Non credeva che la sua immaginazione fosse addirittura capace di resuscitare gli animali, ma doveva ammettere che non era mica una cosa da poco! O quello che vedeva era un bellissimo cervo dalle corna d'oro o avrebbe preso in considerazione l'idea di astenersi dalla carne per un po' di tempo.
Edna, come al solito, non aveva più né una forma né un colore nel suo sogno. Guardava le sue mani ed improvvisamente non si vedeva nient'altro che il buio, proprio come quando aveva visto il serpente. Stavolta però il cervo non sembrava avere intenzione di ucciderla o di morderla in nessun modo. Dal poco che aveva sentito erano per lo più innocui.
L'ultima volta che aveva sognato la sua idea non aveva portato nulla di buono. Edna si era ripromessa di non prendere strane iniziative quella volta, ma era chiaro che non sarebbe riuscita a resistere alla tentazione di avvicinarsi a quello splendido animale.
Non aveva mai visto un cervo da così vicino, e tecnicamente quella era solo un'illusione della sua mente. Ma andava bene così, anche se era pressoché impossibile che un cervo si trovasse da solo nel buio più oscuro dei suoi incubi. Aveva di sicuro di meglio da fare.
Non è che la ignorava, è che proprio non l'aveva vista. Annusava col musetto la terra sotto i suoi piedi, che Edna vedeva completamente spoglia, completamente arida: certo, era un cervo parecchio strano.
Un passo alla volta, senza spaventarlo, riuscì a farsi sempre più vicino. Non aveva la minima intenzione di fargli del male, né tanto meno di toccarlo. Voleva osservarlo bene, vedere gli occhietti muoversi furtivamente e le corna brillare come gioielli.
Le trasmetteva una certa serenità, e lei ne aveva un disperato bisogno dopo la conversazione di quella sera. Si sarebbe aspettata di vedere Ioannis, per l'appunto. Chissà, magari la figura di lui che la guardava con un'espressione da "Ah, io non posso farci niente, vivi senza di me" mentre si allontanava con una spada in mano e l'armatura addosso. Beh, tanto meglio così.
Il cervo continuava ad ignorarla.
Si avvicinò ancora di un passo, ma non di un grande passo, proprio di qualche millimetro.
Il cervo si voltò d'improvviso verso di lei, indietreggiò, iniziò a tremare.
Edna rimase sul posto ad osservarlo: non pensava di averlo spaventato così tanto, in fondo si era solo avvicinata, e poi perché il cervo avrebbe dovuto accorgersi di lei solo ora?
Era convinta di poterlo aiutare, tentò di accarezzarlo sul muso ma lui la scansò. Allora non insistette, se non la voleva vicino avrebbe indietreggiato.
Ma il cervo non la guardava neanche in faccia. Anzi, il suo muso era rivolto verso il basso, ma sempre nella sua direzione. Seguì la sua traiettoria.
Come volevasi dimostrare, Edna riusciva benissimo a distinguere i colori, ma non di tutto il suo corpo: le sue gambe non c'erano, il vestito neanche. Era come se fosse sospesa in uno spazio infinito, in un vuoto che di lì a poco avrebbe potuto inghiottirla.
C'era solo una cosa che non era ancora stata coperta dall'oscurità: la sua mano destra. E sul palmo della mano, inerte, pesante, era appoggiato un coltello.
Quella notte nessuna invasione. Nessuno per strada, nessuno al piano di sotto: la stanza era buia, la luna era uno spicchio di latte candido.
Edna non era ancora sveglia. O forse sì. Non lo sapeva.
Quel che sapeva era che da qualche parte, in un sogno, circa per qualche istante, aveva visto un coltello nella sua mano destra. Forse.
Era un indizio -perché Edna non era una di quelle che sognavano tanto per sognare e basta- che doveva interpretare in qualche modo.
Un modo che, inconsapevolmente, solo lei poteva conoscere.
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GHIGHNOMAI
Historical FictionSe pensate che siano gli altri a decidere il nostro futuro e a dettarci le regole per vivere, non potete immaginare il disegno che la macchina della vita ha in serbo per ognuno di noi. Edna questo l'ha sempre saputo, ma una ragazza ateniese non può...