17.

55 5 11
                                    

Di solito Edna non agiva d'impulso: pianificava ogni suo passo nei dettagli. Certo, ultimamente si era lasciata sfuggire un po' le cose di mano con la storia della macchina del vapore e tutto il resto, ma rimaneva di fatto una che, prima di tutto, pensava.

E poi successe che, una mattinata di Sole e di vento non troppo fastidioso, Edna uscì di casa senza neanche sapere dove andare.

Quella notte non era riuscita a chiudere occhio, non perché si fosse impressionata alla vista di un coltello, perché ormai alla sua età ne aveva viste tante e niente la impressionava più così facilmente.

Anzi, era rimasta a pensare tutto il tempo ad una possibile spiegazione, rannicchiata in un angolino del letto con la fronte sudata e il cuore a mille. Per una volta che in giro non c'erano stati rumori!

Poi, quando il Sole era già sorto da qualche minuto, aveva sgranato gli occhi e aveva pensato che, forse, stavolta non occorrevano dei grandi ragionamenti: per una volta, avrebbe interpretato il sogno alla lettera.

Allora la questione era molto semplice: trovare un cervo e ucciderlo.

Il motivo? Ioannis ci era riuscito. Edna non se lo sapeva spiegare, ma dopo la conversazione avuta la sera prima, vederlo in compagnia dei suoi amici e soprattutto osannato in quel modo dal proprio padre, le aveva procurato una strana sensazione. Ancora non lo sapeva, me quella era la prima volta che provava invidia per suo fratello.

Era infastidita anche dal comportamento di Aristene: suo figlio tornava dopo due anni, gli presentava una pelle scuoiata come dono, e lui lo benediceva come se fosse un figlio degli dei?

E lei invece, che aveva sempre lottato per avere anche solo uno straccio di approvazione da parte sua, veniva comunque screditata e umiliata come se il suo lavoro non contasse niente. Le toccava essere trascinata giù dall'acropoli come un capretto, essere guardata come una strega.

E se veniva fuori l'argomento, la giustificazione era sempre la stessa: "Tu sei una femmina".

<<Adesso gli faccio vedere io chi è la femmina.>>

Gillo la guardò perplesso, ma immaginava che se avesse finto di capire avrebbe ricevuto un po' della focaccia che Edna stava mangiucchiando. Così abbaiò un paio di volte e si mise a scodinzolare con la lingua di fuori.

Edna prese un pezzo della focaccia e gliela offrì <<Io adesso vado. Ehi, guai a te se fai la spia.>> disse indicando il coltellino e il tessuto di lino che teneva sotto il braccio destro.

Gillo annuì e riprese a mordicchiare la focaccia, nonostante entrambi sapessero che non sarebbe servito a nulla, perché nessuno si sarebbe preoccupato della sua assenza.

Il coltellino se l'era procurato facilmente, era uno di quelli che usava per scolpire le statuine, e invece il tessuto di lino lo aveva trovato insieme a tutti quegli stracci vecchi che erano stati cuciti chissà quanto tempo fa e che non erano riusciti a vendere.

Avrebbe trovato il cervo e usato il tessuto per avvolgere la pelle: già si immaginava la faccia di suo padre.

Si era completamente dimenticata che, in realtà, lei non avrebbe mai potuto far male ad un animale, e che di certo un cervo non si uccide da soli e con un coltellino da lavoro.

Lo nascose in tasca e si avviò per la strada alla ricerca di un'idea: dove si trova un cervo?

Ad Atene di certo non ce n'erano, e anche se avesse voluto andare da qualche altra parte, era da sola e senza nessun mezzo di trasporto.

Poi, improvvisamente, le venne in mente che suo padre in realtà ne aveva tanti di mezzi di trasporto, e anche grandi: le sue navi da pesca.

Aristene era abbastanza ricco da possederne almeno quattro o cinque, tutte alte, lunghe, e bellissime, con le vele bianche e azzurre che raffiguravano la civetta di Atena, una schiera di remi tutti ordinatamente distanziati fra loro, e ce n'erano ben tre file!

GHIGHNOMAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora