CAPITOLO 5 - La ragazza di Colle Chiaro

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I

Alcide camminava da solo per un sentiero boscoso, ripido e sconnesso. Gocce di sudore gli scendevano dalla fronte, fino a tutto il viso. Aveva lasciato Colonello in una stalla per farlo riposare, perché ne avrebbe avuto bisogno dopo. Lo stalliere gli disse che Colle Chiaro era a poche centinaia di metri, ma si era dimenticato che per arrivarci bisognava affrontare una salita interminabile. Il sentiero era sferrato, con dossi e buche che costringevano il messaggero a fare deviazioni sul percorso. In compenso c'era una folta presenza di alberi a ripararlo dal sole.

Gli animali non mancavano, ma fortunatamente incontrò solo quelli mansueti, come cervi, volpi e conigli. Gli animali più pericolosi, come i lupi, si incontravano soprattutto di notte.

Lungo il tragitto ebbe la fortuna di trovare Ernesto, un anziano che faceva il guardiano del cimitero di Colle Chiaro. Gli offrì dell'acqua e lo fece sedere su una roccia per scambiare due chiacchiere. L'anziano gli raccontò della famosa battaglia contro le forze del male, che si tenne proprio su un terreno lì vicino, dove ora poteva scorgere delle lapidi in marmo, ricoperte da radici e terriccio. Molti avventurieri persero la vita e molti maghi intervennero in quella battaglia che ben presto si trasformò in una carneficina. Una maga in particolare si riuscì a contraddistinguere e fermare i demoni. Alcide incuriosito chiese di chi si potesse trattare, il vecchio lo portò all'interno del cimitero in cui c'era un silenzio surreale. Le lapidi erano davvero molte e messe tutte a schiera. Tra quelle indicò con il dito una in particolare, c'era scritto Margherita Martini. Alcide si tolse il copricapo in segno di rispetto e poi, vedendo lo stesso cognome della persona a cui doveva far recapitare il messaggio, chiese se fosse una parente. Il guardiano gli rispose che era la nonna, poi guardò all'orizzonte e gli indicò delle colline. Gli disse che l'abitazione era proprio lì dietro. Alcide fece una smorfia di disappunto, doveva camminare ancora e per di più in salita. Bevve l'ultimo sorso d'acqua e si mise in viaggio salutando l'anziano.

Camminò per altre centinaia di metri e tutta l'acqua che bevve, la perse sudando. Riuscì ad arrivare finalmente all'abitazione, si asciugò con uno straccio e sistemò il cappello con il pennacchio, per poi bussare.

II

La porta si aprì e Alcide si trovò davanti una ragazza dagli occhi azzurri, che si sistemava in modo frettoloso i suoi capelli lunghi e biondi. Aveva e una pelle color latte, con dei lineamenti dolci e delicati, che le davano un aspetto quasi angelico. Se ne accorse subito il messaggero, che rimase imbambolato a guardarla.

«Chi desidera?» chiese la ragazza.

Alcide scosse la testa per ritrovare contegno e rispose.

«Salve, sono il messaggero del regno di Neo Polis» affannò e continuò «Siete voi ZOE MARTINI?»

«Sì, sono io»

«Ho l'ordine... di consegnarvi un messaggio... da parte del re»

Zoe notò che il messaggero era sudato e affaticato.

«Ma lei sembra sfinito. È comprensibile, fuori fa abbastanza caldo...»

Gli prese il braccio con gentilezza e lo portò dentro casa, prese una sedia e lo fece sedere.

«Mi aspetti un attimo» la ragazza andò in cucina e aprì un mobile pieno di provviste. Ritornò dal messaggero mettendo sul tavolo un vassoio pieno di frutta e un bicchiere d'acqua.

Glielo diede direttamente e lui bevve rigenerandosi. Dopo, il messaggero prese la pergamena dalla bisaccia e gliela porse.

«La ringrazio, io... dovevo solo consegnarle questa»

Lei la prese e lesse attentamente il messaggio.

Alcide allungò ancora il braccio, stavolta per prendere un chicco d'uva e Zoe alzò lo sguardo dalla pergamena, per poi andare verso la porta e chiamare la madre.

«Madre presto, venite»

Una signora piccola, di mezz'età, dai capelli grigi e qualche ruga, con indosso un vestito blu e un grembiule, fece capolino dall'altra stanza.

Si avvicinò alla figlia e notò in lei un sorriso che non vedeva da tempo, quello di una persona felice e piena di speranza.

«Che c'è figlia mia»

«Forse abbiamo una possibilità»

III

Zoe era nella sua camera rivolta verso la finestra, a guardare attraverso i vetri il messaggero andarsene. Sul letto c'era una borsa da viaggio con dei vestiti sparsi alla rinfusa e delle colonne di libri sul comodino. La madre era nervosa e si rivolse subito a lei alzando la voce.

«Sei forse impazzita? Come hai potuto accettare? Lo sai che rischi la vita?» la figlia non la degnava di una parola e continuava a preparare i bagagli per il viaggio.

«Ma insomma rispondi!»

«Madre state calma!» rispose Zoe in maniera scocciata.

«Come posso stare calma? Mi lasci sola, e non so nemmeno quando tornerai... perché tornerai vero?»

«Tornerò presto, il tempo di risolvere questa faccenda»

«"Questa faccenda" il Re se la poteva risolvere anche da solo»

«Forse no, altrimenti non avrebbe interpellato una maga»

La madre prese una bacinella e irritata se ne andò in un'altra stanza.

«Una maga che non si è mai mossa da Colle Chiaro...»

«Esattamente madre, una maga che si rispetti deve fare sempre nuove esperienze, non stare in un posto tutta la vita come...»

La madre si girò di scatto verso la figlia e Zoe non ebbe la forza di continuare.

«Come chi? Come me?»

La donna se ne andò rabbiosa in un'altra stanza, lasciando la figlia in silenzio e con il capo chino.

La ragazza sbuffò distogliendo lo sguardo dal pavimento e raggiunse la madre nell'altra stanza. Stava seduta vicino ad una bambina allettata e priva di sensi. La stava accudendo bagnandole il viso con una pezza. La piccola aveva i capelli biondi, le guanciotte piene e il colorito quasi anemico, con degli occhi perennemente chiusi.

«Io sono rimasta qui per badare da sola a due figlie... per anni vi ho accudito, vi ho visto crescere... e ora...» singhiozzò e cercò di tirare fuori dalla bocca quello che non voleva dire «E ora rischio di perdervi

entrambe...» dopo si sedette e scoppiò a piangere.

La figlia le andò vicino e cercò di consolarla dandole un fazzoletto.

«Madre mi dispiace, calmatevi»

La donna si asciugò le lacrime e guardò negli occhi la figlia che la prese per mano.

«Vi prometto che tornerò sana e salva, questa è l'unica possibilità per salvarla e ci devo provare per forza. Madre vi prego, non piangete, così rendete tutto più difficile»

«Hai ragione. Questa è la tua vita, non posso impedirti di partire... ma sta' attenta!»

«Starò attenta, te lo prometto» Zoe le sorrise commossa e l'abbracciò forte.

Cronache di Stivalia - La condanna di Rocca LeoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora