Gordias lasciò un coccio di terracotta accanto al letto con su scritte le cose necessarie. Quando Edna, la mattina successiva, lesse il messaggio, le venne un groppo alla gola. Parlare con i re di Sparta. Quale onore più grande e quale impresa più pericolosa? Aveva visto gli Spartiati sedere fra gli spalti più vicini, nello stadio, quegli uomini di cui Crisafo e gli altri parlavano spesso e che l'avevano osservata a lungo, in quei cinque giorni. Era pronta a trovarsi di fronte a centinaia di loro? Immaginava che non l'avrebbero lasciata da sola coi re tanto facilmente.
Si mise indosso la clamide che Cleo le fece arrivare, un lungo mantello color avorio che ripiegò sulla spalla e fissò con una fibula. Ebbe solo il tempo di bere un po' di latte per colazione, poi uscì insieme a Cleo. Per tutto il tragitto nessuno dei due parlò, anche perché Edna era così nervosa da non riuscire neanche ad aprire bocca. Seguì Cleo a passo svelto, osservando nei dintorni le piccole edicole e i passanti che, non appena la vedevano, la salutavano con un cenno del capo. La strada era piena di polvere, costeggiata da erbacce, le case basse e spoglie, con le porte sugli usci sistemate alla meglio con delle travi di legno, le bancarelle protette solo da un tendone rosso sistemato sopra due bastoni, le scale in pietra storte e irregolari, tanto che quando ci passarono sopra Edna rischiò di inciampare.
Quanto era diversa dalla sua città, pensò. Almeno ad Atene i quartieri più ricchi si sforzavano di apparire un po' più appariscenti. Eppure, se per caso incontrava lo sguardo di qualsiasi passante, fosse questo un servo, un uomo, o una donna intenta a lavorare, non sembrava affatto curarsene, anzi, camminavano tutti con un'insolita calma e leggerezza sul viso, come se non importasse nemmeno. Quello che Edna confondeva con la povertà, in realtà era solo morigeratezza e mancanza di eccesso.
Arrivarono nell'agorà, la piazza, già abbastanza affollata ma non gremita come quella di Atene, vivace ma non chiassosa, pervasa da un profumo di silfio, origano e rosmarino, pesce, datteri e cipolle. Dietro di loro c'era il mercato, affiancato da due possenti colonnati color terra cotta, coperto da tre grandi teli rossi sotto i quali la gente andava e veniva, comprava, trasportava e osservava. Ma Edna non pensò nemmeno di girarsi, perché davanti a lei, invece, si stagliava uno degli edifici più belli che avesse mai visto.
Il controsenso era che quella specie di palazzo non aveva nulla di effettivamente bello; di certo il Partenone lo avrebbe superato di gran lunga. Ma ciò che affascinava Edna era la sua imponenza, le due statue ai lati che raffiguravano due guerrieri armati di spada e scudo, i teli rossi appesi sul davanti che portavano il simbolo della Lambda, il frontone superiore che metteva in mostra una scena di battaglia, i due bracieri ai lati del portone che mandavano le ombre delle fiamme sulle pareti rossicce. Tutto di quel luogo suggeriva la potenza, eppure se lo si guardava per quel che era non si trattava nient'altro di un edificio con le fattezze di un tempio.
Le due guardie ai lati si avvicinarono a Cleo, e dopo aver scambiato qualche parola guardarono Edna e le indicarono il portone. Cleo gli ringraziò con un cenno del capo e la portò sulla soglia. Qui, Edna si voltò: Cleo non sembrava avere intenzione di seguirla.
<<Vai>> le disse <<Non voglio sapere cos'hai intenzione di fare, ma qualunque cosa sia mi fido di te. Fa' attenzione là dentro. E sbrigati.>>
Edna annuì e si voltò, cercando il più possibile di trattenere il respiro e darsi un tono. Poi, quando si sentì pronta e tutto intorno ci fu silenzio, spinse il portone ed entrò.
Com'era prevedibile, anche dentro spiccava il grande drappo rosso con la Lambda dorata, appeso come una specie di avvertimento proprio di fronte alla porta. Ai lati di questo due dipinti, uno raffigurante quattro donne, due alle prese col telaio e due che prendevano disco e giavellotto, l'altro quattro uomini, due intenti a lavorare un campo e due che impugnavano le lance. Più sotto ancora una scalinata e ai suoi piedi, uno da un lato e uno dall'altro, due troni decorati con ricami e incisioni color bianco, rosso e oro. Su quello di sinistra era seduto un uomo, non altissimo ma robusto, vestito di una semplice tunica scura con un mantello rosso allacciato sulle due spalle. Aveva le gambe ben piantate a terra, i gomiti appoggiati sui braccioli, la testa piegata in avanti ad ascoltare. I cinque uomini intorno a lui gli parlavano e gli mostravano pergamene, a volte tutti insieme, accavallando le voci. Tutti uomini molto anziani, vestiti solo di una veste bianca, pochi di questi si sorreggevano con un lungo bastone di legno.
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GHIGHNOMAI
Historical FictionSe pensate che siano gli altri a decidere il nostro futuro e a dettarci le regole per vivere, non potete immaginare il disegno che la macchina della vita ha in serbo per ognuno di noi. Edna questo l'ha sempre saputo, ma una ragazza ateniese non può...