Il giorno prima del matrimonio Edna e tante altre giovani ragazze si trovarono a casa di Danae per le offerte della proaulia, la cerimonia che precedeva il matrimonio.
Tutte le amiche di Danae avevano portato con sé bambole di paglia, rocchetti, vestiti, perché la tradizione era offrire vecchi giocattoli o vecchi indumenti agli dei del matrimonio nella speranza di sposarsi presto e avere figli. Ecco perché quella sera Edna si era presentata a mani vuote.
Non c'erano solo le amiche di Danae, ma anche le zie, le nonne, cugine che nessuno aveva mai visto, e ovviamente non poteva mancare sua madre, che doveva tenere sotto controllo tutte le ragazze, ma in realtà non faceva altro che osservare Edna con sguardo sinistro . E siccome l'antipatia era reciproca, anche Edna, quando poteva, le lanciava un'occhiataccia. Tanto non si era mai avvicinata a Danae, che era già abbastanza nervosa e agitata di suo per pensare a lei. Non si erano rivolte la parola da quando Edna era entrata in casa.
La cerimonia finì quando Danae, aiutata dalle amiche, si fece tagliare una ciocca di capelli, anche quella da offrire agli dei, come prova del passaggio dall'infanzia all'età adulta.
Quando Danae la posò sull'altarino, chinò la testa e recitò sotto voce alcune preghiere, Galene si inginocchiò affianco e pregò insieme a lei. Le ragazze stavano già andando di sotto per la cena, ma Edna, che era l'ultima del gruppo, fece in tempo a vedere Galene piegarsi e abbracciare la figlia.
<<Che gli dei ti proteggano.>>, le sembrò che dicesse, e giurò di averla anche sentita tirare su col naso. Danae immobile. Quando Galene fece per alzarsi, Edna scappò via di corsa.
Il giorno dopo sembrava che tutta Atene fosse uscita di casa per riversarsi per le vie.
La musica dei tamburelli iniziò già all'alba; se ci si affacciava si vedevano correre per strada i bambini con le ceste che lanciavano fiori, in piazza gli uomini che sistemavano le decorazioni e trasportavano le scalette a pioli da una parte all'altra per appendere i nastri anche sopra le porte più alte. Il portone della casa di Danae era invaso da signore starnazzanti: chiamavano Danae e agitavano le mani, alzavano le ghirlande di fiori che avevano preparato apposta per lei.
<<Io l'ho vista nascere, piccola creatura!>> trillava Adara, la vicina di casa, mentre ogni tanto si portava il fazzoletto agli occhi <<E oggi si sposa!>>
<<Io l'ho vista camminare, piccolo tesoro!>>
<<Eh, io l'ho vista che parlava la prima volta!>>
Già, ma adesso nessuno la vedeva nella sua stanza da bagno, immersa nuda nella tinozza d'acqua, con le ginocchia tirate al petto e gli occhi persi nel vuoto, come una statuetta di ceramica che può rompersi in mille pezzi per colpa del più piccolo soffio di vento.
Le serve che portavano le anfore d'acqua e gli unguenti profumati andavano e venivano di fretta, aprivano la porta per poi sbatterla di nuovo, ed ogni volta Danae si sentiva più vulnerabile e spaventata al pensiero che chiunque passante per il corridoio potesse vederla in quello stato. Avrebbe tanto voluto parlare con loro, una qualunque. Ma non c'era stata abituata, in quella casa non parlava con nessuno. E lei, ora che aveva bisogno d'aiuto, era completamente da sola.
Più ascoltava le grida delle signore fuori che le giungevano dalla finestrella, più il cuore iniziava a batterle forte, e non sapeva se era per quello che tremava o per l'acqua gelata che le serve ogni tanto le versavano nella tinozza.
Tabita, la serva più anziana, arrivò poco dopo con un pettinino e dei lenzuoli puliti. <<Sciò!>> urlò cacciando via le altre come se fossero galline nel pollaio <<Via di qui, tutte quante!>>
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GHIGHNOMAI
Historical FictionSe pensate che siano gli altri a decidere il nostro futuro e a dettarci le regole per vivere, non potete immaginare il disegno che la macchina della vita ha in serbo per ognuno di noi. Edna questo l'ha sempre saputo, ma una ragazza ateniese non può...