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Non se l'era mai spiegato, ma in qualche modo rifiutava di vivere nel mondo che le era stato presentato fin da bambina. Era una sorta di difesa naturale contro quel posto in cui, le dicevano, tutto le sarebbe stato ostile, a maggior ragione perché era una ragazza.

In realtà una normale ragazza ateniese non avrebbe mai fatto ciò che faceva lei.

Una normale ragazza ateniese non pensava, sveglia di prima mattina, di spaccare in due il telaio invece di usarlo per filare, anche se poi Edna si trovava costretta a chinarsi sui fili in cortile con le altre schiave e lavorare -che era già un parolone visto che non sapeva neanche filare bene.

Una normale ragazza ateniese non passava di fianco alla palestra degli uomini solo per vedere gli attrezzi ed imparare gli esercizi, perché chissà, magari avrebbero potuto esserle utili in futuro, se avesse voluto difendersi da sola.

Una normale ragazza ateniese non andava a spiare le feste solo per sentire la musica del flauto e mettersi a ballare di nascosto, anche se non sapeva farlo.

Una normale ragazza ateniese non rispondeva con parolacce e sputi ai ragazzotti più grandi che la prendevano in giro per strada e che le facevano gesti volgari, così come non usciva di casa di nascosto per poi finire inevitabilmente nei guai.

Una normale ragazza ateniese non si nascondeva fra gli spalti del teatro solo per andare a vedere le prove, perché tanto sapeva che allo spettacolo non l'avrebbero fatta entrare.

Una normale ragazza ateniese non faceva amicizia coi servi della casa, o in ogni caso non si intrufolava nelle loro stanze solo per sfuggire alla ramanzina di suo padre.

Una normale ragazza ateniese non andava ad ascoltare le lezioni di filosofia che l'anziano di turno teneva nell'agorà, circondato dagli allievi, anche se ogni volta che si accorgevano di lei cacciavano via Edna in malo modo o si spostavano da qualche altra parte.

L'unico che, fin da quando l'aveva vista, aveva avuto tanta simpatia per lei da farla restare era stato Socrate, quell'uomo così buffo e gentile che Edna, all'inizio, aveva scambiato per un mendicante, non certo un filosofo. Dopo averlo ascoltato parlare Edna non era mancata ad una sola lezione, anche se tutti i ragazzini le lanciavano occhiatacce e cercavano di levarsela di torno. Ma Socrate insisteva per farla restare, anzi, accadeva che la facesse sedere accanto a lui, per ribadire che anche lei, come tutti gli altri, era una sua allieva. E poi di sera, quando camminavano, Edna gli parlava di tutto: gli insetti che vedeva, le piante che raccoglieva quando andava in campagna, le sfuriate di suo padre, e in mezzo a tutto questo gli diceva anche che la filosofia le piaceva davvero tanto, e poi continuava a parlare delle piante e degli insetti. Allora Socrate la invitava a casa sua, e di nascosto le passava delle pergamene o delle carte di papiro accartocciate, per non dare nell'occhio visto che sua moglie Santippe, ogni volta che bisbigliavano fra loro, iniziava a sbraitare irritata.

Quelle pergamene erano appunti, piccoli versi dei canti di Omero, con sotto alcune didascalie. Fu così che Edna imparò a leggere e a scrivere, ma Socrate si fece promettere di mantenere il segreto.

Una volta capito, Edna si presentava alle lezioni di Socrate sempre con papiro e stilo nascosti in una tasca, perché Socrate preferiva che nulla delle sue lezioni venisse scritto, per il semplice fatto che la scrittura fa in modo che la parola perda parte del suo significato, e quindi doveva fare attenzione se voleva che il ricordo di quei precetti rimanesse conservato.

Fu in quel periodo, poi, che Edna scoprì che c'erano tanti modi diversi di concepire la filosofia, non solo quella predicata nella piazza. Fu proprio Socrate a dirle: <<Oh sì, ce ne sono. Tu devi solo capire qual è quello giusto per te.>>

Lei lo aveva trovato, eccome se lo aveva trovato: il problema era che ora tutta la città la credeva una strega con il cervello non proprio a posto. Ma era solo perché non riuscivano a spiegarsi come facesse una ragazzina di -all'epoca- solo tredici anni a costruire macchine e aggeggi mobili che nessuno aveva mai visto, e allora era meglio pensare che no, non era una cosa normale.

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