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In una scala da uno a dieci, la rabbia di Edna spaccava i gradini e saliva fino a spalmarsi su tutto il cielo. In realtà era solo l'effetto del sole appena tramontato che si trascinava dietro nuvole rosa e fasce di rosso e arancio, ma a lei piaceva pensarla così.

Era sulla barca a remi insieme al tizio dell'otre diretta come al solito ad Agistri dove, ne era sicura, c'era anche quel lunatico sciacallo che aveva osato farle un simile affronto. Da quando aveva scoperto quel che aveva fatto non riusciva più a pensare ad altro, e per tutto il tragitto era rimasta con gli occhi puntati sull'isola aspettando con ansia ogni secondo che la separava da lì.

L'aveva scoperto per caso, quando, dopo aver ripreso i sensi e riavuto il proprio corpo, aveva iniziato ad avvertire una leggera fame, e aveva deciso di scendere nelle cucine per vedere se ci fosse qualcosa da mettere sotto i denti prima di cena.

E, casualmente, mentre usciva dalla cucina con una fetta di formaggio fra le mani, era passata davanti agli alloggi degli schiavi. Si aspettava di trovarlo vuoto, perché a quell'ora erano tutti in giro a pulire e sistemare le stanze per la cena, e invece si era accorta che dentro era rimasto qualcuno. Senza farsi vedere da nessuno -soprattutto facendo attenzione a Ioannis, che era nel cortile insieme a degli amici- si era intrufolata dentro, e lì, rannicchiato in posizione fetale sulla sua stuoia, aveva trovato Amos.

Ma non era questa la cosa più grave, quanto piuttosto il fatto che Amos, in quel momento, piangeva.

Edna, allarmata, aveva messo la fetta di formaggio in tasca e gli si era piegata davanti, scuotendolo per le spalle e chiedendo spiegazioni. Ma lui, invece di smettere, aveva ripreso più forte, e aveva addirittura cercato di allontanarla il più possibile spostandosi un po' più in là e coprendosi la testa con una mano.

Edna era rimasta a dir poco sconvolta, e aveva cercato di calmarlo accarezzandogli la guancia, fino a che Amos non si era seduto, l'aveva guardata negli occhi, e pian piano le aveva spiegato ogni cosa.

Secondo la sua spiegazione, in quegli ultimi giorni, Edna si era permessa non solo di insultarlo e riempirlo di ordini impossibili, ma anche di minacciarlo con un bastone.

E la cosa peggiore era che Amos, purtroppo, era veramente convinto che si trattasse di Edna, e non sapeva che, in quei momenti, nel suo corpo c'era qualcun altro. Qualcun altro di terribilmente violento e prepotente.

Edna non ci aveva pensato due volte e si era precipitata fuori, senza neanche prendere la mantella, sbattendo il portone, mentre Amos era rimasto lì, al buio, stupito e anche molto confuso.

Adesso, finalmente, il tizio dell'otre aveva ormeggiato la barca, ed Edna era saltata giù con un balzo prima che potesse sgridarla come al solito.

<<E sbrigati!>> aveva aggiunto dopo, ma ormai Edna era già sparita nella foresta.

La strada col tempo l'aveva imparata a memoria, superate le prime cinque file di alberi andava a destra, poi sempre dritto, e arrivata al pino con la corteccia scorticata continuava fino a che intravedeva di nuovo la luce del sole e sentiva il rumore della cascata.

Stavolta si può dire che invece di correre Edna avesse fatto tutta la strada marciando -e rischiando di inciampare innumerevoli volte- con i pugni serrati lungo i fianchi e un solo pensiero in mente: Gordias.

Aveva fatto centro, per una volta, perché Gordias era esattamente dove si immaginava che fosse: sulla riva del lago a lanciare sassolini, uno dopo l'altro, con indosso l'armatura -non con la corazza di bronzo, ma di cuoio- e accanto l'elmo e la spada buttati per terra.

Appena lo vide, Edna sentì le dita tremare di rabbia, le guance bollenti, e più lo guardava, seduto lì di spalle come un innocente ragazzino, più nella mente le si figuravano davanti gli occhi di Amos, quegli occhi lucidi e angosciati che piangevano solo per colpa sua. Fu questo che la spinse immediatamente a farsi avanti.

GHIGHNOMAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora