Vuoto e buio.
Tutto intorno, sotto i piedi, sopra di sé. Quando aprì gli occhi era sospesa nel vuoto: in preda al panico si agitò e temette di cadere, ma non cambiò nulla. Qualche strana forza la sorreggeva e le permetteva di galleggiare in quello spazio denso fatto di niente. Chiamò Cassandra, Karim, Fariba, mentre si girava su se stessa guardandosi intorno. Ma tutto ciò che riceveva era l'eco della sua stessa voce. Anche tentando di allungare il braccio per afferrare qualcosa, non risolse nulla. Aprì la mano, ma il palmo era vuoto.
Eppure un attimo prima era sul letto di Cassandra. Ricordava di aver chiuso gli occhi osservando le travi di legno sul soffitto. Solo qualche istante prima.
All'improvviso, avvertì una debole luce illuminarle le spalle. Quando si voltò, si lasciò scappare un grido terrorizzato, ma subito dopo non riuscì neanche a guardare in faccia l'uomo che le era comparso davanti: la luce bianca che emanava era così potente da accecarla, come avesse gli occhi puntati sul sole. Seppur col viso coperto, si rese conto che lentamente la luce perdeva intensità e, quando fu sicura di riuscire a sopportarla, tolse le mani dagli occhi e tentò di riabituarsi.
Quello che aveva davanti era il volto di un giovane.
<<Ioannis!>> gemette, col cuore che batteva forte. C'era così tanto silenzio intorno che riusciva a sentirne il rumore. Tu-tum. Sempre più impazzito, sempre più veloce.
Ma più lo guardava, più si rendeva conto che non era chi pensava.
Sì, era giovane, bello, sorridente; aveva ricci biondi lunghi fin sotto le orecchie, occhi chiari, pelle candida come se fosse fatta di marmo, le guance tenere, le spalle larghe. Ma, in più, indossava in testa un elmetto con due alette bianche ai lati, una tunica legata in vita da un cinturino dorato a cui era appeso un sacchetto di cuoio, e dei sandali, anche questi dotati di due alette bianche vicino ai talloni.
Nella mano sinistra reggeva un lungo bastone lungo il quale si intrecciavano due serpenti, e che terminava, di nuovo, con due grandi ali bianche sui lati. La mano destra la stava offrendo a lei.
Edna spostò più volte lo sguardo dal suo viso al bastone: aveva come la sensazione di conoscerlo, ma in quello stato di confusione non riusciva né a pensare né a ricordare.
<<Chi sei tu?>> chiese a bassa voce, come se avesse paura di farlo scappare via <<E io che ci faccio qui? Forse sto sognando, ma non capisco come->>
<<Non sono qui per rispondere alle domande.>> rispose il giovane. La sua voce si propagò tutto intorno, come se si trovassero in un grande tempio. Allungò ancora la mano verso di lei: <<Ho solo l'incarico di accompagnarti.>>
<<Accompagnarmi dove?>>
Il giovane alzò un sopracciglio.
Già, niente domande. No, non sembrava spazientito, il che le diede modo di rilassarsi. Aveva fretta, ma sembrava comprendere molto bene la sua paura pur avendo il divieto di risponderle, e sorrideva cercando di convincerla. Non le avrebbe fatto del male.Alla fine Edna si decise e, delicatamente, posò la mano sulla sua. Lui la strinse forte.
D'improvviso sentì qualcosa cedere sotto i piedi, e prima di accorgersene si ritrovò a precipitare, ma non rovinosamente. Scendevano lentamente, come risucchiati dal vuoto che era giù, a infinita distanza. Per tutto il tempo il giovane non lasciò mai la sua mano, e continuava a guardare giù come se aspettasse il momento giusto per fermarsi. La gonnella della tunica ondeggiava sospinta dall'aria, e con i piedi puntati verso il basso sembrava che fosse lui stesso, col suo peso, a spingerli di sotto. Edna notò che le alette sui piedi avevano preso ad agitarsi, e più lo facevano più loro andavano veloci.
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GHIGHNOMAI
Historical FictionSe pensate che siano gli altri a decidere il nostro futuro e a dettarci le regole per vivere, non potete immaginare il disegno che la macchina della vita ha in serbo per ognuno di noi. Edna questo l'ha sempre saputo, ma una ragazza ateniese non può...