1. Un nuovo giorno

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DUNCAN

Il trillo della sveglia mi trovò già in piedi.
L'ansia per la giornata che mi attendeva mi aveva reso quasi impossibile dormire:‭ ‬avevo trascorso la maggior parte della notte fantasticando sul mio futuro,‭ ‬che mai come in quel momento mi era apparso tanto luminoso e promettente.‭ ‬
I sogni ad occhi aperti si erano alternati a quelli che mi affollavano la mente nei brevi periodi di sonno,‭ ‬finché,‭ ‬alle quattro del mattino,‭ ‬non mi era più stato possibile rimanere a letto.

Spensi la suoneria,‭ ‬finendo al tempo stesso di abbottonare l'uniforme.‭ ‬Avevo bisogno di uscire:‭ ‬se fossi rimasto un solo minuto di più in quella minuscola stanza,‭ ‬sentivo che sarei impazzito.
Verificai ancora una volta l'equipaggiamento,‭ ‬quindi lasciai il mio alloggio.

Erano le sei del mattino.
I corridoi silenziosi,‭ ‬su cui si affacciavano le numerose porte esagonali delle celle dei cadetti,‭ ‬erano ancora in leggera penombra:‭ ‬solo le azzurre luci‭ ‬di cortesia rischiaravano debolmente il pavimento,‭ ‬guidando i miei passi.
In ogni caso,‭ ‬io avrei potuto tranquillamente trovare la strada anche senza:‭ ‬fin troppe volte ero rientrato in ritardo da qualche licenza,‭ ‬sgattaiolando alle spalle degli istruttori che vegliavano sul dormitorio.‭ ‬

Quasi senza che ne fossi consapevole,‭ ‬le gambe mi condussero all'aperto,‭ ‬su una delle grandi terrazze da cui era possibile dominare il mondo circostante.
L'aria primaverile era frizzante a quell'ora,‭ ‬ma in essa già si respirava la promessa di un clima più mite.‭ ‬

Feci vagare pigramente lo sguardo,‭ ‬lasciando che il vento mi scompigliasse i capelli e portasse via con sé le mie preoccupazioni.
Sarebbe stata una giornata ideale per fare un po‭' ‬di Airboard,‭ ‬pensai,‭ ‬immaginandomi mentre sfrecciavo tra le nuvole a folle velocità,‭ ‬sospeso sulla tavola a reazione.

Sotto di me potevo scorgere l'Immensità, con gli enormi steli delle piante che ondeggiavano leggeri nella brezza mattutina. La sconfinata distesa d'erba si estendeva a perdita d'occhio: a Sud era delimitata dalla Foresta di Spine, un intricato groviglio di rovi troppo alto per poterlo sorvolare e troppo fitto per poter essere attraversato; a Est invece degradava dolcemente fin sulla riva del Mar Pozzanghera mentre, per quanto se ne sapeva, a Ovest continuava all'infinito. A Nord la vegetazione era tagliata dalla parete di roccia su cui sorgeva il nostro Alveare e, ancora più oltre, c'erano solo le Lande Rocciose, un vasto territorio pietroso, brullo e secco.

Anche se da quella distanza era impossibile distinguere delle persone, immaginavo che già a quell'ora i primi esploratori appartenenti alla tribù delle Formiche, nostra antagonista, stessero entrando in azione.‭ ‭ Il Formicaio, la loro città,  si ergeva quasi al confine dell'Immensità con la Foresta di Spine,‭ ben oltre il mio campo visivo.‭ ‬Non avevo mai visto dal vivo la mastodontica costruzione, ma dalle foto sapevo che spiccava dalla vegetazione, come un sasso scagliato da un gigante. Il terreno di cui era circondata ‬veniva mantenuto sempre sgombro da ogni pianta,‭ ‬sia per evitare che la giungla la inghiottisse,‭ ‬sia per facilitarne la difesa.‭ ‬

Sapevo che l'edificio aveva forma vagamente conica,‭ ‬e dall'alto la base irregolare dava l'impressione che pendesse leggermente da un lato.‭ ‬
In realtà la struttura era solida e gestita in maniera eccellente,‭ ‬pur non potendo vantare l'efficiente eleganza di ogni oggetto progettato dalle Api, il popolo a cui appartenevo‭‬.
Si ergeva per sedici piani,‭ ‬sfidando orgogliosamente le bufere che frequentemente sferzavano la prateria,‭ ‬ma tutti sapevamo che la parte sotterranea era molto,‭ ‬molto più grande.
Perfino la maggior parte delle Formiche stesse ignorava quanti fossero,‭ ‬in tutto,‭ ‬i piani sotterranei.‭ ‬Si diceva comunque che occupassero un'area molto più estesa di quella del Formicaio stesso.

Il dominio delle Api [COMPLETO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora