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Quella mattina Gordias si era svegliato con le occhiaie nere.

E non era solo perché non era più riuscito ad addormentarsi quando all'alba si era ritrovato nella stanza di Edna, ma anche perché, di nascosto, aveva pianto. Ora, purtroppo, era il viso di Edna a pagarne le conseguenze, ma si era ripromesso, dopo aver fatto colazione, di andarsi a sciacquare per bene il viso e di spalmare sotto agli occhi un po' d'olio di mandorle.

Uscito dalla stanza da bagno, aveva intravisto Ioannis, appoggiato alla ringhiera di fronte alla camera di Edna, che si sistemava la cintura di cuoio sotto la tunica. Gordias non aveva voglia di iniziare alcun tipo di conversazione, men che meno con lui, ma era costretto a passare di lì.

Cercando di coprirsi il viso col velo il più possibile, gli passò dietro in silenzio e fece per scendere le scale. Non solo Ioannis se ne accorse, ma un istante dopo Gordias se lo trovò proprio alle spalle.

<<Edna.>>

Sentì la sua mano sulla spalla e si voltò subito. Nonostante fosse vestito di un meraviglioso abito color ceruleo, fosse cosparso di profumo e avesse i capelli morbidi e lucenti come mai prima, gli sembrò abbattuto; un'aria malinconica gli spegneva il viso tanto bello e aggraziato.

Gordias lo guardò, involontariamente, come se gli avesse pestato un piede. Ioannis se ne accorse e si scostò, chinando la testa: <<Scusa, non volevo infastidirti.>>

Gordias non rispose nemmeno e si voltò, sperando che avesse capito il concetto. Ma un secondo dopo ecco che gli afferrò di nuovo la spalla.

<<È solo che...!>> si fermò, come se stesse cercando le parole giuste, tormentandosi le mani.

<<Che...?>> fece Gordias, che stava iniziando ad innervosirsi.

<<Ho bisogno di parlarti... e subito, anche. Potresti venire nella mia stanza?>>

La stanza di Ioannis era al pian terreno, poco più distante dall'androne. Gordias non ci era mai entrato, ma ogni tanto passava da quella porta e si chiedeva cosa ci fosse dentro. La risposta era: niente. Il letto, qualche arredo e nient'altro. Vedeva più vasi o casse di legno che oggetti personali, anche se ad abbellirla c'erano giusto due lampade ad olio accese sul mobile dietro al letto, perché la luce che veniva dalla finestrella e da sotto la porta non bastava ad illuminare una stanza tanto larga.

<<Sì,>> disse Ioannis facendo spallucce, quando vide il modo in cui Gordias si guardava intorno <<Negli anni in cui sono stato via era più comodo usarla come secondo magazzino.>>

Gordias gli lanciò un'occhiataccia: <<Non te lo avevo chiesto.>>

Ioannis sospirò sconfortato e si buttò a sedere sul letto, come se il coraggio accumulato fosse andato perso tutto in un solo momento. Gordias restò in piedi, rigido come una statua.

<<Sei ancora arrabbiata con me, non è vero?>>

E qui ci fu una pausa interminabile. Ioannis aspettava una risposta, sì, ma Gordias non poteva dargliela. Non era lui quello che avrebbe dovuto essere lì, ma Edna. Gordias si ricordava solo vagamente che ogni tanto, nei momenti in cui stare seduti immobili in riva al lago diventava fin troppo imbarazzante, Edna aveva accennato alla discussione con suo fratello. Non aveva seguito molto, ma in compenso aveva capito che tipo di persona fosse Ioannis: un sarcofago ricoperto di oro e di gioielli, ma che all'interno nascondeva una profonda inquietudine e insicurezza. Il senso della reputazione, evidentemente, doveva averlo preso così tanto da pensare persino di poter sopravvivere nel mondo lontano dai piaceri e da un qualsiasi affetto, primo fra tutti quello di Edna. Ciò che infastidiva Gordias era il modo in cui, adesso, stava tentando di elemosinare ciò che volontariamente aveva distrutto. Quel moto di disgusto e forse anche un po' di rabbia dipendeva anche dal fatto che, improvvisamente. Gordias sentiva il dolore di Edna sulle proprie spalle. E questo lo faceva infuriare, perché conosceva fin troppo bene il senso di vuoto e di abbandono che si prova quando la felicità, in pochi istanti, ti viene strappata via da dentro.

GHIGHNOMAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora