CAPITOLO 7 - Un nobile alchimista

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I

Alcide stavolta aveva superato le montagne dell'ultimo eco, chiamate così, perché una voce molto alta poteva riecheggiare più volte e causare una forte valanga. Il messaggero lo sapeva ed evitò di parlare con Colonnello. Si godette la bellezza selvaggia del posto, con gli alberi e la strada sommersi dalla neve. Faceva freddo e Alcide si mise la coperta del giaciglio sulle spalle.

Più si andava avanti e più la visibilità scarseggiava a causa della nebbia. Questo voleva dire che era quasi vicino al castello di Rocca Nebbiosa, dimora del conte Nereo Guarnieri, situata su un promontorio in mezzo a un lago ghiacciato. Il cielo era terso di grigio e il castello si vedeva solo in parte, sommerso dalla foschia. La strada che univa la sponda al maniero era stretta, ma ben visibile grazie alle fiammelle che ardevano ai suoi lati. Colonnello era impaziente e affrettò il passo, tanto che il padrone dovette calmarlo. Giunti alle porte, le guardie riconobbero il simbolo regale e lo fecero accomodare all'interno. La sensazione di freddo svanì poco dopo, Il calore accumulato dalle pareti in tufo e le torce sulle pareti facevano il loro effetto. La servitù era tutta vestita con divise di ottima fattura, l'interno dell'edificio era accogliente ed elegante, con mobili in legno pregiato. Sul pavimento c'erano tappeti rossi che proseguivano nei vari corridoi, fino ad arrivare al salone. Lì c'era un'enorme scalinata, si divideva in due diramazioni, che portavano a due ali del castello.

Uno dei servi ritornò da Alcide e fece strada percorrendo l'ala ovest, in cui erano appesi i ritratti degli avi della famiglia Guarnieri. Nereo era l'ultimo ad aver ereditato il patrimonio di famiglia, ma tutti dicevano che era atipico nei suoi comportamenti per essere un nobile.

Il servo lo condusse all'ingresso di una stanza e lo lasciò.

La porta era socchiusa e Alcide stava per bussare, ma dal buco della serratura fuoriuscì una luce abbagliante e una puzza di zolfo. Incuriosito e senza bussare aprì la porta in maniera maldestra.

La stanza era un laboratorio chimico: c'era un tavolo con scodelle piene di erbe e provette, ai lati c'erano una libreria zeppa di manuali e dall'altra parte uno scaffale, con sopra degli organi umani sotto vetro.

Nereo era di spalle seduto a una scrivania, stava estraendo un cristallo da un pallone di vetro e senza girarsi parlò al messaggero.

«Non è più di uso bussare alle porte prima di entrare?»

«Scusi, sono desolato»

«Lasciate stare, venite avanti»

Il nobile era un uomo giovane, con dei capelli folti neri, una barba ben curata e degli occhi chiari color smeraldo. La sua figura era piccola ed esile, ma il suo portamento era fiero, con un'espressione che rasentava calma e sicurezza. Il messaggero si avvicinò a lui e gli protese il braccio con la pergamena impugnata da una mano. Nereo la lesse attentamente e dopo poco si girò verso di lui.

«Bene, sarete voi ad accompagnarmi o dovrò provvedere da solo?»

«Beh...veramente io avrei solo un cavallo, quindi...» gli rispose Alcide dolorante, mentre si massaggiava la spalla.

«Vi fa male la spalla?»

«Oh, non preoccupatevi... ho solo preso un brutto colpo»

Prima ancora che avesse finito, Nereo andò a prendere una strana boccetta dalla scrivania e gliela porse.

«Beva! Attenuerà il dolore»

Il messaggero bevve con fare riluttante e dopo qualche istante sembrò stare meglio.

«Ehi, è vero... mi sento molto meglio, sembra quasi una magi...»

il messaggero cadde all'indietro sul pavimento e si addormentò, Nereo lo osservò con fare perplesso e prese appunti su di un quaderno.

"Diario di sperimentazione, quarto tentativo. Il rilassante continua ad avere un effetto troppo diffuso..."

«Almeno avrò il tempo di preparare i bagagli»

Cronache di Stivalia - La condanna di Rocca LeoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora