I
Il cavallo chiamato colonnello avanzava a passo spedito e il suo padrone, Alcide Fantini, lo incitava ad andare sempre più veloce. Mancava una settimana all'incontro con il monsignor Tolomei; fu scelto lui per il suo passato da cavallerizzo e perché era uno dei pochi a saper leggere. A giudicare dalle raccomandazioni che gli erano state fatte, si doveva trattare di gente di un certo blasone. Per questo, decise di indossare una giubba rossa dai cordaggi in oro e un cappello rosso, con un pennacchio bianco. Non voleva sfigurare davanti a loro.
Frangipane era un nobile cavaliere, che aveva alle spalle tante battaglie combattute per la chiesa e per il Re Edoardo in persona, sarebbe stato un onore conoscerlo.
Mentre cavalcava, il messaggero si ripeteva a mente tutta l'etichetta da seguire una volta che l'avrebbe incontrato.
II
Alcide ordinò a Colonnello di fermarsi per riposare e bere. Di fronte a lui c'erano due contadini che zappavano la terra, alle loro spalle c'era una vecchia villa mal ridotta, disposta su due piani. A dividere il messaggero dai contadini, c'era una staccionata in legno. Alcide non aveva idea di dove si trovasse la residenza Frangipane, allora decise di chiedere informazioni.
«Ehi voi! Mi sapete dire dove posso trovare Gabriele Frangipane di FonteVerde, il padrone di queste terre?»
Uno dei due contadini girò il capo verso il messaggero e smise di zappare.
«Sono io, chi mi cerca?»
Il messaggero lo guardò stranito, forse stava scherzando, non poteva essere lui. Un uomo dalla carnagione bianca, con una lieve abbronzatura e dagli occhi color nocciola, con i tratti del viso armoniosi e una mandibola ben definita. Era alto e con una buona muscolatura, il messaggero sembrava un bambino a confronto. Aveva una barba folta e arruffata, con i capelli castani e unti fino alle spalle. Era ricoperto di fango sui vestiti e sulle braccia. Alcide, non essendo sicuro, decise comunque di presentarsi.
«Sono il messaggero di Re Edoardo. Sono stato inviato fin qui per far recapitare un messaggio» era perplesso, ma c'era un modo per capire se fosse lui, oppure no.
«Beh, il signore non me ne abbia a male, ma devo chiederle di mostrarmi il suo anello nobiliare»
L'uomo, dai vestiti sporchi di fango, si frugò nelle tasche della tunica per cercare l'anello. Non lo trovò ed esaminò anche le tasche del pantalone, che era ancora più sporco della tunica. Quando la mano trovò l'anello, l'uomo assunse un'espressione più rassicurata e lo cacciò dalla tasca. Era logoro, sporco di terra e polvere.
Gabriele lo guardò e poi voltò lo sguardo sul messaggero, che lo fissava sempre con fare stranito.
«Attenda un attimo» gli disse, poi prese la borraccia e con l'acqua pulì l'anello. Dopo si avvicinò al messaggero per mostrarglielo e lo asciugò su una delle poche parti pulite della tunica.
«Bene... come dicevo prima, devo consegnare un messaggio da parte del Re e...»
Alcide continuava a rimanere perplesso guardando Gabriele dalla testa ai piedi.
«Vuole che sia io a leggerglielo?»
«NO, non si preoccupi, mi dia il messaggio»
Il messaggero diede la pergamena a Gabriele, che la lesse con attenzione, assumendo man mano un'espressione molto seria in volto.
III
Alcide si allontanò al galoppo del suo cavallo.
Gabriele era scuro in volto, sapeva che voleva dire ricevere una lettera del genere. Ritornò al campo e il suo aiutante di nome Pietro capì che c'era qualcosa che lo turbava.
STAI LEGGENDO
Cronache di Stivalia - La condanna di Rocca Leone
FantasyUn fantasy medievale ambientato a Stivalia una penisola ispirata al territorio italiano dell'epoca. Gli avvenimenti di questa storia si svolgono a Rocca Leone, epicentro della rinascita di un'entità malvagia che trae il proprio potere dalle cattive...