41. Predatori (prima parte)

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DUNCAN

Quella notte dormii poco e male, nonostante la vicinanza di Ashlie. La nostra conversazione mi rimbombava ancora nelle orecchie. Sebbene pensassi che aveva ragione, non riuscivo a digerire l'idea di dover decidere della sorte di altre persone. Certo, non sarei stato solo: Douglas e quello che chiamavano Tossina sembravano sapere il fatto loro, e sapevo che Takoda mi avrebbe appoggiato anche se avessi dovuto fare delle scelte impopolari.

Eppure, avevo sempre pensato che il mio compito fosse quello di reclutare le persone e combattere: il volto della ribellione, nella mia testa, doveva essere Ash, con la sua passione, il suo entusiasmo, le sue idee talvolta così nuove da sembrare balzane.

All'alba svegliai Takoda e Niyol e li pregai di decollare e andare a vedere se le Idrometre avevano cominciato a muoversi. Se davvero dovevo ricoprire quel ruolo, avevo bisogno di risultati: nessuno avrebbe potuto prendermi sul serio, finché non avesse visto con i propri occhi i rinforzi promessi.

Dopo aver assistito alla loro partenza, mi arrampicai nuovamente sulla torre di vedetta, per restare da solo con i miei pensieri e farmi rinfrescare le idee dall'aria frizzante del mattino. Le sentinelle mi salutarono con fredda cortesia ma, a parte questo, non mi rivolsero la parola.

Potevo vedere con la coda dell'occhio che mi rivolgevano occhiate dubbiose. Non potevo dar loro torto: essere agli ordini del loro nemico giurato doveva essere una ben strana situazione.

Ashlie mi raggiunse poco dopo, apparve alle mie spalle quasi per magia e mi diede il buongiorno con un rapido bacio sulla guancia. «Sei preoccupato?» Mi domandò, passandomi un braccio attorno alle spalle e stringendosi a me.

Mi tornò in mente la mattina dell'Air Show, quando alla stessa domanda avevo ostentato una sicurezza che non possedevo. Sembravano trascorsi anni, invece non era ancora passato nemmeno un mese.

Stavolta non me la sentivo di mentire: «Sì.» risposi semplicemente.
«È normale. Sarebbe strano il contrario.»

Per un po' continuammo a guardare in silenzio il sole che dipingeva il mondo, grati della presenza reciproca. La vegetazione che ci circondava era verde e lussureggiante, eppure, perfino da lì, si intravedevano in lontananza delle piante gialle e secche, dei fiori avvizziti, delle foglie macchiate.

Con l'aumentare della popolazione e del suo livello di industrializzazione, il prelievo di linfa da parte delle Formiche e di nettare da parte delle Api era cresciuto al punto da far ammalare le piante, e aveva portato entrambe le civiltà a cercare quei preziosi combustibili sempre più lontano dalle loro basi, rovinando una porzione sempre più estesa di foresta.

«Sono convinto che il mondo starebbe meglio senza esseri umani.» Sentenziai.
Lei capì subito a cosa mi riferivo. «Forse.» concesse. «Ma non è troppo tardi per trovare altri modi di mantenere il nostro stile di vita, che siano più rispettosi dell'ambiente.»
Notando che non dicevo nulla, insistette: «tu lo hai visto, non è vero? Adesso sai che possibile.»

«Nessuno dei popoli che ho visitato ha delle vere e proprie fabbriche, di conseguenza non hanno un consumo di elettricità paragonabile al nostro.» considerai. «Ma è altresì vero che nessuno di loro ferisce la natura per produrla: le Idrometre sfruttano l'energia del sole, i Ragni hanno imbrigliato quella del vento, mentre le Farfalle raccolgono in grandi cisterne il letame dei bruchi, e bruciano il gas che si sviluppa con la sua fermentazione.»

«Dobbiamo cambiare tutto. E finalmente possiamo farlo! Le battaglie che ci aspettano non saranno soltanto per mettere un freno alle Api e contrastarne le ambizioni. Noi dobbiamo imporre agli altri popoli il nostro diritto di pretendere un mondo diverso: più equo, più tollerante, più aperto.» Ashlie mi prese le mani nelle sue e mi costrinse a voltarmi verso di lei. Parlando tutto d'un fiato si era infervorata, e provava un'emozione così forte che aveva il fiatone, come se avesse corso. «Chi ci seguirà non lo farà soltanto per i miei discorsi coinvolgenti, o per le tue azioni eclatanti.» Riprese, entusiasta. «Abbiamo dato loro la possibilità di realizzare un sogno! Poter decidere chi sposare, dove vivere, che tipo di lavoro fare... Fino ad oggi hanno sempre pensato che fosse una follia, anzi, un'utopia! Ma noi gli abbiamo detto che, lottando tutti insieme, possiamo davvero realizzare tutto questo. È un obiettivo per cui vale la pena di rischiare ogni cosa!»

Quanto amavo quel suo mettere tutta sé stessa in ciò che faceva! La abbracciai, stringendola forte a me, riempiendomi il naso del profumo dei suoi capelli. Una vocina dentro di me ancora obiettava che una persona impulsiva come me, che prima agiva e dopo si pentiva, non era assolutamente adatta a decidere del destino di altre. Ma io decisi di zittirla: se lei credeva che io potessi realizzare il suo sogno, avrei fatto di tutto per riuscirci.

***

Rimanemmo a lungo stretti l'uno nelle braccia dell'altra, in silenzio, ad ascoltare il battito dei nostri cuori. La semplice presenza della ragazza che amavo era corroborante per lo spirito, e mi ripagava di tutti i sacrifici fatti fino a quel momento.

Poi, d'improvviso, quasi con una certa urgenza, sentii il bisogno di starmene un po' per i fatti miei. Di lì a poco avrei dovuto cominciare a prendere decisioni importanti, inoltre non ero affatto certo che tutti fossero così pronti a seguire la mia leadership come credeva lei.
Io, per esempio, non sarei stato affatto contento di dover prendere ordini da uno come me.

La riaccompagnai quindi alla Cattedrale addormentata.

Di lì a poco, il trombettiere avrebbe suonato la sveglia e, dopo la colazione, le Formiche avrebbero iniziato a dedicarsi ai compiti loro assegnati. Io mi infilai in uno stretto pertugio tra le piante che era stato scoperto durante i lavori di ampliamento, e imboccai il sentiero appena accennato in mezzo ai rovi, deciso ad esplorarlo e scoprire dove portava. 

Il dominio delle Api [COMPLETO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora