14.

57 5 9
                                    

I tamburelli e i flauti erano quasi assordanti, ma Edna attraversò il corridoio in punta di piedi. Meno si faceva notare quella sera, meglio era.

Uscì in cortile e rimase per un po' immobile ad ascoltare il vento. Oltre quello si sentiva solo qualche cane in lontananza, nei vicoli. Ma di Ioannis nessuna traccia.

Sentì dei rumori provenienti da un punto al piano di sopra. Già, ma da dove? Guardò le stanze del gineceo una ad una, ma riflettendoci, Ioannis non poteva certo essere entrato nelle stanze delle donne. Eppure i rumori venivano da lì.

Salì le scale in punta di piedi, cercando di non farsi vedere da nessuno. Sentì lo scricchiolare di una porta, dei passi incerti come quelli di prima.

Camminò accostandosi al muro, dove c'era più ombra: lo vide sbucare da una stanza, e si piegò nell'angolo: usciva dal ripostiglio, un piccolo stanzino con la porta tutta sgangherata, poco più lontano dalla camera di Edna. Non si era cambiato, aveva ancora la stessa tunica rossa, i sandali, i monili dorati sulle braccia.

Si sporse di più e vide che aveva in mano qualcosa di strano, dal colore bianco. Era un oggetto avvolto da un lenzuolo di lino, non molto grande ma spesso. Una coperta, forse? Ma cosa poteva farci con una coperta?

Ioannis stava richiudendo la porta cercando di fare meno rumore possibile, e proprio quando si voltò si ritrovò davanti gli occhi di sua sorella.

Si spaventò e appoggiò una mano al muro per mantenersi. Un sussulto tale che per un momento Edna rifletté su quanto, effettivamente, la vista di una ragazza avvolta totalmente dall'ombra potesse terrorizzare anche lui. Edna non era spaventata, anzi, sorrideva ed era impaziente di incontrarlo in quel momento per la prima volta.

<<Ioannis!>> disse lei allargando il suo sorriso più bello. Era emozionata, lo si notava da come si teneva sulle punte dei piedi e si dondolava avanti e indietro con le mani dietro la schiena.

Ci volle un po' perché Ioannis si riprendesse dallo spavento, ma alla fine si passò una mano fra i capelli e sorrise anche lui. Era strano, perché sembrava che lo facesse per dovere. Ma Edna si levò subito quel pensiero dalla testa perché in fondo, pensava, era solo stanco.

<<Edna.>> la salutò lui, a sua volta. La sua voce era rimasta dolce e gentile. E sì, lo si capiva anche solo da quell'unica parola.

Si aspettava che Ioannis facesse qualcosa. Abbracciarla, magari. Ma l'unica cosa che faceva era guardarla a dir poco imbarazzato.

<<E'...passato tanto tempo.>> disse Edna, senza smettere di guardarlo con quegli occhi ridenti.

<<Già.>> Ioannis annuì. Nient'altro.

Edna era un po' delusa. Non aveva nient'altro da dire?

Decise di prendere la parola, ancora una volta. A quanto sembrava Ioannis non l'avrebbe mai fatto <<Stamattina non ci siamo salutati... come si deve. Di certo eri stanco per il viaggio.>>

<<Sì.>> rispose guardando per terra.

<<Com'è andato?>>

<<Tutto bene.>> disse finalmente con l'accenno di un sorriso, anche se era rivolto al pavimento <<Faceva caldo. Ma è andato bene.>>

<<Ah, ti capisco.>> Edna si scostò i capelli dal viso <<Sai, anche qui fa caldo. Menomale che io e Danae andiamo alla fontana, ogni tanto! L'altro giorno ho anche riparato una delle bocche!>>

Ioannis sgranò gli occhi, non esageratamente <<Sul serio?>>

<<Sì!>> esclamò <<E quando fa così caldo che non si sopporta più vado vicino al porto. Lo so che è lontano, ma ne vale la pena. Che ne dici di andarci, un giorno di questi?>>

GHIGHNOMAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora