28. Corsa di libellule (prima parte)

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DUNCAN

Dedicai ogni minuto dopo la seduta del Consiglio a cercare di coinvolgere le Idrometre, tuttavia apparve subito chiaro che la mia dialettica, da sola, non mi avrebbe procurato seguaci.

Nel migliore dei casi, la gente mi guardava di traverso; il più delle volte non mi dava nemmeno la possibilità di parlare. Solo alcuni giovani sembravano interessati al mio discorso: i loro occhi scintillavano all'idea di partecipare ad un progetto così grandioso, e di sfidare le famose Api.
Ma nessuno aveva il coraggio di proporsi per primo, probabilmente temendo il giudizio del resto della tribù.

Poco dopo il pranzo del secondo giorno, Takoda decise di farmi vedere più da vicino le Libellule, nella speranza di distrarmi un po' e di diradare, almeno in parte, il mio umore sempre più nero.

Si trattava di veicoli volanti minuscoli e snelli, con quattro ali mosse da un potente motore elettrico. Avevano una autonomia limitata e la loro principale funzione era di individuare dall'alto i banchi di creature acquatiche commestibili, in modo che le barche da pesca potessero raggiungerli a colpo sicuro.
Stando a quanto diceva il mio accompagnatore, la loro principale caratteristica era la capacità di decollare ed atterrare in verticale in uno spazio ristretto, oltre alla notevole manovrabilità.

Ricordavo di aver letto da qualche parte come la Libellula fosse l'unico velivolo a poter volare anche all'indietro; cosa che comunque non le avrebbe garantito, a mio avviso, alcun vantaggio militare.

La cosa che mi affascinò da subito, però, fu la guida. Infatti, andavano governate con il peso del corpo, proprio come l'Airboard. Il pilota montava a cavalcioni di un apposito assale, quindi si distendeva su di esso. I piedi, allungati all'indietro, potevano controllare l'inclinazione delle ali tramite pedali dedicati; le mani servivano invece a reggere un manubrio molto simile a quello dei Lasius delle Formiche.

Stavo per chiedere di provarne uno, quando una voce apostrofò sgarbatamente il mio compagno: «Non perdere tempo a spiegargli troppo, Takoda: tanto entro stasera questo damerino dovrà levare le tende!»

«Niyol, non ti stanchi mai di tormentarmi?» replicò lui, con un sospiro rassegnato.
«Sai che è il mio passatempo preferito!» ammise il nuovo arrivato. Lo riconobbi: era lo stesso individuo che l'aveva provocato, quando erano venuti a recuperarci con i grilli. Aveva il corpo snello ma atletico, la pelle cotta dal sole. Portava i capelli, nerissimi, raccolti in una lunga treccia che gli lambiva la vita, ornata da una serie di anelli dorati. Gli occhi castani e intelligenti scintillavano, mentre la bocca dalle labbra piene si atteggiava in un sorrisetto sarcastico. Mi stette istintivamente antipatico, fin dalla prima occhiata.

«E stavolta mi hai perfino portato un nuovo amico con cui divertirmi!» soggiunse.
«Fossi in te, non ci conterei.» ritorsi, asciutto.
«Uuuuh! Che paura!» mi canzonò di rimando. «Il grande soldato vuole farmi la bua!»

Lo squadrai inarcando un sopracciglio, mentre cercavo qualcosa da rispondere. Normalmente l'avrei semplicemente preso a cazzotti, ma perfino io mi rendevo conto che un simile comportamento non mi avrebbe facilitato il compito di reclutare sostenitori.

«Andatevene da qui. Non mi piace che uno straniero bazzichi vicino ai nostri aerei.» insistette.
«Perché? Hai paura che diventi più bravo di te, solo guardandoli?» non feci in tempo a mordermi la lingua.
Niyol rise. «Paura, io? Rimangiatelo subito!» sbraitò, gonfiando il petto.
Mi domandai se, nel caso in cui non fossi stato io a iniziare la rissa, ma mi fossi limitato a difendermi, la cosa potesse essere socialmente accettabile.

A quel punto, come materializzata dal nulla, una ragazza gli si mise al fianco e lo prese delicatamente per un braccio. «Tesoro, non è il caso di alzare le mani con uno straniero, specie se ha il permesso del capo villaggio per rimanere qui.» lo blandì, cercando di farlo calmare.
«Mi ha dato del codardo!» sbottò lui.
Io sgranai gli occhi di fronte a quell'assurdità, ma per fortuna la ragazza, palesemente la sua fidanzata, fu più svelta di me a parlare: «Sono sicuro che non intendeva farlo. Ad ogni modo, se vuoi dimostrargli che si sbaglia, perché non lo sfidi ad una gara?»

Il volto del giovane si tese in un ghigno. «Che ne dici, Ape: ci stai?»
Sorrisi. Era anche meglio di una scazzottata. «Spiegami come funziona e fammi fare un giro di prova, e poi ti faccio vedere io cosa vuol dire volare!» esclamai.

***

La notizia della competizione viaggiò in un attimo di bocca in bocca e, mentre ancora stavo prendendo confidenza con il veicolo, una folla di curiosi si era già raccolta sui pontili.
Alcuni erano perfino saliti a bordo dei Gerridi, i rapidi catamarani da pesca, per potersi godere lo spettacolo in prima fila.

Avevo sempre pensato che noi Api fossimo i veri dominatori dell'aria. Bastarono pochi minuti a bordo della Libellula, per farmi cambiare idea.
Cavalcavo il velivolo come se fosse un essere vivente, inclinandomi a destra, piegando a sinistra, lanciandolo in picchiata e poi in stallo.

Potevo farlo arrestare improvvisamente, indipendentemente dalla velocità raggiunta, e rimanere fermo a mezz'aria, salire e scendere in verticale o muovermi lateralmente, come un Fuco non si sarebbe nemmeno potuto sognare. Inoltre, al centro del manubrio c'era un pulsante che attivava un potente getto d'aria compressa, simile ai boost dei Fuchi Acrobatici.

Stavo vivendo l'esperienza di volo più bella della mia vita, e provavo forte come non mai l'impulso di non ridiscendere mai più. Mi sentivo come se fossi nato per volare, come se il cielo fosse il mio ambiente naturale, l'unico in cui potessi essere davvero me stesso.
Quando atterrai sulla spiaggia in una nuvola di polvere, la batteria del mio mezzo era quasi completamente esaurita.

«Sei pronto, o hai bisogno che ti insegni anche un paio di trucchetti, prima?» mi punzecchiò Niyol.
«Chissà, magari sarai tu a imparare qualcosa!» risi.

La ragazza che aveva proposto la sfida, di nome Enola, si fece avanti, mentre un giovanotto robusto sostituiva la batteria alla mia Libellula.
«Il tracciato è molto semplice.» spiegò. «Dovrete proseguire lungo la linea immaginaria creata dalle boe che abbiamo disposto poco fa, doppiare la nave ormeggiata al largo e tornare qui il più in fretta possibile. Potete cambiare quota come volete, dal pelo dell'acqua alle nuvole, purché seguiate il percorso assegnato. Tutto chiaro?»

Annuimmo entrambi, mentre Niyol indossava il casco.

«Io vi seguirò, ma senza prendere parte alla gara: farò da arbitro e controllerò che non commettiate scorrettezze come spingervi, tagliarvi la strada, o simili.» concluse la giovane, proteggendo il capo a sua volta.

Non potei fare a meno di chiedermi se quella fosse una consuetudine comune, o se lo stessero facendo solo per evitare che l'infida Ape barasse.
Non che la cosa avesse molta importanza, dopotutto.


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-> Ho deciso di pubblicare tutto in una volta questo capitolo, quindi niente spazio autore qui. Andate avanti, dai! La gara comincia! :)

Il dominio delle Api [COMPLETO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora