parlare e parlare esponendo le cose studiate in quei cinque anni mentre il presidente della commissione mi osservava gesticolare a destra e manca e spiegare gli argomenti come un capo militare che cercava di ispirare i suoi soldati.
Ma andò bene perché risposi a tutte le domande con dei collegamenti notevoli, o almeno questo disse Zayn, e sudore a parte strinsi la mano a tutti gl’insegnanti sospirando rumorosamente quando uscì dalla stanza- che tanto aveva la porta aperta- e trovai con mia grande sorpresa non solo mia madre, ma anche Harry!
Avvampai notevolmente sotto gli sguardi divertiti dei miei amici e Eleanor, che probabilmente si era presa la vendetta per aver fatto la sua figura di merda davanti al preside, ma se permettete io non l’avevo fatta.
Abbracciai mia madre e Harry fece finta di niente restando appoggiato alla porta buttandomi solo qualche occhiata, contento per me, mentre entrava il prossimo. Stavo straparlando con i ragazzi quando mamma mi posò la mano sulla spalla osservandomi con rammarico <<Mi dispiace interrompere Lou però devo dirti una cosa molto importante…riguarda papà>> i suoi occhi mi dissero già tutto e quando mormorò un <<Ha avuto il suo crollo>> mi sembrò che l’avesse urlato.
Harry si voltò leggermente sperando che non dessi di matto ma tutto ciò che riuscì a fare fu starmene lì, impalato a pensare a come fosse successo, che avesse fatto per farlo pensare ai medici. Insomma, potevano aver sbagliato no? Due giorni prima gli avevo parlato ed era tutto okay e- che cazzo?!
<<Si sono sbagliati>> scossi il capo negandomi l’evidenza <<Nono, è tutta una stronzata ma’, sta bene da anni non ha avuto nessun crollo. Non è possibile, non così. Due giorni fa stava bene, tu l’hai sentito no? Stava bene. Stava bene, non ha niente>> e il suo sguardo sprofondò sempre di più nel dispiacere e la vidi lì che si tratteneva dal piangere mentre Eleanor mi accarezzava la schiena e i ragazzi parlottavano fingendo di non star sentendo.
<<Cosa- il crollo? Crollo di cosa esattamente? E’ crollato da anni che cazzata è?!>> alzai la voce e Harry prese le cose in mano chiudendo la porta dell’aula dopo aver spinto dentro il testimone dello studente che era ora in esame, scusandosi.
<<Scusatemi, capisco la gravità della situazione ma dentro ci sono ancor sempre gli esami, suppongo che un po’ d’aria fresca non faccia male a nessuno giusto? Accompagno Louis a prendere un bicchiere d’acqua se non le dispiace signora Tomlinson, intanto confido che la signorina Calder le terrà compagnia fuori>> mi avvolse la schiena e mia madre lo osservò confusa.
<<Capisco, scusi per il rumore, ho sicuramente sbagliato posto per dirglielo ma la cosa ha una certa urgenza->>
<<No io- devo solo…devo->> sentì la voce spezzarmisi e le lacrime salire. Mi morsi il labbro liberandomi dalla presa di Harry e uscendo fuori dalla porta d’emergenza cercando aria. Prima che potessi realizzare qualcosa stavo piangendo contro Liam mentre Niall mi porgeva i fazzoletti e tutti insieme ascoltavano il mio sclero.
<<Crollo di cosa?! Solo domenica pensava fossi suo fratello! Crollo! Si sbagliano, lui ha sempre avuto un crollo>> scossi il capo e Zayn mi battè sulla schiena apprensivo <<Vaffanculo!>> in un impeto d’ira mollai un calcio al bidone della spazzatura che si capovolse ma continuai a imprecare mollandogli calci e probabilmente rompendolo.
<<Louis se non la smetti Harry sarà per forza obbligato a uscire e dirtene quattro e spiattellereste tutto così!>> sbottò Niall ma Liam buttò un occhio dentro e sospirò <<E’ troppo tardi, Eleanor sta salendo con Jay di sopra e Harry sta già venendo qua>>
E due minuti dopo ero stretto fra le sue braccia anche se inutilmente dato che finì a dimenarmi contro di lui <<Basta! Calmati! Louis- Louis!>> mi scosse e respirai un singhiozzo nascondendomi contro il suo petto, esausto di tutto e stanco della situazione <<Basta, basta>> mormorò accarezzandomi il capo.
<<Sono sicuro,>> iniziò <<Che potrai andare a trovare tuo padre e accertarti della cosa Louis ma è tua madre, pensi davvero ti mentirebbe il giorno del tuo esame per di più?>> negai.
<<Anche tua madre è a pezzi Louis>> ma non lo ascoltai, non volevo vederla, volevo stare solo con lui, nascosto dal mondo ma non potevo. Perché Jay sarebbe presto tornata e così mi staccai asciugandomi le guance inutilmente spostandolo per rientrare lasciandolo lì anche se probabilmente mi urlò contro quando dal retro mi vide uscire dal parcheggio in macchina diretto alla clinica.
Quando inchiodai di fronte a questa cercai di darmi un contegno ma entrai lo stesso con il viso rosso e la voce rotta.
<<M-Mark Tomlinson?>>
L’infermiera m’indicò la stanza e notai fosse stato spostato. Camminai spaventato fin lì e quando varcai la porta notai tutti uguali. I pazienti di quella stanza erano lì, imbambolati a fissare un punto indefinito e mio padre era esattamente come loro: seduto sul letto, le gambe penzolanti nel vuoto, lo sguardo puntato sulle proprie mani e quando vi posai le mie corrugò la fronte alzando lo sguardo per capire chi io fossi.
Rimase a fissarmi per un po’ confuso e poi sillabò lieve un <<Tu sai chi sono?>>
Sentì le lacrime bagnarmi nuovamente le guance e caddi a sedere senza poterci fare niente, strinsi le sue mani fra le mie singhiozzando silenziosamente sulle sue gambe consapevole che tutto ciò che mi era rimasto della mia vera famiglia fosse appena stato cancellato da una malattia.
E probabilmente piansi per tanto, disperandomi perché non sentì nemmeno lui parlare con il dottore appena entrato che chiedeva chi fossi.
<<Non lo so, credevo che lui sapesse chi sono io>> mormorò e mi sentì scuotere <<Ragazzo, non puoi stare qui. Non adesso almeno. Andiamo…>> l’uomo mi prese tra le sue braccia trascinandomi letteralmente via e quando mi scansai sospirò <<Buon pomeriggio Louis,>> mi sorrise <<Sono il medico di tuo padre ma quando un paziente ha un crollo non si può dire chi sono i parenti, non gli farebbe differenza oppure si arrabbierebbe e noi non vogliamo che accada…>>
<<Lui- quale crollo?!>> sbottai esausto e si mise a sedere.
<<E’ il primo stadio dei crolli non ricordarsi più chi si è. Poi ci si perde nella propria dimora o anche qui. Non si ricorda più come fare a contare, l’alfabeto, le tabelline o qualsiasi altra cosa basilare scolastica. Non si ricorda di lui, della sua famiglia né il bagno o di essere stato in cortile qualche ora prima di tornarci. Sono tutti sintomi da crollo Louis, mi dispiace ma ormai tutto ciò che gli resta da fare e aspettare di tornare all’infanzia>>
<<Un bambino?>> sussurrai sciupato da tutto quello che avevo sentito.
<<Sì. Prima o poi si sveglierà credendo di avere otto anni, molto peggio di come l’avete visto, e starà così per mesi interi se non anni. Solitamente questo sintomo viene interrotto qualche volta da brevi periodi fuori tempo in cui lo vedi esattamente com’è ora>>
<<Un vegetale?>> sputai arrabbiato e annuì con aria dispiaciuta <<Purtroppo per l’Alzheimer non c’è cura. Sono piccoli infarti che colpiscono le zone neuronali del cervello, cioè quelle della memoria, ringrazia che tuo padre non sia stato colpito nei punti che detengono le emozioni, altrimenti sarebbe molto arrabbiato, acido e scortese con tutti. Questa stanza ha altri due anziani che ormai sono già passati alla fase di perdita totale>> nonostante le sue parole fredde e austere cercava di dargli una sfumatura dispiaciuta lanciando qualche volta un'occhiata alla cartella per non dimenticare niente.
Asciugai velocemente un’altra lacrima scuotendo il capo <<No, lui- quindi cos’è? Starà così per quanto? Come ci dovremmo parlare?>>
<<Come avete fatto fin’ora. Assecondandolo qualsiasi cosa lui dica, non dategli mai uno specchio in mano, la struttura non ne ha appunto perché non rischino di traumatizzarsi. Se lui pensa di avere otto anni e poi si vede così cresciuto potrebbe dare di matto. Non sarà facile e credo che tu e la tua famiglia lo sappiate, tua madre mi ha già parlato prima…>> continuò a parlare e parlare e parlare ma mi sembrava di non sentire niente.
<<Non… non è vero. E’ tutto un gioco, non- non è vero>> crollai a sedere di fronte a lui in singhiozzi <<Due giorni fa stava bene, non è possibile>> ansimai e il dottore restò in silenzio.
<<Mi dispiace, queste strutture servono ad evitare che succedano danni per la loro salute. Tra qualche mese non sarà più in grado nemmeno di andare in bagno da solo>>
Singhiozzai strozzato a quell’affermazione e scossi il capo pregandolo di fermarsi. Sbuffai cercando di calmarmi <<Quanto- quanto gli resta?>>
Scrollò le spalle <<Dipende dalle cure. Ci sono delle cure che possono rallentare il percorso o accelerarlo, ma queste sono cose di cui dovrei parlare con tua->>
<<Quanto?>> sbottai e sospirò osservando la cartella <<In media tutti hanno circa dai sei ai dieci anni. Lui è malato da quattro anni perciò…>>
Chiusi gli occhi nascondendo il viso fra le mani sentendomi a pezzi. Quindi o gli restavano due anni o sei! Avevo il beneficio del dubbio e mi sentivo una merda.
<<L’orario delle visite era terminato comunque, l’infermiera non ne era al corrente quindi…>>
Mi alzai in piedi tirando su con il naso e asciugandomi gli occhi <<Certo, capisco. Grazie per tutto>> senza aspettare risposta uscì di fretta da lì e mi rinchiusi in macchina restando seduto sul sedile cercando di calmarmi prima di rimettermi per strada. Ma finì solo per colpire il volante più volte, incazzato con il mondo e con mia madre per non avermelo detto prima o con il cervello di mio padre che non era abbastanza sano.
E alla fine m’isolai a Brighton, a quattro ore di distanza dal mondo che conoscevo e a ricordare delle estati passate lì con gli amici o con la mia famiglia, col culo gelato nella sabbia e una bottiglia in mano.
Come da un po’ avevo smesso di fare.

Il Fidanzato Di Mia FigliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora