25. Sotto attacco

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ASHLIE

Svegliarmi presto non era mai stato un problema, e la fatica non mi preoccupava. Ciononostante, il primo giorno di addestramento fu davvero sfiancante.

L'istruttore che avevo affrontato durante la selezione, amore segreto del mio amico fraterno, era soprannominato "Tossina", perché chi gli stava vicino finiva sempre col farsi male.
Egli si aspettava che, in capo a pochi giorni, raggiungessimo il risultato che le reclute normalmente impiegano mesi a conseguire. Dopo una mattinata passata tra marce, percorsi a ostacoli e combattimenti corpo a corpo ci condusse, col sole già alto, nella spianata antistante il Formicaio. Ci fece sedere nell'erba, consegnò una razione e una bottiglietta d'acqua a ciascuno e ci lasciò, dicendoci che avevamo mezz'ora per mangiare e riposarci.

Molti si abbandonarono nel prato a quattro di bastoni, troppo stanchi perfino per pranzare.

Io invece sapevo di aver bisogno di energie e consumai rapidamente quel pasto frugale, seduta a gambe incrociate.

Avevo appena terminato, quando un suono stridulo e acuto squarciò il composto silenzio che regnava, risonando a lungo. Non l'avevo mai sentito prima, tranne che in qualche registrazione, e a dire il vero avevo sperato sino a quel momento di non doverlo udire mai.
Era la sirena dell'allarme generale, il cui lamento prolungato e ripetuto avvertiva tutti di un attacco imminente. Dimentica della stanchezza, scattai in piedi, sostenuta dall'adrenalina.

Lo sguardo mi cadde sui pascoli che verdeggiavano in lontananza: in quel momento pensai alle mandrie di afidi che, soltanto pochi giorni prima, avevo contribuito ad accudire. Gli animali erano tenuti lontano dall'edificio non soltanto per ragioni di igiene ma anche per la loro stessa sicurezza in casi come questo. Tuttavia, non erano previsti rifugi per loro, che comunque probabilmente non li avrebbero accettati. L'unica cosa che si poteva fare era sperare che l'orrore della battaglia li risparmiasse.

Lì per lì provai l'insensata pulsione di correre da loro per proteggerli. Fortunatamente, però, l'istruttore apparve dal nulla abbaiando ordini, riscuotendomi da quei pensieri insani.

Ci scortò in un edificio a mezza via tra una garitta e una trincea, posto circa a metà tra due delle grandi casematte ospitanti i cannoni della nostra contraerea, disposti a intervalli regolari lungo tutto il perimetro del cortile.

«Secondo i nostri analisti, un attacco da terra è poco probabile: ci aspettiamo che questa prima sortita serva soprattutto a saggiare le nostre difese. Tuttavia, nel caso si sbagliassero, voi sarete la prima linea difensiva» ci spiegò il nostro superiore.

I sacrificabili, realizzai con orrore. Quelli che avrebbero dovuto tenere impegnato il nemico mentre arrivavano i rinforzi. Rabbrividendo, mi affacciai a una delle feritoie, proprio mentre l'allarme si zittiva e in lontananza si cominciava a sentire il rombo degli aerei.

All'improvviso, un'altra squadra uscì di corsa dall'ingresso principale, diretta verso un edificio identico a quello in cui ci eravamo asserragliati noi.

«Cosa fanno quegli imbecilli? Perché non usano i tunnel!» Sbraitò Tossina. Nemmeno noi l'avevamo fatto, pensai, ma in effetti ci trovavamo già all'aperto e il nostro superiore doveva aver valutato che la distanza tra la nostra posizione e la sicurezza del Formicaio era più o meno la stessa che ci separava dalla meta. Loro invece erano usciti appositamente, seguendo di corsa il loro caposquadra.

Quattro ricognitori irruppero nel nostro campo visivo e piombarono in picchiata sui nostri commilitoni, spietati come animali predatori.

Si trattava di veicoli più snelli e rapidi dei Fuchi, dotati soltanto di armi leggere. Purtroppo, per i malcapitati sorpresi in campo aperto, esse erano più che sufficienti. Furono sventagliati da una raffica di proiettili, come giovani piantine sotto il getto dell'annaffiatoio. Quasi la metà cadde per non rialzarsi più; gli altri invece riuscirono a mettersi in salvo, mentre gli aerei si giravano, preparandosi a un altro passaggio. Sentii un freddo gelido scivolarmi nelle ossa e stringermi lo stomaco in una morsa; qualcuno dei più giovani vomitò addirittura.

Il dominio delle Api [COMPLETO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora