Capitolo 13 [2/2]

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Verso le tre del pomeriggio Jimin era venuto a cercarla per dirle che stava per uscire. Elaine abbandonò quello che stava facendo, ossia niente, per andare via con lui.

«È tanto lontano?» gli chiese, mentre salivano in auto.

Jimin si mise la cintura e iniziò a girare l'auto. Elaine senza farci caso, si mise a fissare le sue mani. Erano davvero carine! «Una quarantina di minuti» le rispose, non notando il suo sguardo. Elaine continuò a osservarlo, anche il suo volto era molto carino. Sebbene non lo conoscesse da molto, le dava l'impressione di essere gentile e premuroso.

Quando entrarono in autostrada, il telefono di Elaine impazzì. Iniziò a vibrarle tra le mani con talmente tanta foga e rumore da farla spaventare per la sorpresa.

«Quante notifiche!» commentò Jimin sorridendo.

«Già...» guardò con disgusto quell'apparecchio, mentre continuavano ad apparire notifiche. «Succede anche a te?»

«Sì, ma non ne ho così tante» le sembrò quasi rattristato.

Elaine passò i minuti successivi a provare a rispondere a tutti. Sua madre non era felice che si facesse sentire così poco e le aveva mandato un sacco di messaggi. Fu costretta a chiamarla per tranquillizzarla. Anche il suo agente le aveva scritto per avere sue notizie, ma non visualizzò il messaggio, rimandando l'inevitabile. Se gli avesse risposto, di sicuro le avrebbe di nuovo messo fretta e non ne aveva bisogno.

«Mettiamo un po' di musica?» chiese a Jimin, quando finalmente poté smettere di scrivere messaggi.

«Mm» lo prese per un sì. Elaine perse un paio di minuti a capire come attaccare il telefono alla radio, ma alla fine ci riuscì. Per andare sul sicuro, non sapendo che generi piacessero al ragazzo, mise alcune hit che stavano andando di moda in quel periodo.

Jimin si mise a canticchiare a voce molto bassa ed Elaine sorrise guardandolo. «Ti piace "The Weeknd"?»

Il ragazzo le diede un'occhiata veloce. «Sì» rispose un po' imbarazzato.

«Anche a me. Questa mi ricorda le canzoni pop degli anni ottanta» disse, parlando di "Blinding lights".

«Lo penso anche io!» concordò, tornando a sorridere contento.

Elaine alzò il volume e Jimin riprese a cantare, questa volta con voce più alta. Cantava molto bene e la sua voce era piacevole, pensò, ma non riuscì a dirglielo.

Il laboratorio dove lavorava Taehyung si trovava ad Oxford, quasi in centro. La città non era molto viva e i palazzi erano tutti uguali: solo quattro piani, architettura Gotica e gli unici colori usati erano beige e grigio. Parcheggiarono al lato di una strada, Jimin dovette mandare la localizzazione a Taehyung. Per un momento Elaine fu tentata di chiedere il suo numero, ma poi si disse che non ne avrebbe mai avuto bisogno, almeno non mentre era a Heathersgate Hall. Mentre aspettavano, non parlarono molto, solo alcuni convenevoli per cercare di scacciare l'imbarazzo. Quando Taehyung arrivò, una decina di minuti dopo, fu quasi una salvezza.

Fece per sedersi al posto del passeggero davanti, ma poi si accorse che della presenza di Elaine. «Oh» disse, guardandola sorpreso.

«Ciao». Elaine si sforzò di sorridere. Taehyung, colto impreparato, continuò a guardarla spaesato, anche dopo essersi seduto dietro.

«Com'è andata oggi?» gli chiese Jimin, girandosi per guardarlo.

«Bene. Sono un po' stanco». Elaine notò che i suoi occhi erano più spenti del solito, sperò che non fosse per quello che gli aveva detto la sera precedente.

Dead Leaves || BTSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora