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Stavolta non vedeva il mare.

La stiva era buia, senza finestre, e al posto della puzza di pesce arrivava alle narici un alone di ferro arrugginito, tutte le armi e gli scudi buttati alla rinfusa uno sull'altro che tintinnavano e venivano buttati a destra e a sinistra ogni volta che la nave oscillava. Edna dormiva, ma ogni volta che gli scudi e gli altri aggeggi sbattevano contro la parete ricurva sussultava e si svegliava, per poi rimanere con lo sguardo perso nel vuoto per riabituarsi al buio. Aveva portato con sé solo il mantello e una sacca di canapa nella quale aveva infilato contemporaneamente un po' di vecchi papiri, uno stilo, tre sgombri arrotolati in una foglia di fico, un sacchetto di ceci, lenticchie, cicerchie, olive, e dei dolcetti di miele e farina che aveva trovato sul tavolo in cucina prima di scappare. Non sarebbero bastati per un viaggio che si prospettava lungo, e che durava da più di una settimana, ma si sarebbe arrangiata. Questo era ciò che si ripeteva i primi giorni, ma si rese conto di aver commesso un grave errore nel momento in cui si accorse di portato solo una piccola brocca d'acqua, che aveva finito quasi immediatamente. La sete aumentava e lei non aveva idea di cosa fare: allora aveva addirittura pensato di bucare, con la punta dello stilo, la parete della nave sulla parte inferiore, in modo di attingere almeno qualche goccia, seppur salata. Ma le triremi erano costruite con assi di pino, troppo resistenti per un ariete, figuriamoci per uno stilo.

Ma la fortuna –o qualche altro dio- avevano deciso di aiutarla, perché il quinto giorno scese nella stiva un efebo che portava due doli di vino, riponendole in un angolo buio opposto a quello in cui si era messa Edna, che nel frattempo si era rannicchiata e coperta col mantello per non farsi vedere.

Una volta andato via, si buttò sulle anfore e iniziò a bere avidamente, mettendo le mani a coppa e risucchiando come un cavallo. Si macchiò completamente il vestito, e come se non bastasse il vino non era diluito, ma estremamente alcolico, motivo per il quale dopo la prima bevuta si accasciò sul pavimento e rimase così fino al giorno successivo. Si svegliò la mattina e bevve ancora, stavolta con meno danni, perché ormai si era abituata.

Nei momenti in cui era stesa con lo sguardo per aria, aveva le allucinazioni. Le era sembrato ad un certo punto che due occhi nel buio la stessero guardando, due occhi cattivi che le facevano paura. In preda all'istinto si agitava nel sonno, e si girava su un lato, per poi vedere davanti a sé un viso familiare ma lontano, e un profumo di resina che la rimandava nella radura. In realtà era l'odore del pesce che iniziava a farsi sentire, ma finché le stimolava le allucinazioni era ben accetto. Almeno aveva la sensazione che ci fosse qualcuno insieme a lei.

Le sembrò strano che nessuno entrasse nella stiva, soprattutto perché a volte, senza accorgersene, iniziava a lamentarsi e a lanciare urla. Non sapeva nemmeno se quella fosse la nave di Ioannis. Le era parso di sentire la sua voce in certi momenti, ma ormai non distingueva più quelli di lucidità da quelli di incoscienza.

<<Gordias>> diceva <<Vai via, vattene, come hai fatto prima...lasciami morire, vogliono che muoia qui, lasciami...dammi la spada, voglio...anzi, no, rimani qua. Portami la spada...la spada.>>

Aveva portato con sé anche la spada. Giaceva nello stesso punto in cui l'aveva lasciata cinque giorni prima. Non l'aveva mai toccata per il semplice fatto che non aveva il coraggio di avvicinarsi.

Come se avesse un'energia che la respingeva se solo provava ad alzarsi.

I primi giorni era così indebolita e affamata che non riusciva neanche a mettersi in piedi, e se ci provava cadeva a terra. Anche i pesci e i legumi che si era portata dietro stavano finendo, e non sarebbe rimasto più nulla. Per fortuna dopo qualche tempo lo stesso ragazzino che pochi giorni prima aveva portato il vino trasportò nella stiva dell'altro pesce in conserva, che probabilmente si erano fermati a pescare senza che neanche lei se ne accorgesse. A quel punto pensò che non potesse essere una coincidenza, e che forse Atena le stava mandando aiuto di proposito. Ma non si mise a fare troppe domande, anzi, non se ne fece proprio, e una volta uscito il ragazzo si buttò anche sul pesce. Erano bei tonni grassi dalle carni rosse, e per quanto fosse dispiaciuta di azzannarli capì che non ce l'avrebbe fatta se non avesse mangiato qualcosa al più presto.

GHIGHNOMAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora