Capitolo 51: Jimin [1/2]

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Jimin è di nuovo in quel bagno, la luce è accesa e nello specchio riesce a vedere il proprio riflesso. Riconosce i tratti a cui è abituato e si tocca il volto ancora sconvolto dalla paura.

«Perché sei qui?» le urla di Anne lo sorprendono. Si gira per cercarla. La donna, stavolta il volto è pieno di colori diversi dal bianco, si trova nella vasca da bagno. L'acqua sta strabordando, Jimin si accorge che presto anche i suoi piedi verranno bagnati e si fa indietro.

«Vattene via!» continua a gridargli contro.

«No» risponde Jimin risoluto. «Voglio aiutarti! Lasciati aiutare!»

La donna si alza con violenza, la camicia bianca aderisce al suo corpo, satura d'acqua. Jimin sposta lo sguardo, imbarazzato.

«Aiutarmi? Che ne vuoi sapere!»

Si trovavano nel ricordo che Elaine gli aveva raccontato? Quello in cui si era tolta la vita? Jimin si guardò in giro per cercare un neonato, ma non riuscì a trovarlo (era piuttosto difficile guardarsi in giro senza soffermarsi su quella figura). Solo in quel momento si accorse di non essere nel bagno della casa dei suoi genitori. Si guarda in giro spaesato. Gli interni sono uguali, ma le pareti no. Gli sembra quasi di trovarsi a Heathersgate Hall. E quella carta da parati è inconfondibile: degli occhi spalancati li stanno osservando da ogni punto delle pareti.

Cerca la porta, spaventato e messo a disagio da quella stanza. Non sa dire perché abbia tanta paura improvvisamente. Ma lì non c'è alcuna porta, solo una finestra al suo posto. Jimin corre verso di lei, dimenticandosi della donna che lo sta fissando con sguardo folle.

Fuori da quella stanza il mondo è diverso. Jimin si rende finalmente conto che non possono trovarsi nei suoi di ricordi. Oltre il vetro della finestra, vede il giardino di Heathersgate Hall, gli alberi alti della foresta che circonda il maniero e poi, dietro di loro, dei grattacieli. Si avvicina al vetro, fino a scacciarsi contro di esso. Quelle figure giganti sono inconfondibili, le ha viste per la maggior parte della sua vita. Seoul.

Si fa indietro, mentre la sua mente cerca di trovare un senso a tutto quello che lo circonda. Si blocca al centro della stanza.

I loro ricordi devono essersi uniti, e confusi tra di loro hanno trovato una nuova, unica forma.

«Non hai idea di quello che io ho provato! Non puoi capire, nessuno di voi può!» gli grida la donna.

Jimin si volta verso di lei, ma poi è costretto a puntare lo sguardo a terra. Nel suo campo visivo, vede i piccoli piedi di quella donna venire verso di lui. «E allora parlacene! Ti ascolteremo!»

Anne finalmente smette di urlare. Jimin, cauto, alza lo sguardo per puntarlo sul viso della donna. Anne è giovane, avrà appena un paio di anni in più di lui, ma i suoi occhi chiari sono quelli di una persona che ne ha viste tante.

«Stai mentendo, t-tu ti stai prendendo gioco di me» insiste Anne, stringendo le braccia al petto.

«No!» le dice Jimin, cercando di mantenere un tono gentile e rassicurante. «Ti ascolterò, dico sul serio. Non ho intenzione di prenderti in giro.»

Anne esita a rispondergli e, per quelli che sembrano una manciata di secondi, si osservano. Jimin si rende all'improvviso conto di averle parlato per tutto il tempo in coreano ed è altrettanto sicuro che lei gli abbia risposto in inglese. Come ha fatto a capirlo? Ci riflette e la spiegazione che trova lo spaventa. Le loro menti si sono unite? Scuote la testa, non può permettersi distrazioni e ulteriori paure che potrebbero fermarlo.

Cerca la forza di insistere. «Ti ascolterò, lo giuro. Ti ascolterò e non ti giudicherò. Siamo più simili di quello che credi.» Negli occhi di Anne vede la diffidenza e la paura di fidarsi. «Per favore» le dice, ed è sicuro di parlare in coreano, allungando una mano verso di lei.

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