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Quando si svegliò, con la mano sinistra stringeva un cuscino.

Sorrise, pensando che solo poco prima aveva tenuto la mano a un dio. L'aveva riconsegnata alla realtà senza far rumore, e non si era accorta di nulla.

Scese dal letto in punta di piedi e guardò fuori dalla finestrella: era notte fonda, ma non sapeva dire per quanto aveva dormito. Cassandra era stesa per terra: aveva sistemato due cuscini su una coperta e si era raggomitolata in posizione fetale. Piegandosi su di lei, Edna vide che una spalla del vestito era strappata e lasciava scoperto il seno. Sulla clavicola c'erano dei segni rossi, come se fosse stata presa per la gola. I capelli spettinati sparpagliati sul pavimento. Il trucco sulle labbra era sbavato, così come quello nero sugli occhi. Di certo dormiva profondamente, ma quella sembrava l'espressione di chi, dopo tanta fatica, aveva finalmente ritrovato la pace.

Edna sospirò, levandole dal viso un ricciolo che le copriva il naso. Prese dal letto la sua coperta e gliela stese sopra al corpo curandosi di coprirla dalle spalle ai piedi. Cassandra mugugnò qualcosa nel sonno e afferrò un lembo della coperta per tirarselo su fino al collo.

Prima di andarsene, Edna la baciò sulla fronte. Poi uscì dalla stanza muovendosi con discrezione, facendo attenzione a non far scricchiolare troppo la porta.

In realtà nelle stanze accanto c'era ancora gente che bisticciava o che lanciava le solite grida ambigue che aveva imparato a riconoscere, quindi immaginò che la quiete di Cassandra non sarebbe durata a lungo. In ogni caso, sperava almeno che non si svegliasse prima del suo ritorno.

Dove stava andando in realtà non lo sapeva.

Aveva nella sua mente tutte le risposte necessarie, adesso, ma stava a lei capire quale mossa sarebbe stata la più adatta da quel momento in poi. Eppure, mentre scendeva le scale e di nascosto recuperava il mantello nero che aveva lasciato per terra davanti alla sala grande, non riusciva a pensare che ad una sola cosa: Ioannis era vivo.

Poteva accaderle di tutto, ma qualunque cosa le avessero fatto lei era nel giusto. Non era un'assassina, non era condannata. Non era lei che aveva tentato di ucciderlo, ma lui, Alcibiade.

La sola immagine del suo volto che le si figurò in mente bastò ad incendiarle un moto di rabbia dentro al petto che la spinse a camminare più velocemente, uscire fuori dal bordello e prendere la prima strada che le si parasse di fronte.Si rese conto di aver sentito dei passi dietro di lei non appena varcata la soglia ma, voltandosi, non aveva visto nessuno. La porta era chiusa come l'aveva lasciata e, rimanendo immobile per pochi istanti, capì che chiunque fosse stato adesso non era più lì. Decise di proseguire, avvolgendosi nel mantello.

Era buio, l'aria fredda si insinuava nelle ossa e lei era una ragazzina sola fra i vicoli di un quartiere poco raccomandabile. Ma non le importava.

Quello che contava, ora, era raggiungere casa sua. Aristene non l'avrebbe mai accolta, né tanto meno avrebbe voluto ascoltare quello che aveva da dirgli, ma per il momento la cosa essenziale era assicurarsi che non fosse in pericolo. Non era così stupida da sperare che suo padre credesse che le era stata rivelata la verità in sogno da un indovino, eppure questo non la frenava.

Ogni volta che scorgeva una piazza o un vicolo abbastanza familiare iniziava a scorrerle nelle vene una sorta di inspiegabile energia che la spingeva a correre e correre, sempre più veloce.

I suoi passi sulla strada sassosa erano l'unico rumore in un labirinto di case spettrale. Non c'era anima viva in giro, non aveva mai neanche incontrato un cane randagio. Ma neanche questo la induceva a fermarsi, proprio ora che poteva tornare a casa a cuor leggero, sapendo che nonostante tutto quello che era successo, nonostante tutto ciò che contro di lei era stato architettato, lei non era un'assassina. Lo gridò felice mentre il vento le schiaffeggiava la faccia, stringendosi il mantello sul cuore. Non sono un'assassina, mi avete sentito!?, diceva in preda alla gioia, come se si stesse lentamente risvegliando da un incubo in cui credeva di rimanere intrappolata per sempre.

GHIGHNOMAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora