DUNCAN
Dopo aver dato tutte le disposizioni del caso, mi allontanai senza guardarmi indietro, ostentando sicurezza. Takoda, che mi seguiva a ruota, non riusciva a stare zitto, ancora meno del solito.
«Wow! Li hai stesi, amico! Nessuno aveva la più pallida idea di cosa fare, poi sei arrivato tu e...Bang! Ecco la soluzione. E se qualcuno ha qualcosa da obiettare... Tac! C'è una risposta pronta per tutto. Ora sicuramente nessuno avrà alcun dubbio sulla tua leadership!»
Non sapendo come fare a zittirlo senza mortificarlo, lo lasciai fare, sperando che prima o poi esaurisse gli argomenti.
Forse il suo entusiasmo era incontenibile, o forse amava troppo il suono della propria voce. Sta di fatto che non mi permise di riordinare i miei pensieri nemmeno per un attimo, col risultato che quando, dopo una breve passeggiata, raggiungemmo la nostra meta, ero già nervoso.Come sempre, Elphitephoros ci accolse con cortesia; il suo sorrisetto di circostanza, però, appariva tirato, e la rigidità dei suoi gesti mentre ci preparava personalmente il tè denunciava una certa tensione. Si apprestavano tempi duri per il suo commercio, e il suo progetto di ritornare in patria rischiava di essere compromesso.
Non gli nascosi che farsi carico dei migranti non gli avrebbe fruttato alcun profitto diretto, ma sottolineai come per lui sarebbe stato molto più conveniente se fossimo stati noi a vincere la guerra, e lui si trovò subito d'accordo. Forse perfino con troppa convinzione.
Non avevo dubbi che, nonostante la simpatia che nutriva nei miei confronti, il mercante non avrebbe esitato ad appoggiare l'altra fazione, nel caso si fosse presentata un'occasione in cui avesse scorto un maggiore tornaconto per sé.
Contavo però sul fatto che nessuno all'Alveare l'avesse preso in considerazione come alleato, e che per il momento Winthrop avesse di meglio da fare che dargli ascolto.Temevo che, per il giusto premio, il Cetoniano avrebbe venduto la nostra fragile ribellione, senza perderci il sonno.
«Mi pare di capire che tu abbia le idee piuttosto chiare su cosa fare.» osservò, sedendo su una poltrona finemente cesellata, del tutto inadeguata a contenere la sua spropositata mole. Perfino le pregiate tazze da tè, nelle sue mani sembravano tazzine da caffè.
«Non c'è modo di trovare un ricovero ad una simile massa di gente, con così poco preavviso. Quello che ti propongo è di svuotare i magazzini, e utilizzarli a questo scopo.»
Elphitephoros trasalì, la bevanda calda gli andò di traverso e per poco la tazza non gli sfuggì dalle mani, versando parte del suo contenuto sul piattino impreziosito da motivi floreali.
«Mi stai davvero chiedendo di lasciare la merce alle intemperie?!»
«Quando vinceremo, i tuoi sacrifici verranno premiati.»
Un angolino della mia mente notò che era la prima volta che parlavo in termini di "quando" anziché di "se".
«Non posso lasciare tutto esposto nel piazzale! Ci sono materiali fragili: seta, componenti elettronici...»
«Non preoccuparti. I profughi possono essere una forza lavoro: in cambio dell'ospitalità, chiederemo loro di aiutarci a costruire una serie di chiatte. Le ancoreremo ai tuoi moli, ci caricheremo sopra i tuoi beni, e li proteggeremo con dei teli impermeabili.»«Chiatte.» Ripetè il mercante. «La mia fonte di sostentamento galleggerà sul mare, letteralmente appesa a un filo.» Si accorse che la tazza tremava nelle sue mani, e l'appoggiò delicatamente su un tavolino di pietra, decorato con bassorilievi di animali mitologici.
«E dove prenderete le materie prime per realizzare queste opere?» riprese e, senza lasciarmi il tempo di intervenire, concluse: «Sempre dalle mie riserve, o mi sbaglio?»Ebbi l'impressione che Elphitephoros stesse cercando un modo per rifiutare senza dire espressamente di no, e tentai di cambiare approccio. «Ascolta... Ashlie mi ha raccontato che, quando ti ha fatto il mio nome, il tuo atteggiamento è subito cambiato. Sostiene che provi stima e simpatia nei miei confronti, forse perfino fiducia.»
«La fiducia non riempie il borsello, né sfama le persone.»
«Quando ci siamo incontrati, mi hai parlato del tuo progetto.» proseguii, ignorando la sua osservazione. «Non sei uno stupido: credo tu sappia che hai molte più probabilità di realizzare il tuo sogno con noi, piuttosto che col dittatore pazzo.»Il cetoniano sbuffò, irritato. «Certo!» Sbottò.
«Io capisco come ti senti. Il cuore ti dice di schierarti dalla nostra parte, ma la testa crede che non abbiamo possibilità, e pensa che sia meglio tenere un piede in due staffe.»
L'altro scattò in avanti come una molla, mi rivolse uno sguardo offeso e aprì la bocca come per parlare, ma rimase congelato, senza proferire parola, e finì col volgere il capo altrove.
«Non hai nulla di cui vergognarti: è un comportamento comprensibile, e io non ti giudico. Ma a questo punto devi decidere da che parte stare.»
Poiché rimaneva in silenzio, mi alzai e, seguendo l'istinto, gli poggiai una mano sulla spalla.«Possiamo farcela.» assicurai. «Possiamo vincere!»
Finalmente mi restituì lo sguardo. Era dubbioso e imbronciato. Da seduto, era alto quanto me in piedi.
«Ne sei certo?» chiese.
Annuii. «Ma non ce la faremo, se non tu non ci appoggi. Intendo, appoggiarci davvero: con tutte le tue forze.»Lui si sollevò in piedi e andò alla finestra, dandoci le spalle. Takoda mi rivolse di nascosto un gesto d'incoraggiamento. Era in silenzio da tanto tempo che mi ero quasi dimenticato della sua presenza.
Allora era capace di stare zitto!
«Ormai sono coinvolto. Mi avete stregato con la vostra passione, con il vostro entusiasmo.» mormorò il mercante, senza voltarsi. «Ma ci sono voluti anni per mettere in piedi tutto questo. Il magazzino, i contratti, i laboratori e le industrie...»
Mi misi accanto a lui. Da lì potevamo vedere la fabbrica, gli edifici dove venivano condotti gli esperimenti e le ricerche e, più in là, il quartiere residenziale.
«Ora è venuto il momento di difenderlo, Elphitephoros. Di lottare per il sogno.»
«Ma ci sono tante persone che dipendono da me. Dalle mie scelte.»
«Persone che diventerebbero schiave del regime.»
Lui scosse la testa mestamente, quindi batté con violenza il pugno sul davanzale e si voltò. «E sia, ragazzo mio. A quanto pare non so dirti di no: va bene, avrai il mio appoggio incondizionato. Contento?»
Sorrisi. «Sei pronto a dimostrarlo?»
Lui si strinse nelle spalle. «Darò subito disposizioni perché il contenuto dei magazzini venga portato fuori.»Mi incamminai verso l'uscita. Takoda balzò in piedi, e il padrone di casa ci accompagnò, facendoci strada nel cortile assolato.
«Ti sono grato.» dissi, sincero. «Ma questa non è l'unica cosa che ho bisogno di chiederti, purtroppo.»Il Cetoniano roteò gli occhi. «Che altro c'è?»
***
segue...
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Il dominio delle Api [COMPLETO]
AventuraIl popolo delle Api e quello delle Formiche sono di nuovo ai ferri corti, e la più piccola scintilla rischia di far divampare l'ennesimo conflitto. Ma l'amore non conosce confini, e sboccia tra l'aspirante pilota dell'Alveare Duncan e l'anticonformi...