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<<Invece di startene lì impalato, perché non mi aiuti a scuoiarla?>>

Gordias si voltò: non l'aveva neanche sentito arrivare. Githoes aveva la spaventosa capacità di comparire alle spalle senza fare il minimo rumore, o di scomparire quando meno te lo aspettavi.

Lo chiamavi, non rispondeva. Un secondo dopo era dietro di te.

Oltre a minacciare di affogarlo più volte, Gordias non gli aveva mai detto nulla. Era un'abilità di vitale importanza per chi veniva allenato a combattere, o per chi cercava semplicemente di sopravvivere in un boschetto di pini a ridosso del mare con la città più vicina a qualche miglio di distanza.

Sapevano di essere in Grecia: non sapevano di essere proprio nei pressi di Calcide, vicino alla quale passavano ogni giorno truppe spartane dirette verso l'Attica o il sud dell'isola di Eubea.

Dopo Cizico avevano percorso la costa fino alla città mercantile più vicina, di cui non ricordavano nemmeno il nome. Avevano incontrato un mercante cretese che era stato disposto a dar loro un passaggio per una parte del tragitto, ma che ovviamente non lo avrebbe fatto senza pagamento.

Gordias e Githoes usarono quel poco che trovarono nel sacchetto appeso alla sella di Terion, il cavallo di Ioannis. Non erano stati loro a recuperarlo, era lui ad aver trovato loro anche a distanza di due giorni, aiutandosi con l'odore. In qualche modo aveva capito che quei due estranei stavano solo cercando di aiutarlo, il suo padrone.

Ioannis era rimasto privo di sensi per quasi tutta la durata del viaggio, vale a dire per una ventina di giorni. Gordias lo aveva sempre portato sulle spalle, anche quando erano costretti a fare a piedi tragitti molto lunghi o in pendenza. Dall'Asia erano stati lasciati a Lesbo, dove non avevano avuto altra scelta che infilarsi di nascosto in una nave e pregare che arrivassero a destinazione prima che il trierarca li scoprisse. Quasi la metà dei rematori avevano l'accento attico, e così sarebbe stato per molte delle navi su cui sarebbero saliti.

L'ultima li portò da Chio a un piccolo porto dell'Eubea, dal quale fuggirono immediatamente per rifugiarsi in aperta campagna. Per fortuna Terion sembrava capire esattamente quando e come avevano bisogno di lui: talvolta non era Githoes a tirarlo, ma lui a tirare Githoes. Gordias non aveva mai capito perché non gli fosse salito mai in groppa, ma se provava a domandarglielo diventava particolarmente irascibile, quindi lasciava perdere: forse ora iniziava a capire come fosse stato per Edna avere a che fare con una persona come lui.

Ioannis era stato molte volte sul punto di svegliarsi, e ogni volta che dava segni di starsi riprendendo Gordias ordinava di fermarsi immediatamente. L'unica cosa che aveva potuto fare, sin dal principio, era stata bendargli la ferita sul fianco. In verità sapeva che non era la ferita il problema, dal momento che non era neanche tanto profonda. Il problema era la testa. Ecco perché non riusciva a svegliarsi facilmente.

Mentre erano in cammino, una sera, aveva iniziato a delirare nel sonno. Mormorava qualcosa fra sé e sé, si agitava, e così erano stati costretti a fermarsi. Per fortuna il punto in cui erano capitati era riparato dagli alberi, nei pressi di una spiaggia: senza saperlo, erano arrivati sulla costa opposta dell'isola, quella che si affacciava sull'Attica.

Avevano steso Ioannis all'ombra di un albero, e Githoes aveva iniziato a rimbalzare da un cespuglio all'altro in cerca di qualcosa che potesse alleviargli il dolore, pur non sapendo effettivamente di cosa si trattasse. Nel frattempo, Gordias e Terion lo sorvegliavano attentamente.

Ogni tanto gettava la testa all'indietro, farfugliava qualcosa di incomprensibile, poi si rigirava su un fianco e sembrava che potesse scoppiare a piangere da un momento all'altro: Gordias lo guardava confuso e inorridito, e alla fine, persa la pazienza, gli aveva mollato uno schiaffo in faccia.

GHIGHNOMAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora