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Tre giorni dopo, quando Ioannis tornò a casa verso l'ora di cena, Edna si rallegrò almeno di non essere lei quella che avrebbe dovuto ascoltare le lamentele di Danae.

Con sua grande sorpresa, però, pochi istanti dopo vide uscire Ioannis dalla stanza di Danae seguito dai lamenti di un pianto. Ioannis si fermò solo un momento, come se stesse decidendo se tornare dentro o lasciarla piangere da sola. Scelse la seconda, e se ne andò con una smorfia sofferente.

Edna, incuriosita, quella sera decise di scendere per cenare. Sola di fronte a sua madre, che osservava il piatto di cicerchie e fave secche come se puzzasse di urina, approfittò del fatto che Aristene e Ioannis si fossero appartati nell'altra stanza per chiederle: <<Madre, sai la ragione del comportamento di Ioannis?>>

Tecla alzò prima lo sguardo, e poi la testa. Mise da parte il piatto, poi si mise le mani sugli occhi e se li stropicciò. <<E' stato chiamato>> mormorò con un filo di voce <<Partono fra cinque giorni.>>

Edna sgranò gli occhi: <<Chiamato dove?>>

Tecla sembrò seccata, ma forzò un sorriso per non darle dispiacere. <<A combattere. Ho sentito il nome di una città mentre ne parlava con tuo padre. Cizico. Non so dove sia.>>

Edna lo sapeva. Aveva studiato le mappe. Era sulla costa orientale, nel nord dell'Anatolia. Frugando tra i fogli ingialliti sotto il letto, Edna ritrovò una vecchia mappa che Socrate le aveva regalato, mezza bruciata e stracciata ai lati. Lasciò scivolare il dito dalla penisola dell'Attica e lo spostò verso destra, fino alla costa Asiatica. Da lì, attraversando lo stretto dell'Ellesponto si arrivava all'isola della città di Artace, e sotto questa c'era Cizico, nel sud della Propontide.

Alzò lo sguardo: perché era stato chiamato lì? Dal poco che sapeva quella era una colonia greca, non ricordava se ateniese o spartana, però. Doveva esserci stata una ribellione o qualche minaccia dalla Persia, altrimenti non si spiegava.

Scese in cortile, e sentendo le voci di Aristene e Ioannis dalla stanza grande, si avvicinò rasente il muro senza fiatare. Sporse avanti la testa, e vide Ioannis, spalle basse e braccia incrociate sul petto, di fronte ad Aristene, che lo fissava negli occhi con sguardo grave.

Evidentemente solo in quel momento gli aveva dato la notizia.

Aristene sospirò e si passò una mano sugli occhi. <<Non hanno spiegato il perché?>>

<<No>> sospirò anche Ioannis, e scosse la testa bionda <<Invece vorrei proprio saperlo. Se la guerra è finita è finita, non vedo il motivo di un'altra spedizione. Ma se hanno scelto me come stratego devo considerarlo un onore.>>

Aristene si portò poi la mano sul mento. <<O un imbroglio. Erodio non ha mai fatto nulla per le faccende estere, e soprattutto non è mai stato interessato a te. C'è qualcosa che mi puzza. Non ero al corrente di quest'assemblea, avrei dovuto essere presente.>>

<<Comprendo che ci siano delle incongruenze, ma sono gli ordini. Anche se quelli di Alcibiade. Non mi sono mai fidato di lui e mai lo farò, è capace di distorcere la realtà a suo piacimento sotto gli occhi di tutti.>>

Aristene lo guardò, stavolta con un'aria divertita. <<Che non ti sentano dire queste cose fuori di qui.>>

Edna sentì Ioannis ridere per un istante. Forse era solo un'impressione.

<<Una parola di meno per un pensiero di più. Non serve che io parli, presto o tardi se ne accorgeranno da soli.>>

Aristene sorrise con lui, ma dopo un momento tornò scuro in viso. Lo prese saldamente per le spalle. <<Promettimi solo che reggerai il gioco. E che starai attento.>>

GHIGHNOMAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora