28. Corsa di libellule (seconda parte)

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DUNCAN

Enola decollò, librandosi con eleganza in verticale e retrocedendo un po' rispetto al punto in cui ci trovavamo noi, per assistere alla partenza.

Come mi avevano spiegato, c'erano tre bandierine diverse per dare il via: alla prima andavano accesi i motori, alla seconda ci si doveva alzare in volo, restando pronti all'incirca ad un paio di steli di altezza, e all'ultima finalmente si partiva.

Quando venne dato il segnale, Niyol scattò in avanti come un razzo, prendendo quota al contempo. Senza lasciarmi impressionare, io spinsi il motore al massimo, sorvolai i pontili e sfrecciai a pelo d'acqua, evitando qualsiasi corrente d'aria che potesse influenzare il volo di un mezzo così minuscolo. Ben presto vidi che stavo lasciando indietro sia il mio avversario che l'arbitro.

Ma Niyol non era un pivello. Si gettò in un'ampia picchiata, pigiando sul pulsante che accendeva il getto d'aria; recuperò lo svantaggio, e concluse la manovra sfiorando la superficie del mare a un passo da me, creando un vuoto d'aria che mi sbilanciò, inducendo un beccheggio nella mia Libellula.

Stavo volando talmente basso che un minimo errore mi avrebbe fatto precipitare in acqua: per riprendere il controllo fui costretto a rallentare, e il mio avversario ne approfittò, salendo di quota e girando rapidamente intorno alla nave alla fonda.

Mi sollevai più in alto e cominciai la virata, ma capii che ormai le sorti della competizione erano decise: nemmeno vuotando il serbatoio dell'aria compressa avrei avuto qualche speranza di recuperare lo svantaggio accumulato.

Mi voltai verso Enola, che sapevo pochi steli dietro di me, pronto a riservarle un'occhiata di torva disapprovazione: ero certo che quel che aveva appena fatto il mio antagonista fosse da annoverare tra le "scorrettezze" di cui lei aveva parlato poc'anzi.

Scorgendo un'ombra minacciosa sotto di lei, però, sentii svanire ogni intento bellicoso nei suoi confronti. Tentai di metterla in guardia, ma non feci in tempo: il pesce emerse dall'acqua, come un mostro mitologico vomitato dall'inferno, strinse tra le fauci enormi la sezione di coda della Libellula di Enola e ricadde pesantemente nel mare, sollevando una mastodontica colonna di spruzzi.

Mi fermai a mezz'aria, gridando il suo nome: un attimo dopo, la testa della ragazza riemerse tra i flutti. Dovevo salvarla, ma come?

Provai a chiamare Niyol, ma egli ormai pensava solo alla gara. Gli spettatori, da riva, gesticolavano freneticamente, implorandolo di fare qualcosa, ma nell'eccitazione del momento lui fraintese i loro gesti, scambiandoli per acclamazioni entusiastiche.

Ero solo: la giovane Idrometra, lanciata a tutta velocità verso la spiaggia, non sarebbe mai potuta tornare in tempo per essere utile.

Il pesce si riportò vicino al pelo dell'acqua, quindi puntò verso la naufraga, increspando la superficie con il suo dorso gibboso.

Feci scendere il mio mezzo, mettendomi tra la fiera e il suo bersaglio, quindi diedi gas, tirandomelo dietro. Nello stesso istante, Enola cominciò a nuotare verso la nave ormeggiata con tutte le sue forze. Purtroppo quest'ultima era solo un segnapercorso: non c'era nessun equipaggio a bordo che potesse soccorrerla.

Ben presto la creatura si rese conto di non potermi raggiungere, e s'inabissò nuovamente.

Perfino sapendone poco di mare, mi resi conto che il movimento dell'acqua causato da una persona che nuota doveva essere un richiamo irresistibile per lui.

Tornai rapidamente verso Enola, mi librai a mezz'aria sopra di lei e sporsi un braccio, cercando di prenderla. Così facendo, però, sbilanciai la libellula, che venne scossa da un rollìo importante. Le ali membranose sfiorarono le onde.

Il dominio delle Api [COMPLETO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora