6. Casa

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"E con cosa sentiamo..."

Con un colpo di testa verso la nostra destra cerca di indicare la sua moto parcheggiata vicino all'uscita posteriore del bar-ristorante.

"No no, non se ne parla neanche! Se lo sapessero i miei mi ucciderebbero all'istante! Non mi hanno neanche lasciato andare su quella di un mio amico che conosco dall'asilo, se mi vedessero con un ragazzo che conosco da un giorno per di più su una moto potremmo morire prima tu e poi io".

Dico tutto d'un fiato senza prendere ossigeno neanche una volta.

"ei ei vai piano sciocchina...secondo te sarebbero contenti di vederti ritornare a casa con una gamba rotta?".

"Hai ragione, maaaa".

"Niente maaaa cerca di salire su, ci sei mai andata su una moto?".

"Che domande sono? Certo che ci sono salita si vede proprio che non mi conosci".

In questo preciso instante scoppio a ridere, ma lui sembra non capire il perché.
Il fatto è che non sa che mio padre ha una moto e vado sempre con lui e già a tredici anni sapevo guidarla. Il problema sono i miei che si preoccupano troppo e non mi vogliono ne comprare una moto ne farmi fare la patente.

"Vabbè forse un giorno riuscirò a capirti. Comunque, dove abiti?"

"Solo a quattro isolati da qui".

"Che strano anche io, vuoi vedere che siamo anche vicini di casa sciocchina?"

O mio dio sarebbe l'ultima cosa che vorrei, in un giorno ho avuto più incidenti in sua presenza che in un anno.

Non so se sia matematicamente possibile, che situazione...

In poco tempo mi ritrovo in viaggio, avvolgendo le mie braccia attorno alla sua vita, non sembra magro come avevo immaginato in classe, ma si sentono molti muscoli e una tartarug... Ma che vado a pensare basta! Il tempo di picchiarmi mentalmente che arriviamo nel nostro quartiere.

"Ecco questa è casa mia".

"Uuuu allora ti devo informare che siamo ufficialmente vicini abito nella casa gialla a sinistra della tua".

"Ma allora qualcuno mi ha lanciato una maledizione!".

"Sciocchina stai attenta a non pensare a voce alta che ti sento anche io. Dovresti essermi riconoscente visto che ti ho portato in braccio metà giornata".

Dopo queste parole gli faccio la linguaccia e cerco di scendere dalla moto, ma appena appoggio il piede per terra mi cede di nuovo la caviglia e con uno scatto veloce Mike mi riprende in braccio e entra nel vialetto di casa mia.

"uo uo dove credi di andare?".

"Non riesci neanche a camminare come fai ad arrivare alla porta?! Ti accompagno io sciocchina".

"Ok, ma non mi chiamare così".

Emette una risatina difficile da sentire, ma visto che sono a due centimetri dalla sua faccia non passa di certo inosservata.

Sto per suonare al campanello, ma mia mamma appare aprendola rivolgendoci un'occhiata, che farebbe tremare chiunque e dopo pochi minuti di silenzio dice: "Signorina che ci facevi su quella cosa?Lo sai che io ora ti uccido e perché sei in braccio a questo ragazz...".

Mia madre si ferma di botto... sembra aver guardato Mike solo adesso, ma la cosa strana è che... Sta piangendo?

Ma che cosa sta succedendo?

Mike, penso anche lui incredulo proferisce parola. "Signora, mi scusi ho insistito io per portare sua figlia a casa perché questa mattina cadendo si è procurata una bella storta e ignorandola penso che si sia aggravata e ora fa fatica a camminare".

Dopo altri minuti di silenzio dove mia mamma lacrima cerco di capire quello che succede.

"Mamma, che ti prende? scusa non lo faccio più giuro, però era un'emergenza. Non mi sembra proprio il caso di farla così grande".

"No, scusate ragazzi è che per un attimo questo ragazzo mi è sembrato il figlio dei miei due migliori amici del liceo. Non li vedo da anni ormai che figuraccia".

"Ma chi Kate e John? Mi scervelli tutti i giorni con questi due tuoi amici".

"Scusate se interrompo ma i miei genitori si chiamano Kate e John".

Uno scambio di sguardi passa tra me, mia mamma e lo scemo. Sarà una coincidenza?

Come un DipintoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora